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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Sunday, March 31, 2019

La corazza di Giulio Cesare

MUSEI CAPITOLINI - RESTAURI, Margherita Albertoni, Francesco Paolo Arata, Anna Maria Carusi, Daniela Velestino, Emilia Talamo, Serena Ensoli Vittozzi, Maddalena Cima Di Puolo and Carla Salvetti. Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma, Vol. 95, No. 1 (1993), pp. 175-293 (119 pages) Published by: L’Erma di Bretschneider



Notate i due grifoni affacciati simmetricamente.

LE ARMATURE DEGLI IMPERATORI | romanoimpero.com

LE ARMATURE DEGLI IMPERATORI | romanoimpero.com

Giulio Cesare alla Porta Palatina

Il Palazzo Senatorio di Roma si affaccia sulla piazza del Campidoglio. Il sito Wikipedia  https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Senatorio dice che l'aula consiliare che conserva una statua di Giulio Cesare del I secolo a.C., per questo detta aula di Giulio Cesare, con sul pavimento un mosaico proveniente da Ostia antica. In verità, altri siti dicono che la statua è dell'età di Traiano e quindi del primo secolo d.C. 
Quella che c'è presso la porta Palatina a Torino è una copia di questa statua.




Come è arrivata una copia della statua a Torino?
Ebbene, insieme alla statua di Augusto, è stata dono di Benito Mussolini alla città sabauda.



Porta Palatina


Porte Palatine (Roman ruins) with the Cardo. Torino: Porte Palatine con il cardo
2008. Courtesy Anassagora per Wikipedia.

Parliamo della Porta Palatina, o Porte Palatine o Torri Palatine che dir si voglia.

Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino 1984.

PORTA PALATINA
Piazza Cesare Augusto

Porta del lato settentrionale della cinta urbana di età romana.
Monumento di valore storico-artistico e documentario, con relativa area di pertinenza costituente integrazione storico- ambientale; esempio singolare anche per l'eccezionale stato di conservazione di porta urbana del I secolo a.C. - I secolo d.C.
Porta urbana aperta sul lato settentrionale, allo sbocco del cardo maximus, da cui partiva la strada per Roma, edificata contemporaneamente (età augustea) o negli anni immediatamente successiva (età flavia) alla creazione della cinta delle mura. Inglobata in strutture edilizie posteriori, fu conservata per intervento dell'ing. Antonio Bertola che ne impedì la demolizione all'inizio del XVIII secolo. Solo nella seconda metà dell'Ottocento iniziò la rivalutazione storica e scientifica con massicci interventi di restauro. Nel 1861 il Comune delibera l'isolamento della Porta Palatina e il restauro, durato fino al 1873, viene affidato a C. Promis. Vengono demoliti tutti gli edifici addossati alla porta e conservati (solo per l'autorevole intervento del Promis) i tratti delle mura adiacenti alle torri. Nel 1904 riprendono alcuni lavori di restauro sotto la direzione di A. D'Andrade, con lo scoprimento della base della torre orientale e il ritrovamento dei muri del cavaedium. I lavori interrotti per la guerra vengono ripresi nel 1932. Ultimi sondaggi e restauri nel 1937-38, con l'individuazione di strutture che fanno supporre l'esistenza di una porta precedente di età repubblicana.
Tavola: 41




Bibliografia
Politecnico di Torino. Dipartimento Casa Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Vol. 1, Società degli ingegneri e degli architetti in Torino, Torino 1984.  Vai alla pagina digitalizzata

La Scheda completa sulla Porta Palatina la trovate al MuseoTorino.
Prima dei restauri, la Porta appariva così.


Forse oggi non si sarebbe più smantellate le strutture aggiunte nelle varie epoche. 


Ma torniamo ad un fatto importante. Ci sono resti precedenti, di età repubblicana. Allora la deduzione della colonia di Augusto, è avvenuta in un posto già strutturato (castrum?). Vi ricordo che DEDURRE significa, con riferimento storico, dedurre una colonia (adattamento del lat. deducere coloniam), portare i coloni dalla madrepatria in altra sede, fondare una colonia.  Allora, l'altra sede , dove si mettevano coloni, che potevano essere anche soldati congedati, non doveva essere necessariamente un terreno disabitato. Prendiamo l'esempio di Como. La Como nuova, dedotta da Giulio Cesare era stata fatta in un posto dove già c'era stata una colonia romana.

Per Torino, vi invito alla lettura di 


Saturday, March 30, 2019

Asparagi al burro

Gli asparagi di Cesare. Studi sulla Cisalpina romana

Autore: Gemma Sena Chiesa

Friday, March 29, 2019

Tore zur Unterwelt

Vi ho raccontato nel post sul Lago d'Averno come ho visto lo Stige.

C'è un libro che deve essere alquanto interessante, Tore zur Unterwelt: Das Geheimnis der unterirdischen Gänge aus uralter Zeit. 2009. Scritto da  Heinrich e Ingrid Kusch.


Una ricerca "ctonia". Non mi aspettavo ciò nell'Europa centrale. Pensavo più al ploutonion e le grotte di Apollo.

La Corona di Teodolinda


La corona Ferrea, conservata nella cappella di Teodolinda del duomo di Monza.
Courtesy James Steakley per Wikipedia. 

Contro la parete di fondo della cappella si trova il sarcofago in cui, nel 1308, dalla sepoltura originaria nell'antica Basilica longobarda furono traslati i resti della regina Teodolinda. Una ricognizione, compiuta nel 1941, ha confermato la presenza di ossa di un adulto di sesso femminile e di un giovane maschio (Teodolinda e suo figlio Adaloaldo).

La corona ferrea è un'antica  corona che venne usata dall'Alto Medioevo fino al XIX secolo per l'incoronazione dei Re d'Italia. Per lungo tempo, anche gli imperatori del Sacro Romano Impero ricevettero questa incoronazione. Anche Napoleone si fece incoronare con essa.

Dio me l’ha data, guai a chi la tocca! 

All'interno della corona vi è una lamina circolare di metallo: la tradizione vuole che essa sia stata forgiata con il ferro di uno dei chiodi che servirono alla crocifissione di Gesù. In realtà la lamina non è di ferro ma d'argento. Un chiodo di ferro serviva per fissare la corona all'elmo dell'imperatore. 
Due delle piastre originali furono rimosse si presume nel 1200-1300. La corona in origine era infatti costituita da 8 piastre invece delle 6 attuali. Ma torniamo al chiodo della crocifissione.
Verso l'anno 324, su incarico del figlio Costantino, Elena fece scavare l'area del Golgota. Durante i lavori di scavo, che portarono anche all'edificazione della Basilica costantiniana e dell'Anàstasis, secondo la tradizione furono trovati gli strumenti della Passione di Gesù, tra cui la Croce, con i chiodi ancora conficcati. Elena lasciò la croce a Gerusalemme e portò con sé i chiodi. Tornata a Roma, fece montare un chiodo sull'elmo di Costantino e fece realizzare un morso per il suo cavallo, affinché l'imperatore e il destriero fossero protetti in battaglia.


