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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

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Friday, July 3, 2020

La Glaubwürdigkeit di Giulio Cesare e l'arte della deformazione

Una breve discussione sulla credibilità (Glaubwürdigkeit) di Giulio Cesare, in riferimento particolare al De Bello Gallico. Si userà principale la discussione di Peter Huber fatta in alcuni brani nel suo "Die Glaubwürdigkeit Caesars in seinem Bericht über den Gallischen Krieg". Questi brani ci serviranno anche per mostrare esempi dell'arte della deformazione.



Poiché la deformazione è un'arte.

Sunday, November 3, 2019

La Storia oggi


L’errore storico di History: giudicare Cesare con gli occhi di oggi
Il documentario «Ti presento Giulio Cesare»: Beard giudica Cesare con gli occhi di adesso, azzarda paragoni con la politica moderna, lo accusa di genocidio e di populismo
di Aldo Grasso

https://www.corriere.it/spettacoli/18_aprile_18/errore-storico-history-giudicare-cesare-gli-occhi-oggi-f91bd37e-4249-11e8-9398-f8876b79369b.shtml

"In occasione del Natale di Roma (anticamente detto Dies Romana, ... festività laica legata alla fondazione della città di Roma e [che] si festeggia il 21 aprile), ... History propone una settimana di programmazione dedicata ai fasti della città eterna. Speriamo che gli appuntamenti non siano tutti come il primo, «Ti presento Giulio Cesare», firmato e presentato dalla storica Mary Beard ... Quello che risulta molto deludente è che la Beard giudica Cesare con gli occhi di adesso, azzarda paragoni con la politica moderna, lo accusa di genocidio e di populismo. Legge Giulio Cesare come gli Americani leggono oggi Cristoforo Colombo."

Le accuse arrivano dal passato. Persino il Mommsen, che pur si teneva un busto di Cesare sulla scrivania, ha avuto questa pecca. Non c'è niente da fare. Non stiamo parlando di Fisica o altre scienze. Stiamo parlando della Storia, la cui lunga veste capita esser tirata da una parte o dall'altra, a seconda delle ideologie. La storia si scrive sempre usando il tempo presente?

C'è però una abissale differenza tra il Mommsen e la Beard, e sono i mezzi di comunicazione usati
Quanti hanno letto il Mommsen e quanti hanno visto la Beard? Questo è il punto.

If you'd come today you could have reached a whole nation
Israel in 4 BC had no mass communication

Sunday, March 31, 2019

La corazza di Giulio Cesare

MUSEI CAPITOLINI - RESTAURI, Margherita Albertoni, Francesco Paolo Arata, Anna Maria Carusi, Daniela Velestino, Emilia Talamo, Serena Ensoli Vittozzi, Maddalena Cima Di Puolo and Carla Salvetti. Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma, Vol. 95, No. 1 (1993), pp. 175-293 (119 pages) Published by: L’Erma di Bretschneider



Notate i due grifoni affacciati simmetricamente.

Giulio Cesare alla Porta Palatina

Il Palazzo Senatorio di Roma si affaccia sulla piazza del Campidoglio. Il sito Wikipedia  https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Senatorio dice che l'aula consiliare che conserva una statua di Giulio Cesare del I secolo a.C., per questo detta aula di Giulio Cesare, con sul pavimento un mosaico proveniente da Ostia antica. In verità, altri siti dicono che la statua è dell'età di Traiano e quindi del primo secolo d.C. 
Quella che c'è presso la porta Palatina a Torino è una copia di questa statua.




Come è arrivata una copia della statua a Torino?
Ebbene, insieme alla statua di Augusto, è stata dono di Benito Mussolini alla città sabauda.