L'elmo e il morso, insieme alle altre insegne imperiali, furono portati a Milano da Teodosio I. Ambrogio li descrive nell'orazione funebre de obitu Teodosii. Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, l'elmo fu portato a Costantinopoli, ma in seguito fu reclamato dal goto Teodorico il Grande, re d'Italia, il quale aveva a Monza la sua residenza estiva. I bizantini gli inviarono il diadema trattenendo la calotta dell'elmo. Il "Sacro Morso" è oggi conservato nel duomo di Milano. 
Due secoli dopo papa Gregorio I avrebbe donato uno dei chiodi a Teodolinda, regina dei Longobardi, che fece erigere il duomo di Monza; ella fece fabbricare la corona e vi inserì il chiodo. 

copertina

Memorie di una millenaria
La corona ferrea racconta storie di potenti, folli e santi

Valeriana Maspero

LIBRACCIO editore, settembre 2016
ISBN 9788897748861

Thursday, March 28, 2019

Madonna d'Oriente, Croesio

Il Sesia è ai minimi di portata ed è stata vietata l'irrigazione dei campi. Non ci resta che affidarci alla tradizione. Come consigliava mia nonna Carolina, è bene chiedere la pioggia al Santuario della Madonna d'Oriente.
Il Santuario è nel Croesio, posto sullo spartiacque tra i territori di Paesana e Sanfront.



Courtesy BeWeb


Populonia


Castello di Populonia. 2013. Courtesy Luca Aless per Wikipedia

Populonia


Coruesty Roberto Zanasi per Wikipedia

Nella necropoli delle Grotte ci sono sepolture risalenti tutte al periodo ellenistico (IV - II secolo a.C.), e alcune di esse sono scavate all'interno di cave di arenaria utilizzate nei periodi precedenti.

Wednesday, March 27, 2019

Guglielmo da Volpiano


Guglielmo era figlio del nobile svevo Roberto da Volpiano. Sarebbe nato, secondo il suo biografo, sull'isola di San Giulio durante l'assedio portato dall'imperatore Ottone I di Sassonia alla regina Willa, moglie di Berengario d'Ivrea. La sua nascita avrebbe indotto gli assediati a trattare la resa e Ottone a essere clemente, al punto che lo stesso Ottone accettò di tenere a battesimo Guglielmo come suo padrino (Gianmaria Capuani, Quell'Estate del 962. I Tedeschi alla conquista dell'Italia, Jaca Book.).
Monaco benedettino, era allievo di Majolo di Cluny. 

L'immagine che vedete sopra mostra la figura di un abate ed è una delle sculture che si trovano sul pulpito della basilica di San Giulio sull'isola d'Orta (a fianco ha il leone alato simbolo si San Marco). L'identificazione di questa figura come quella di Guglielmo da Volpiano è stata fatta da Beatrice Canestro Chiovenda (L'ambone dell'isola di San Giulio, Roma , 1955). La figura dell'abate del pulpito mostra la tipica tonsura monacale. Le mani sono poggiate su un bastone "tau". Chiovenda considera il bastone un bastone pastorale. Dopo aver esaminato un "tau" d'avorio proveninte dall'abbazia di Fécamp, conclude sia Gugliemo. Infatti, Guglielmo, su richiesta del duca Riccardo II, aveva assunto l'abbaziato del monastero La Trinité di Fécamp. Ed è lì che morì, durante una visita al monastero, il 1º genn. 1031.




Amante dell'architettura, lavorò tra la Francia e l'Italia fondando una quarantina di monasteri e chiese. Operò alla ricostruzione (989-1002) della chiesa di Saint-Bénigne a Digione, iniziata nel periodo in cui Guglielmo era da poco il nuovo abate del relativo monastero.  In Italia la sua opera più importante è la fondazione nell'anno 1003 dell'abbazia di Fruttuaria nel comune di San Benigno Canavese, che verrà consacrata nell'anno 1007 e della quale esistono resti sotterranei visitabili.

Mosaico a Fruttuaria

San Guglielmo da Volpiano, uno dei Padri dell’Europa. Dicembre 29, 2018. Cristina Siccardi.

Un grande abate, un grande architetto, un protagonista nell’Europa del Mille, a cui noi europei dobbiamo imperitura gratitudine
Il 1° gennaio la Chiesa ricorda questo Padre dell’Europa.

2002. Guillaume de Volpiano en Normandie : état des questions; William of Volpiano in Normandy: current position, by Véronique Gazeau
Richard II’s appeal to William of Volpiano, an Italian-Burgundian reformer in 1001, must be regarded as an important stage in the revival of monasticism in the Norman principality. Fécamp becomes the ducal abbey, from where William’s disciples initiate reforms at Jumièges, Bernay, le Mont-Saint-Michel and the abbeys of Troarn, Saint-Taurin d’Evreux, Conches, and Sées. William of Volpiano’s influence is evident in liturgical and architectural matters. One cannot forget that other foreign reformers came to Normandy before William of Volpiano and after his death (1031) who had a part in the settling of monasticism in the duchy.

Neithard Bulst. Ricerche sulle Riforme Monastiche di Guglielmo da Volpiano (962-1031).

La Pieve di Romena


Pieve di San Pietro a Romena. Courtesy Vignaccia76 per Wikipedia. 2007.


Uno dei capitelli istoriati. Courtesy Sailko per Wikipedia. 

Maria Montessori


Che spieghino le ali e volino, i nostri studenti!

Manipolare gli antichi

Estratti dall'articolo
Manipolare gli antichi: il finto razzismo dei Romani
MAURO REALI 08 GENNAIO 2019
"Perché, invece di desumere elementi di coesione spirituale dai grandi valori che il mondo classico ci ha trasmesso, abbiamo preferito cercare nell’antichità le pezze d’appoggio per costruire identità politiche, nazionali e perfino razziali? Da «La ricerca» #15.
...
Le discriminazioni dei Romani, ad esempio, non riguardavano mai tratti somatici o colore della pelle di altre genti, ma usi, costumi, valori diversi da quelli da loro incarnati; discriminazioni destinate poi a cadere con l’avvenuta “romanizzazione” dei popoli vinti, e completamente azzerate dalla Constitutio Antoniniana del 212 d.C. con la quale l’imperatore Caracalla concesse la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero.
...
Roma, una civiltà multietnica
Già si è detto come Tacito non potesse essere un campione dell’autoctonia, tanto più di quella dei “nemici” Germani, che da ufficiale dell’esercito aveva probabilmente combattuto in quanto sudditi ribelli. Egli infatti sapeva bene, perché gli bastava guardarsi intorno, che Roma aveva costruito la sua forza proprio dalla fusione di etnie, lingue e religioni diverse, che si erano riconosciute sotto un’unica autorità politica". 

Faccio due osservazioni. La prima: il titolo. Manipolare gli antichi. Quanti esempi possiamo trovare, quanti! E adesso la seconda, che sfiora il BANALE.
Settimio Severo era un "Libico" ed è diventato imperatore. Lucius Septimius Severus Pertinax, (born April 11, 145/146, Leptis Magna, Tripolitania [now in Libya]—died Feb. 4, 211, Eboracum, Britain [now York, Eng.]). Ha incorporato nel suo nome quello del Piemontese Pertinace.
Nell'impero non esistevano le nazioni come le intendiamo oggi e quindi Settimio era un romano, esattamente come Pertinace. 
Nell'articolo di Mauro Reali è menzionato Caracalla. Che faccia aveva Caracalla? Eccola.


Sapete chi mi ricorda l'immagine a sinistra? Mi ricorda Alberto Tomba, l'imperatore dello sci.

To Be Taken with a Pinch of Salt

Ridley, R.T. (1986). "To Be Taken with a Pinch of Salt: The Destruction of Carthage". Classical Philology. 81 (2): 140–146. doi:10.1086/366973. JSTOR 269786.

Si può leggere liberamente on-line al sito JSTOR.

Commedia e Tragedia

Da http://www.italiapedia.it/comune-di-lenno_Storia-013-125
Sulla cittadina di Lenno sul Lago di Como.
"Un'antica tradizione riferisce il toponimo all'isola di Lemnos, collegandolo ai coloni greci portati sul lago di Como da Giulio Cesare; non è escluso tuttavia che derivi da un personale latino ALENUS. L'abitato è di origine romana, come testimonia il rinvenimento di numerose tombe a cappuccina, di resti di mura con condotti in cotto e di due rocchi di colonne corinzie (questi ultimi ripescati nei bassi fondali antistanti l'abitato). Qui si trovava, secondo gli storici comaschi del XVI e del XVII secolo, la villa di Plinio il Giovane, che la descrisse collocandola in un ambiente molto simile e la chiamò "Commedia" in contrapposizione ad un'altra sua residenza, "Tragedia", esposta alle intemperie."

http://www.treccani.it/enciclopedia/plinio-il-giovane/
Plinio il Giovane è stato uno scrittore latino (n. Como 61 o 62 d. C. - m. 114 circa), figlio di Cecilio Cilone e di Plinia, sorella di Plinio il Vecchio. "Fu scolaro di Quintiliano e di Nicete Sacerdote, fu amico di filosofi come Eufrate e Musonio. Avvocato, console nel 100, legatus propraetore in Bitinia nel 111 e 112. Scrisse varie opere ma ci restano soltanto l'Epistolario in x libri e il Panegirico a Traiano. ... D'ingegno indubbiamente versatile, ha amato alternare gli ozi poetici con la pratica forense, facendo risuonare la sua voce in mezzo alla folla tumultuante, a difesa degl'innocenti e degli oppressi. Vissuto in mezzo alla società civile del suo tempo, ha ritratto nell'Epistolario non solo il suo animo e i suoi costumi, ma anche le abitudini di quella società in ogni loro sfumatura. Sotto questo rispetto l'epistolario pliniano ha un valore, oltre che letterario, anche storico e psicologico."

Monday, March 25, 2019

Como, la città dedotta da Giulio Cesare

 G. Luraschi, Aspetti giuridici e storici della fondazione di Novum Comum in Novum Comum 2050 - Atti del convegno celebrativo della fondazione di Como Romana, Como 8-9 novembre 1991.
Le Mostra a Palazzo Grassi è stata nel 1991.
Ecco il testo.
"Ma prima mi si consenta di rivolgermi, tra il serio e il faceto, a quanti, specie fra i miei concittadini, reduci dalla bella Mostra di Venezia sui Celti, paiono frastornati nell’avere colà appreso che Como fu oppidum celtico, e nel trovarsi poi qui impegnati nella celebrazione della sua fondazione ad opera dei Romani. Anche al meno malizioso sarà dato di pensare che ci sia qualcosa di poco chiaro e che qualcuno (sottoscritto in primis) non la conti giusta o abbia preso un clamoroso abbaglio. E siccome da un po’ di tempo e per vari motivi, le azioni dei Romani sono in ribasso, a differenza di quelle dei Celti, che invece paiono alle stelle (visto che, inopinatamente, sono assurti al rango di corifei della civiltà europea), ecco che la maggioranza è tentata di sposare la causa di questi ultimi, ... Ebbene, vorrei tranquillizzare i dubbiosi e, al tempo stesso, informarli su come stanno effettivamente le cose, restituendo letteralmente a Cesare ciò che è di Cesare.
Ma, a parte gli scherzi, la verità è che Como ebbe sul serio due fondazioni, nel senso che due città vere e proprie vennero fondate con lo stesso nome (Comum), sia pure in epoche e luoghi diversi. ...
E finalmente arriviamo al 59 a.C. Gli stessi motivi d’ordine economico, militare e politico che avevano indotto Lepido e Scipione a scegliere Como come meta di una deduzione, li troviamo puntualmente anche in Cesare. Nell’anno del suo consolato (appunto il 59 a.C.) si fece autorizzare da un plebiscito rogato dal tribuno ed amico Publio Vatinio a fondare sul suolo comasco una colonia. Quel che differenziava le due iniziative era la tempra e la genialità degli uomini che erano stati chiamati a realizzarle. Alla ristretta visione di Lepido, tutto teso all’utile suo particolare e ormai lanciato in una folle quanto improvvisata sfida alla oligarchia dominante, si contrappone il lungimirante disegno di Cesare, che inquadra la fondazione di Como in una più vasta e consapevole politica di rivalutazione della Cisalpina, in funzione soprattutto di una espansione militare e commerciale verso le terre d’oltralpe, che egli già nel 59 andava configurando. .
L’evento ebbe larga ed a volte drammatica risonanza, tanto che ne parlano ben sei autori antichi [Catullo, Cicerone, Strabone, Plutarco, Svetonio ed Appiano, di cui due, Catullo e Cicerone, furono perfino testimoni ed in qualche modo implicati.
[Segue ampia discussione sulla legislatura delle colonie]
Ci si è chiesti: perché Cesare, potendo liberamente scegliere lo status giuridico della colonia, optò per la latinità, certamente meno prestigiosa e gratificante? Una risposta esauriente mi porterebbe troppo lontano; dirò solo che a suggerire il comportamento di Cesare fu un accorto calcolo politico, ispirato alla massima prudenza e ad un sano conservatorismo; in poche parole egli rinunciò a fondare una colonia romana per non creare una ‘enclave' di cittadini romani in terre di diritto latino, quali erano il Comasco e la Transpadana, e quindi insinuare un motivo di odiosa ed impopolare discriminazione fra popolazioni di cui aveva grande bisogno per realizzare i suoi ambiziosi progetti. Quando i tempi saranno maturi, e precisamente nel dicembre del 49 a.C., allorché, liquidata ogni resistenza pompeiana in Italia, assumerà la dittatura, non esiterà un sol giorno a soddisfare, tutto in una volta, i suoi pazienti e fedeli sudditi del Nord, concedendo all’intera Cisalpina la cittadinanza romana. ...
Vediamo ora di precisare meglio i tempi e le modalità della fondazione. Lo iussus deducendi, come si è detto, risale al maggio-giugno 59 a.C., quando fu rogata la lex Vatinia; ed è probabile che i lavori (assai impegnativi) di bonifica e di predisposizione dell’area dove sarebbe sorta la colonia iniziassero già in quell’anno. La cerimonia ufficiale, invece, potrebbe essere avvenuta nel 58 a.C., soprattutto se si suppone (come mi pare legittimo, considerando l’importanza dell’evento) che Cesare vi avesse partecipato di persona. Difficilmente lo avrebbe potuto fare nel 59, quando gli impegni assorbenti del consolato ne imponevano la presenza a Roma. Nel 58, invece, durante il suo primo anno di proconsolato, ebbe più di un’occasione per soggiornare in Cisalpina fra una campagna militare e l’altra. A voler essere precisi si potrebbe suggerire la metà di marzo, quando vi transitò per raggiungere a marce forzate Genaba ed assumere il comando della legio X, ovvero alla fine di aprile (perché non il 21, natale di Roma?), quando ritornò ad Aquileia per arruolare nuove truppe, ovvero, e con maggiori probabilità, dall’ottobre in avanti, quando lasciato Labieno in Gallia, attraversò di nuovo le Alpi per svernare nell’Italia settentrionale. Sarebbe interessante stabilire con esattezza il giorno, come è stato fatto, ad esempio, per Pavia. Le principali opere edilizie, e prime fra tutte le mura, furono in ogni caso completate entro il 54 a.C., se Catullo, morto probabilmente in quell’anno, poté celebrarle nel carme 35 (datato in genere al 56 a.C.), in cui invita l’amico Cecilio ad andare a Verona “Novi relinquens Comi moenia Lariumque litus”; e non mi so convincere all’idea, assai diffusa, che questo splendido verso celi solo una figura retorica. Lo dico incidentalmente, ma io credo che anche il carme 17, quello che si apre con l’invocazione alla colonia (Novum Comum?), dai più datato proprio al 59 a.C., rifletta una realtà comasca. 

Novum Comum

La fondazione di Novum Comum
SU 17 FEBBRAIO 2018 DA NOS43 IN COMUNICAZIONE, LAKE COMO, VIAGGI
https://edoardonoseda.com/2018/02/17/la-fondazione-di-novum-comum/

"Infine nel 59 a.C., all’inizio delle guerre galliche, Giulio Cesare fondò Novum Comum, con il fine di assicurare una maggiore capacità di resistenza alle invasioni. Novum Comum venne così detta per essere distinta da Comum Oppidum, la vecchia città espugnata dal console Marcello 140 anni prima. La fondazione di Novum Comum fu un evento di grande risonanza: ne riferiscono ben sei autori: Catullo, Cicerone, Strabone, Plutarco, Svetonio e Appiano. Per consentire la realizzazione dell’impianto urbano furono deviati tre torrenti immissari del lago (Cosia, Valduce, Fiume Aperto), prosciugati gli acquitrini che rendevano inospitale la piana prospiciente il lago e posta mano alla costruzione delle mura della città. ... Il progetto di Cesare, approvato dal Senato romano, fu un’iniziativa in grande scala che coinvolse ben 5.000 nuovi coloni, con le loro famiglie, cui sono da aggiungere i 3.000 coloni condotti da Scipione nel 77 a.C., sempre con famiglia, per un totale di almeno 32.000 persone. Di questi, si pensa che 10.000 circa siano stati ospitati in città mentre gli altri si siano insediati nelle campagne, da poco dissodate e rese produttive. Dei 5.000 coloni portati da Cesare 500 erano della Magna Grecia. È probabile che Cesare intendesse affidare loro, notoriamente abili naviganti, lo sviluppo della navigazione lacuale e dei commerci transalpini."

Su Como, si legga il post sul suo tesoro.

Il borgo di Ostana


Ostana, il borgo, 5 March 2017. Courtesy Silvia Pasquetto

Ostana is in the Province of Cuneo, Piedmont, located about 60 kilometres southwest of Turin.
 Ostana is surrounded by the municipalities of Bagnolo Piemonte, Barge, Crissolo, Oncino, and Paesana.
Every year at the beginning of the June, the city hosts the Ostana Prize - Writings in the Mother Tongue [Ostana Premio Scritture in Lingua Madre]. This is a prize organized by the Municipality of Ostana and by the Cultural Association Chambra d'Oc.

http://borghipiubelliditalia.it/project/ostana/

Oman

For more than 500 years, a remote tribe has lived suspended on a cliff-side in the mountains of Oman.
Video by Ibrahim Shehab. BBC


Roman Coins

Solidus of Emperor Majorian
Courtesy Wikipedia

Bijzondere schat gevonden in de Betuwe: 41 goudstukken uit 460 na Christus
Het West-Romeinse rijk loopt op zijn laatste benen als iemand - vermoedelijk een plaatselijk Frankische militaire leider - in de Betuwe een schat begraaft van minstens 41 goudstukken. Anderhalf millennium later is die schat teruggevonden bij het plaatsje Lienden en vrijdagochtend is hij gepresenteerd in het Nijmeegse Museum het Valkhof.

Leggete anche sulle 400 monete d'oro trovate a Como

Sunday, March 24, 2019

Agilulfo - Agilwald - Agiluuald

Codex Theodosianus cum perpetuis commentariis Jacobi Gothofredi, ... Praemittuntur chronologia accuratior, chronicon historicum, & prolegomena subjiciuntur, notitia dignitatum, prosopographia, topographia, index rerum, & glossarum nomicum. Opus posthumum diu in foro, & schola desideratum, recognitum, & ordinatum ad usum Codicis Justinianei opera, & studio Antonii Marvillii ... Tomus primus [-sexti pars 2.], Volume 1




Et venit Agilwald dux Turig [thuringorum] de taurini, et junxit se Teodolindae reginae, et factus est rex Langobardorum, et ...

Si veda anche
Sprache und Sprachdenkmäler der Langobarden, Quellen, Grammatik, Glossar
by Meyer, Carl. Publication date 1877

Lo troviamo scritto Agiluuald

Sfogliandone il dizionario, ho visto i nomi propri Gariperga, Gisilberga, Taciperga, che finiscono in -berga e -perga. Mi sono ricordata del paese in Piemonte che si chiama Valperga, ed ovviamente, Superga. Una ricerca su dizionario Italiano mi ha portato a "stamberga", stainberga 'riparo di pietra’. I nomi con -perga dovrebbero esser legati al 'monte'. Per Superga è molto plausibile.

La città oltre il Fiume Nero, fortezza dei tempi andati

Afrasiyab is an archaeological site of northern Samarkand, occupied from c 500 BC to 1220 AD prior to the Mongol invasion in the 13th century. The oldest layers date from the middle of the first millenium BC. The site is the oldest and ruined site of the Samarkand.
It was located on high ground for defensive reasons, south of a river valley and north of a large fertile area which has now became part of the city of Samarkand.
https://en.wikipedia.org/wiki/Afrasiyab_(Samarkand)
The habitation of the territories of Afrasiyab began in the 7th-6th century BC, as the centre of the Sogdian culture.
Scholars consider Afrasiab to be a distortion and a corrupted form of the Tajik word Parsīāb (from Sogdian Paršvāb), meaning "beyond the black river", the river being Sīāhāb or Sīāb, which bounds the site to the north. Afrā is the poetic form of the Persian word Farā (itself a poetic word), which means 'beyond, further', while Sīāb comes from sīāh meaning 'black' and Āb meaning 'water; river; sea' (depending on the context).
http://www.iranicaonline.org/articles/afrasiab-the-ruined-site
"In Moḥarram, 617/March, 1220 Samarqand was seized by the army of Čingiz Khan and destroyed. After that event life in Afrāsīāb never recovered, and the town became a ruined site. In the 9th/15th century Afrāsīāb is mentioned under the name of Bālā Ḥeṣār as a “fortress of former days.” "



Khiva Fortress, Khiva, Uzbekistan
Image built on a picture by RyansWorld for Wikipedia

Lawrence Ferlinghetti


L'avevo usato per l'entropia.
A. Sparavigna. Fisica II Esercizi e prove d'esame. 1997. Progetto Leonardo. Bologna

Saturday, March 23, 2019

Limes

http://www.limesonline.com
GEODEMOS L’Unione Europea ha un’alta densità demografica, ottime comunicazioni, alta urbanizzazione, vaste aree fortemente industrializzate e forti disuguaglianze economiche tra Stati. Queste condizioni dovrebbero favorire la mobilità interna, che invece è assai contenuta.

http://www.limesonline.com/notizie-mondo-questa-settimana-vie-seta-xi-roma-bolsonaro-trump-golan/111738

Limes è una rivista italiana di geopolitica facente parte di GEDI Gruppo Editoriale. È stata fondata nel 1993 dall'attuale direttore, il geopolitologo Lucio Caracciolo.

The q-integers and the Mersenne numbers

The q-integers and the Mersenne numbers: Here we will show that the q-integers, the q-analogue of the integers that we can find in the q-calculus, are forming an additive group having a generalized sum similar to the sum of the Tsallis q-entropies of independent systems. The symmetric form of q-integers will be studied too. We will see that these numbers are linked to the Kaniadakis \kappa-calculus. In the article, a final discussion will be devoted to the link of the q-integers to the Mersenne numbers. Besides the discussion of the previously mentioned numbers, the general aim of the paper is that of popularizing the existence of the q-calculus.


The Tsallis Distribution

The Tsallis Distribution





The Tsallis distribution was introduced in 1988 by Constantino Tsallis as a generalization of the Boltzmann-Gibbs distribution and has been used in many fields of physics.
The distribution introduces a new parameter q. In the limit where this parameter is 1 it reproduces the standard Boltzmann-Gibbs distribution.

I Turingi di Torino

Nel IV – V secolo Torino diventa cristiana. Mentre declina e cade l'impero d’Occidente anche la regione subalpina non sfugge alle invasioni barbariche: è del 402 la battaglia di Pollenzo tra i Visigoti di Alarico e Stilicone e nel 405 le orde gote di Radagaiso devastano le campagne intorno a Torino. Dopo i saccheggi dei Burgundi e le deportazioni di contadini in Gallia (*), alla fine del V secolo si torna progressivamente alla normalità con la vittoria di Teoderico re dei Goti e l’avvio del suo regno in Italia. L’insediamento e il sepolcreto aristocratico scoperti a Collegno sono tracce materiali rare e importanti della presenza gota nella penisola italiana. Riprendono gli scambi economici e Torino recupera forse una certa prosperità, come attesta lo sviluppo del gruppo cattedrale.
Nel VI secolo si teme l’arrivo dei Franchi, ma nel 570 sono i Longobardi a prendere il controllo della regione.
Al sito www.piemonteis.org, si legge che i “Longobardi”  che giunsero in Piemonte a partire dal 569, fondando il Regnum Langobardum, erano un raggruppamento polietnico formato da tribù di ceppo diverso, accomunate dal riconoscimento dell’autorità di un leader e di un popolo-guida (i Longobardi, appunto), com’era nei costumi delle popolazioni barbariche seminomadi del tempo.


Croce Longobarda. Courtesy Wikipedia

L’area del Torinese occidentale era una zona prossima al confine con i territori occupati dai Burgundi, popolo federato dei Franchi. Per questa ragione nella regione ci fu una particolare concentrazione di insediamenti longobardi, poggianti sull’unità base di organizzazione sociale e militare detta “fara” (da cui, ad esempio, il paese di Fara Novarese). L’elemento etnico prevalente era quello dei Turingi. Come dice il sito  consultato, il duca di Torino, Agilulfo, che poi divenne re, era definito “Dux Turingorum de Taurini”. 
Il Piemonte venne ripartito in quattro Ducati, che si imperniarono sui centri di Torino, Asti, Ivrea, e sull’isola di San Giulio d’Orta, che risultava comunque già fortificata dall’età teodoriciana.
Lungo i grandi assi di comunicazione che conducevano ai valichi alpini, il confine del Regno era fortificato dalle chiuse, strutture difensive poste nei fondovalle di Aosta e di Susa, nelle strettoie di Bard e di Chiusa S. Michele, e proprio alla chiusa valsusina i Longobardi cercheranno invano di fermare l’avanzata dei Franchi di Carlo Magno nel 773.

"In questo quadro di riconsiderazione della presenza longobarda in Piemonte come parte importante della nostra storia, s’inserisce la rievocazione storica di Cannetum Longobardorum, che da sei anni a questa parte si tiene in bassa Val Maira."


Una immagine dalla rievocazione storica di Cannetum Longobardorum.
Si ringrazia il sito www.piemonteis.org per la fotografia.


Lettura fortemente consigliata:
Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 10°, i Longobardi, Burgundi e Franchi.
https://www.ilcinzanino.org/2011/03/piccola-storia-del-piemonte-1058-i.htm

"Dai reperti disponibili si deduce che i Longobardi si stanziano sul territorio a piccoli gruppi di famiglie. All'inizio seguono le loro tradizioni, ma sono comunque attratti dalla civiltà latina, o comunque dalla civiltà del posto. Con gli anni si ha un travaso reciproco di culture, la lingua diventa ufficialmente quella latina, in pratica la lingua della gente tende sempre di più a quello che sarà il volgare piemontese. La popolazione tende ad assumere suoi caratteri particolari, ed anche il nome delle persone (come sarà rilevato più tardi, quando vi sarà maggiore documentazione scritta), diventa spesso longobardo. ... Molti sono i toponimi in Piemonte che possono essere fatti risalire ai Longobardi, in particolare quelli con suffisso in …engo, come Marengo, Murisengo, Aramengo, Odalengo, etc. ...
Se facciamo un punto della situazione linguistica verso il 650 d. C. abbiamo un originario ceppo Celto-ligure al quale il Latino ha fornito la sua struttura generica ed un certo arricchimento del lessico. Questa lingua evolve in modo abbastanza isolato ed autonomo, con interferenze provenienti dai linguaggi d'Oltralpe. A tutto ciò si sovrappone ora la lingua dei Longobardi, che pure tendono ad assumere il Latino come lingua "ufficiale", lingua che però è sempre meno conosciuta dalla popolazione. Nelle valli alpine l'influenza delle lingue galliche è dominante. Dal punto di vista etnico, la popolazione piemontese è ora di provenienza molto "incrociata", costituita da meticci che possono vantare origini in mezza Europa."

A proposito dei toponimi che finiscono in -engo, aggiungo un commento.
Diciamo che si deve leggere, -engh. Ci sono 22 comuni su un migliaio in Piemonte col nome che finiscono in -engo. Tra di essi vi è Verolengo (Vorlengh). Dai tempi dell'antica Roma il territorio dell'attuale comune è stato sede di insediamenti urbani. Nel territorio che oggi ospita gli abitanti di Arborea e Benne sorgeva la Mansio Quadrata, che era una stazione di posta in cui coloro che percorrevano la strada Torino-Pavia potevano riposare e rifocillare i cavalli. 

Lago d'Averno e lo Stige

Da Wikipedia
"Il nome Avernus deriva dal greco άορνος (senza uccelli). Si narra che tale assenza fosse dovuta al fatto che le acque del lago esalassero dei particolari gas che non permettessero la vita agli uccelli. Secondo la religione greca e poi romana, era un accesso all'Oltretomba, regno del dio Plutone. Per tal motivo gli inferi romani (l'Ade greco) si chiamano anche Averno. Il lago di Averno giace all'interno di un cratere vulcanico spento, nato 4.000 anni fa." Il poeta Virgilio, nel sesto libro dell'Eneide, colloca vicino a tale lago l'ingresso agli Inferi, dove  Enea deve recarsi. 

Vicino al lago c'è una galleria scavata nel tufo, abbastanza lunga e molto buia, ed in fondo c'è lo Stige.  Ho visto il fiume dove Teti ha immerso Achille, per renderlo invulnerabile, tenendolo per un tallone! 


Lago d'Averno. Sullo sfondo l'isola di Capri e sulla destra il promontorio di Capo Miseno.
Courtesy Denghiù, 2007


Campi Flegrei

Supervulcani: l'evoluzione (pericolosa) dei Campi Flegrei
https://www.focus.it/scienza/scienze/supervulcani-campi-flegrei-a-rischio-eruzione

"I Campi Flegrei sono un'area della Campania situata a ovest di Napoli e dell'omonimo golfo, nota fin dall'antichità per la sua "vivace" attività vulcanica, caratterizzata da diverse, violente eruzioni da circa 60.000 anni fa in poi - accompagnate da una lunga serie di episodi considerati "minori" in qualche caso così violenti da coprire di tufo gran parte dell'odierna Campania."

L'area flegrea è un supervulcano, inserito tra i dieci vulcani più pericolosi del Pianeta.


Mi ricordo bene la visita alla solfatara, posto molto pericoloso.

Plinio il Vecchio

Gaio Plinio Secondo

Magistrato romano

Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (in latino: Gaius Plinius Secundus; Como, 23 AD – Stabia, 25 agosto o 25 ottobre 79), è stato uno scrittore, naturalista, filosofo naturalista, comandante militare e governatore provinciale romano.

Plinio il Giovane, suo nipote, ce lo rappresenta come un uomo dedito allo studio e alla lettura, intento ad osservare i fenomeni naturali e a prendere continuamente appunti, dedicando poco tempo al sonno e alle distrazioni. Il racconto della sua morte, contenuto in una lettera del nipote Plinio il Giovane, ha contribuito all'immagine di Plinio come protomartire della scienza sperimentale (definizione di Italo Calvino), anche se, sempre secondo il resoconto del nipote, si espose al pericolo anche per recare soccorso ad alcuni cittadini in fuga dall'eruzione, in quanto comandante della flotta di stanza a capo Miseno. Infatti, in occasione dell'eruzione del Vesuvio del 79 che seppellì Pompei ed Ercolano, si trovava a Miseno come praefectus classis Misenis. Volendo osservare il fenomeno il più vicino possibile e volendo aiutare alcuni suoi amici in difficoltà sulle spiagge della baia di Napoli, fra le quali Rectina, parte con le sue galee, che attraversano la baia fino a Stabiae (oggi Castellammare di Stabia) dove muore, probabilmente soffocato dalle esalazioni vulcaniche, a 56 anni.
Questo è quanto dice Wikipedia. Mi pare però di aver letto da qualche parte che la morte di Plinio sia stato l'unico decesso sulla nave, e che la flotta riuscì a soccorrere alcune persone. Può essere che Plinio abbia avuto un malore.
I primi eventi sismici ebbero già inizio nel 62 d.C., con il crollo di diverse case che furono poi ricostruite negli anni successivi. Solo alcuni anni dopo, nel 79 d.C., il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che porterà poi al seppellimento di alcune zone di Stabia, Pompei, Ercolano e molte città a sud-est dal Vesuvio. Intorno all'una del pomeriggio con un boato terribile il Vesuvio eruttò. Le sostanze eruttate per prime dal Vesuvio furono fondamentalmente pomici, quindi rocce vulcaniche originate da un magma pieno di gas e raffreddato. Mescolate alle pomici si trovano parti di rocce di altra natura che furono trasportate dal magma. Secondo una stima di Plinio il Giovane, testimone del fenomeno, l'altezza della nube indicata secondo le moderne unità di misura può aver raggiunto i 26 chilometri.


Ricostruzione della morte di Plinio il Vecchio in una stampa del XIX secolo.


Marco Mengoni - Hola - Official Video (LIVE a Palazzo Madama)


Marco esce da Palazzo Madama in una notte piovosa

Friday, March 22, 2019

Crivello di Eratostene


C'è vita intelligente nell'Universo. Grande Eratostene!

crivèllo s. m. [cribellum, dim. di cribrum «vaglio»]. – 1. Apparecchio costituito da un telaio sul cui fondo è fissata una rete metallica o una lamiera perforata, usato in agricoltura, nell’edilizia, nell’industria estrattiva, ecc., per dividere materiali incoerenti in due classi di pezzatura, separando gli elementi che passano attraverso da quelli che ne sono trattenuti a seconda delle dimensioni o della forma delle maglie (o dei fori). 2. In matematica, c. di Eratostene, metodo che permette di individuare i numeri primi inferiori a un dato numero.  3. In similitudini e in usi fig.: forare, bucherellare, ridurre come un c., persone o cose (mediante spari, colpi, ecc.); raro, passare al c., passare al vaglio, sottoporre a un esame minuzioso.

Manca qualcuno?

I primi insediamenti nella regione che oggi viene chiamata Piemonte risalgono al Paleolitico (tracce della presenza umana sono state ritrovate sul Monte Fenera nei pressi di Borgosesia). Al Neolitico risalgono invece gli utensili ritrovati nei pressi di Alba, Ivrea e nella Valle di Susa.
Il territorio fu poi abitato dai Liguri, stanziatisi in gran parte dell'Italia settentrionale, e da altri popoli di stirpe celtica e celto-ligure, quali i Taurini, i Graioceli, i Bagienni, i Salassi e i Vertamocori. Una grande varietà di popolazioni, dunque, ...  Sembra che la città di Torino sia sorta in epoca romana poco lontano da un insediamento di Taurini, dai quali potrebbe prendere il nome.
I Romani giunsero in Piemonte nel II secolo a.C., fondandovi le città di Derthona nel 120 a.C. ed Eporedia nel 100 a.C. come avamposto per controllare la popolazione dei Salassi e la via delle Gallie che passava per i valichi alpini della Valle d'Aosta. Con Cesare, durante la campagna gallica, nacque la città romana di Julia Augusta Taurinorum, l'odierna Torino. La parte rimanente del Piemonte, costituita soprattutto da zone montuose, venne conquistata soltanto da Ottaviano Augusto.
Il Piemonte venne diviso tra la Gallia Cisalpina e le province romane delle Alpes Cottiae, Alpes Maritimae ed Alpes Poenninae. I Romani, come in gran parte del Nord Italia, fondarono alcune delle maggiori città piemontesi vicino o su preesistenti insediamenti di origine celto-ligure, come Asti, Alba, Acqui Terme, Novara, Vercelli. E poi ci sono i castra e le mansiones. 
Nel 312, l'esercito di Costantino I, si scontrò vittoriosamente contro le truppe di Massenzio, nell'area compresa tra Alpignano e Rivoli. L'evento viene generalmente ricordato come battaglia di Torino.
Al termine dell'epoca romana spicca la battaglia di Pollenzo, combattuta nel 402 da Stilicone contro le truppe dei Visigoti nella pianura intorno a Bra.
Segnamo: Visigoti.
Nei primi anni successivi alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente il Piemonte passò sotto il controllo delle popolazioni germaniche: entrata prima nel dominio di Odoacre, fu poi conquistata dai Burgundi e dagli Ostrogoti. A metà del VI secolo furono sostituiti dai Bizantini. Però, nel 568, arrivò una nuova popolazione germanica, i Longobardi: le città bizantine del Piemonte si arresero senza opporre resistenza, e così finì in breve tempo la dominazione dell'Impero bizantino. Alcuni dei nuovi padroni longobardi stanziatisi in Italia settentrionale salirono a capo del nuovo regno con capitale a Pavia: tra essi, significativa per il Piemonte è la figura di Agilulfo, tra i primi duchi di Torino.
A questo periodo risalgono la suddivisione del territorio in ducati, quali quelli longobardi di Torino, Asti, Ivrea e San Giulio, la fondazione di numerosi importanti monasteri (come l'abbazia della Novalesa) e la redazione di alcune importanti norme giuridiche e amministrative.
La posizione strategica del Piemonte era ben chiara nel Medioevo, quando Carlo Magno comprese la necessità d'impossessarsi della regione per conquistare il regno longobardo di Desiderio. La battaglia che si svolse presso la Chiusa di San Michele fu decisiva per il re franco: sconfitti i longobardi, egli penetrò in profondità nel territorio piemontese, raggiungendo Torino e marciando a tappe forzate verso Pavia.
Un lungo periodo di pace fu interrotto a partire dal IX secolo, con le incursioni di pirati Saraceni provenienti dalle coste Liguri, che segnarono profondamente la storia della regione, terrorizzando la popolazione e rendendo insicuri i commerci via terra lungo i valichi alpini. Tra il 912 e il 920 venne anche saccheggiata l'abbazia di Novalesa, che sorgeva presso il Moncenisio, e Oulx fu quasi rasa al suolo. I monaci della Novalesa, dopo il saccheggio, si rifugiarono a Torino. 
Fermiamoci alle soglie del secondo millennio, quando il Piemonte è entrato a far parte integrante dell'Impero Carolingio.
Vediamo un po'. Facciamo così, nei Romani, mettiamo anche gli schiavi che arrivavano da mezzo mondo e i milirati. Ci sarebbero i Batavi e i Britanni, ma non misero radici. Invece pare che ciò sia capitato per i Sarmati. Quindi: Liguri, Celti, Romani, Sarmati, Burgundi, Goti, Longobardi, Franchi, Saraceni ... Manca qualcuno?
Gli Etruschi che percorrevano la regione coi loro commerci. I Cartaginesi, ma erano di passaggio.

La Magna Charta a Vercelli

A Vercelli arriva la Magna Charta per gli 800 anni della basilica di Sant’Andrea
Il documento del 1215, uno dei capisaldi della democrazia europea e mondiale, sarà esposto in Arca.
"Il documento rappresenta una delle quattro copie conformi del testo originale del 1215, con cui l’Arcivescovo di Canterbury decretò la pace tra l’impopolare Re Giovanni d’Inghilterra e un gruppo di baroni ribelli; sarà la prima esposizione italiana della Magna Charta, che nel corso dei secoli ha lasciato pochissime volte il suolo britannico per essere esposta altrove."

La navata centrale della Basilica di Sant'Andrea di Vercelli. Courtesy Alessandro Vecchi

A Vercelli la Magna Charta: fu il primo documento che riconobbe i diritti umani
La "Magna Charta Libertatum" esposta a Vercelli, Fino al 9 giugno nell'Arca di San Marco una mostra dedicata a Guala Bicchieri, tutore del giovane re Enrico II
"La Magna Charta — questo il nome originale — viene esposta in una mostra che celebra gli ottocento anni dell’Abbazia di Sant’Andrea di quella città. Vuole essere un omaggio al cardinale Guala Bicchieri, che con la posa della prima pietra, il 19 febbraio 1219, diede avvio alla costruzione di uno dei primi esempi di edificio gotico in Italia. La sua figura è legata alla vicenda della Magna Charta, perché l’alto prelato vercellese, dotato di grandi doti diplomatiche, fu legato pontificio presso la corte inglese e tutore del giovane re Enrico III: in quella veste fu supervisore del documento, ponendo il proprio sigillo sia nella visione revisionata del 1216, sia nella riconferma della carta del 1217 esposta a Vercelli. "

Il Guala appare in un primo documento come  Wala Bicherius beati Eusebii ecclesie canonicus.
http://www.treccani.it/enciclopedia/guala-bicchieri_(Dizionario-Biografico)/

Per Guala Bicchieri è stato proposto un legame coi  signori di Casalvolone: una famiglia antica, potente già prima del Mille, discendente da “Wala de loco Casali qui dicitur Waloni”, che è “vassus et missus” dei re Berengario II e Adalberto nel 956.
http://rm.univr.it/biblioteca/volumi/vercelli/VercellinelsecoloXII.pdf
La famiglia aveva possedeva un borgo feudale di Casale Gualonis, che dominò per molto tempo sul territorio (dall'anno 800 al 1350 circa ).

Guala è un nome proprio di persona italiano maschile e femminile. Etimologicamente, si tratta di un nome germanico, per la precisione longobardo, basato sull'elemento valah (o wala, "forestiero", "straniero", "viaggiatore"), contenuto anche nei nomi Gualfredo e Valerico. È usato anche nome cognome, attestato principalmente in Piemonte.

Limes

Dal de Volkskrant

De Wandelroute van het Jaar loopt langs de voormalige Romeinse grens, ook wel de Romeinse Limes – van Katwijk naar Nijmegen. Classicus David Rijser dwaalt door een romantisch landschap en mijmert over grenzen tussen culturen. 

David Rijser 1 maart 2019, 11:16

"Op deze plek verrees rond het begin van onze jaartelling het oudste en grootste castellum in Romeins Nederland, Fort Fectio, vlak naast het latere Fort bij Vechten. Ottenheym: ‘De grens van het Romeinse Rijk was niet zo hard als wij denken.’ We kijken naar het noorden, het Heart of Dark­ness van de Romeinen, en zien een truck met bevroren kippenbouten passeren."

Il Nord, Cuore di Tenebra dei Romani? Questo dice ad un certo punto l'autore dell'articolo. Non so bene che cosa voglia intendere. Ma questo mi permette di porvi un link, dove si spendere qualche parola su cosa è il Cuore di Tenebra di Joseph Conrad. «L’orrore! L’orrore!». Sono le ultime parole di Kurtz, uno dei grandi personaggi letterari del Novecento uscito dalla magistrale penna di Joseph Conrad nel libro Cuore di tenebra. Kurtz non è un “animo candido”; sulla palizzata davanti alla sua capanna sul grande fiume aveva conficcato le teste di alcuni indigeni uccisi, eppure di fronte a ciò che accade nella foresta pluviale del Congo non può che mormorare: «L’orrore! L’orrore!».
Cosa vuol dire, il giornale, che i Romani erano come i Belgi in Congo?

"Bij de ‘grenzen van Rome’ denk je al gauw aan het begin van Ridley Scotts populaire film Gladiator, waarin een geoliede Romeinse krijgsmachine in gelid staat opgesteld tegenover verspreide plukken harige, verwilderde barbaren in de bosjes. Maar hier, bij het grootste en oudste Romeinse ­castellum in Nederland, blijkt wat ­anders. Uit de archeologische vondsten in en rond het Romeinse fort blijkt niet alleen dat de lokale cultuur aan de Romeinse kant van de grens naadloos overging in die binnen het fort. 
Ook blijkt er geen wezenlijk verschil tussen wat je aan de ‘barbaarse’ kant aantreft en wat aan de Romeinse. In Fort Fectio werd dus gewoond en geleefd, gepraat en gehandeld binnen en buiten de muren en aan beide zijden van de zogenaamde grens. In plaats van barbaren klaar voor de aanval, bestond er een bedrijvig verkeer tussen de lokale bevolking en de ‘faciliterende’ Romeinen." 



Tutto cominciò con una tartaruga

Le tartarughe sulle monete, tutto ebbe inizio sull’isola di Egina
Scritto da Luciano Zambianchi -  12 Dicembre 2017
https://www.greenious.it/tartarughe-sulle-monete-statera-di-egina/
"Di fatto la più antica moneta accettata negli scambi commerciali tra i paesi occidentali è la “Statera di Egina” che ha una tartaruga terrestre su uno dei suoi lati."


Galba dei Suessoni


Una statera di Galba

Galba dei Suessioni, o semplicemente Galba, è stato un principe e condottiero gallo, re dei Suessioni, popolo stanziato nella Gallia Belgica, nel cui comando succedette a Diviziaco.
Viene menzionato da Cesare nei suoi commentarii. A lui, definito da Cesare giusto e saggio, venne offerto nel 57 a.C. il comando delle tribù belgiche coalizzatesi per contrastare i Romani. 

Cesare, proveniente dalla Gallia cisalpina, fu informato dai suoi alleati Remi, che la coalizione comprendeva tutte le tribù della Gallia Belgica (a cui si erano unite alcune tribù germaniche), con la sola esclusione dei Remi, che offrirono invece ostaggi e vettovaglie per l'esercito romano. Cesare fornisce l'elenco dettagliato dei popoli che presero parte all'alleanza, per un totale di 306.000 armati. La cifra fornita da Cesare è però considerata esagerata dagli studiosi moderni.
Essi appartenevano al popolo dei Bellovaci (con 60.000 armati), Suessioni (50.000 armati), Nervi (50.000), Atrebati (15.000), Ambiani (10.000), Morini (25.000), Menapi (7.000), Caleti (10.000), Veliocassi (10.000), Viromandui (10.000), Atuatuci (19.000), oltre a 40.000 Germani. Tra le popolazioni germaniche sono menzionati i Condrusi, gli Eburoni, i Ceresi ed i Pemani.
Stimiamo gli Eburoni dovessero essere un quarto dei Germani, ossia 10000.
Cesare, con 15 giorni di marcia ininterrotta e dopo avere rifocillato l'esercito nelle terre degli alleati Remi, si accampò a nord del fiume Aisne (affluente dell'Oise). Lo scontro tra i due eserciti avvenne quando i Belgi tentarono di guadare il fiume e si concluse con la vittoria dei Romani.

"Cesare, informato della situazione da Titurio, portò tutta la cavalleria, i Numidi armati alla leggera, i frombolieri e gli arcieri al di là del ponte e marciò contro il nemico. Lo scontro fu violento. I nostri li assalirono mentre stavano attraversando il fiume ed erano in difficoltà. Ne uccisero la maggior parte (di quelli che stavano attraversando il fiume) e respinsero con un nugolo di frecce gli altri che, con estrema audacia, tentavano di passare sui corpi dei caduti, circondarono con la cavalleria e uccisero i primi giunti sull'altra sponda. I nemici si resero conto di non aver più speranze di espugnare la città (Bibrax), né di attraversare il fiume e videro che i nostri non avanzavano, per dare battaglia, su un terreno sfavorevole. Perciò, dato che anche le loro scorte di grano incominciavano a scarseggiare, convocarono l'assemblea e decisero che la cosa migliore era tornare tutti in patria. Sarebbero accorsi in difesa del primo popolo attaccato dai Romani: così avrebbero combattuto nei propri territori, non in quelli altrui, e si sarebbero serviti delle scorte di grano che avevano in patria. Giunsero a tale decisione, tra l'altro, perché avevano saputo che Diviziaco e gli Edui si stavano avvicinando ai territori dei Bellovaci. E non si poteva convincere questi ultimi ad attardarsi e a non soccorrere i loro."

Questa ritirata dei Belgi è disastrosa, secondo Cesare. Egli li insegue, la retrovia dei belgi ingaggia battaglia. Il resto rompe le schiere e si da alla fuga. Ovviamente Cesare, sottolinea che ne ha uccisi quanti più poteva durante il giorno. Tenete sempre presente che il De bello gallico è la collezione dei report che Cesare faceva al Senato. Egli doveva rendere conto del risultato della campagna.  Aver potenziali nemici liberi sul campo, come si evince dal fatto che la gran parte si è data alla fuga, significava per il Senato romano un risultato parziale.

"L'indomani, prima che i nemici potessero riaversi dal terrore e dallo scompiglio della fuga, Cesare condusse l'esercito nei territori dei Suessioni, al confine con i Remi, giungendo a marce forzate alla città di Novioduno. Appena giunto sul posto, tentò di espugnarla, perché si diceva che era sguarnita, ma la larghezza del fossato e l'altezza delle mura non gli permisero di impadronirsene, nonostante che i difensori fossero realmente pochi. Fortificato l'accampamento, provvide a spingere in avanti le vinee e a preparare tutto ciò che serve ad un assedio. Nel frattempo, la notte successiva rientrarono in città tutti i Suessioni che si erano dati alla fuga. Vedendo che i Romani rapidamente accostavano le vinee, innalzavano un terrapieno e costruivano delle torri, i Suessioni, scossi sia dall'imponenza delle opere costruite, mai viste o di cui non avevano mai sentito parlare prima, sia dalla rapidità dei Romani, mandano a Cesare un'ambasceria per offrire la resa. Su richiesta dei Remi, ottengono salva la vita.
Cesare, ricevuti in ostaggio i cittadini più nobili, tra cui due figli del re Galba stesso, dopo la consegna di tutte le armi che vi erano in città, accettò la resa dei Suessioni e guidò l'esercito contro i Bellovaci, asserragliati con tutti i loro beni nella città di Bratuspanzio."

Galba dei Suessioni è stato giusto e saggio, scegliendo l'accordo di pace di cui i figli erano garanti. Questo è il significato dello scambio di "ostaggi". La parola ostaggio non deve essere presa nel significato oggi comunemente usato. 

"Quando Cesare e le sue legioni distavano circa cinque miglia, tutti i più anziani uscirono dalla città e iniziarono a esprimere, a parole e con le mani protese verso Cesare, l'intenzione di porsi sotto la sua protezione e autorità e di non combattere contro il popolo romano. Allo stesso modo, quando Cesare si era avvicinato alla città e poneva le tende, dall'alto delle mura i bambini e le donne, con le mani protese, secondo il loro costume, chiedevano pace ai Romani.
In loro favore parlò Diviziaco, che dopo la ritirata dei Belgi aveva rimandato in patria le truppe edue e raggiunto Cesare: i Bellovaci in ogni circostanza si erano dimostrati alleati e amici degli Edui; a spingere il popolo erano stati i capi con i loro discorsi, sostenendo che gli Edui, ridotti in servitù da Cesare, subivano umiliazioni e offese di ogni sorta; perciò, si erano staccati dagli Edui e avevano dichiarato guerra al popolo romano. I responsabili della decisione, consapevoli del danno provocato alla loro gente, erano fuggiti in Britannia. Alle preghiere dei Bellovaci, che chiedevano a Cesare clemenza e generosità, si aggiungeva l'intercessione degli Edui. E se Cesare avesse risparmiato i Bellovaci, avrebbe accresciuto l'autorità degli Edui presso tutti i Belgi, che erano soliti fornire, in caso di guerra, truppe e mezzi per farvi fronte.
Cesare disse che, per aumentare il prestigio di Diviziaco e degli Edui, avrebbe accolto e tenuto sotto la sua protezione i Bellovaci. Poiché erano un popolo di grande autorità tra i Belgi e molto numerosi, chiese seicento ostaggi. Gli furono consegnati insieme a tutte le armi della città...."

Ho preso la traduzione dal latino del Progetto Ovidio, ed ho lasciato  "ostaggi". 
 DC obsides, ma tradurre obses con ostaggio è una cosa fuorviante. Queste erano le persone date in garanzia della tenuta della pace. Non erano gli ostaggi, come per esempio i civili, presi dai soldati e tenuti con le armi per servirsene come scudi umani. Erano pegni per il futuro. 

obsĕs
[obsĕs], obsidis 
sostantivo maschile e femminile III declinazione
1 ostaggio
2 colui che si fa garante
3 cauzione, garanzia