Saturday, March 30, 2019

Asparagi al burro

Gli asparagi di Cesare. Studi sulla Cisalpina romana

Autore: Gemma Sena Chiesa

Monday, March 25, 2019

Como, la città dedotta da Giulio Cesare

 G. Luraschi, Aspetti giuridici e storici della fondazione di Novum Comum in Novum Comum 2050 - Atti del convegno celebrativo della fondazione di Como Romana, Como 8-9 novembre 1991.
Le Mostra a Palazzo Grassi è stata nel 1991.
Ecco il testo.
"Ma prima mi si consenta di rivolgermi, tra il serio e il faceto, a quanti, specie fra i miei concittadini, reduci dalla bella Mostra di Venezia sui Celti, paiono frastornati nell’avere colà appreso che Como fu oppidum celtico, e nel trovarsi poi qui impegnati nella celebrazione della sua fondazione ad opera dei Romani. Anche al meno malizioso sarà dato di pensare che ci sia qualcosa di poco chiaro e che qualcuno (sottoscritto in primis) non la conti giusta o abbia preso un clamoroso abbaglio. E siccome da un po’ di tempo e per vari motivi, le azioni dei Romani sono in ribasso, a differenza di quelle dei Celti, che invece paiono alle stelle (visto che, inopinatamente, sono assurti al rango di corifei della civiltà europea), ecco che la maggioranza è tentata di sposare la causa di questi ultimi, ... Ebbene, vorrei tranquillizzare i dubbiosi e, al tempo stesso, informarli su come stanno effettivamente le cose, restituendo letteralmente a Cesare ciò che è di Cesare.
Ma, a parte gli scherzi, la verità è che Como ebbe sul serio due fondazioni, nel senso che due città vere e proprie vennero fondate con lo stesso nome (Comum), sia pure in epoche e luoghi diversi. ...
E finalmente arriviamo al 59 a.C. Gli stessi motivi d’ordine economico, militare e politico che avevano indotto Lepido e Scipione a scegliere Como come meta di una deduzione, li troviamo puntualmente anche in Cesare. Nell’anno del suo consolato (appunto il 59 a.C.) si fece autorizzare da un plebiscito rogato dal tribuno ed amico Publio Vatinio a fondare sul suolo comasco una colonia. Quel che differenziava le due iniziative era la tempra e la genialità degli uomini che erano stati chiamati a realizzarle. Alla ristretta visione di Lepido, tutto teso all’utile suo particolare e ormai lanciato in una folle quanto improvvisata sfida alla oligarchia dominante, si contrappone il lungimirante disegno di Cesare, che inquadra la fondazione di Como in una più vasta e consapevole politica di rivalutazione della Cisalpina, in funzione soprattutto di una espansione militare e commerciale verso le terre d’oltralpe, che egli già nel 59 andava configurando. .
L’evento ebbe larga ed a volte drammatica risonanza, tanto che ne parlano ben sei autori antichi [Catullo, Cicerone, Strabone, Plutarco, Svetonio ed Appiano, di cui due, Catullo e Cicerone, furono perfino testimoni ed in qualche modo implicati.
[Segue ampia discussione sulla legislatura delle colonie]
Ci si è chiesti: perché Cesare, potendo liberamente scegliere lo status giuridico della colonia, optò per la latinità, certamente meno prestigiosa e gratificante? Una risposta esauriente mi porterebbe troppo lontano; dirò solo che a suggerire il comportamento di Cesare fu un accorto calcolo politico, ispirato alla massima prudenza e ad un sano conservatorismo; in poche parole egli rinunciò a fondare una colonia romana per non creare una ‘enclave' di cittadini romani in terre di diritto latino, quali erano il Comasco e la Transpadana, e quindi insinuare un motivo di odiosa ed impopolare discriminazione fra popolazioni di cui aveva grande bisogno per realizzare i suoi ambiziosi progetti. Quando i tempi saranno maturi, e precisamente nel dicembre del 49 a.C., allorché, liquidata ogni resistenza pompeiana in Italia, assumerà la dittatura, non esiterà un sol giorno a soddisfare, tutto in una volta, i suoi pazienti e fedeli sudditi del Nord, concedendo all’intera Cisalpina la cittadinanza romana. ...
Vediamo ora di precisare meglio i tempi e le modalità della fondazione. Lo iussus deducendi, come si è detto, risale al maggio-giugno 59 a.C., quando fu rogata la lex Vatinia; ed è probabile che i lavori (assai impegnativi) di bonifica e di predisposizione dell’area dove sarebbe sorta la colonia iniziassero già in quell’anno. La cerimonia ufficiale, invece, potrebbe essere avvenuta nel 58 a.C., soprattutto se si suppone (come mi pare legittimo, considerando l’importanza dell’evento) che Cesare vi avesse partecipato di persona. Difficilmente lo avrebbe potuto fare nel 59, quando gli impegni assorbenti del consolato ne imponevano la presenza a Roma. Nel 58, invece, durante il suo primo anno di proconsolato, ebbe più di un’occasione per soggiornare in Cisalpina fra una campagna militare e l’altra. A voler essere precisi si potrebbe suggerire la metà di marzo, quando vi transitò per raggiungere a marce forzate Genaba ed assumere il comando della legio X, ovvero alla fine di aprile (perché non il 21, natale di Roma?), quando ritornò ad Aquileia per arruolare nuove truppe, ovvero, e con maggiori probabilità, dall’ottobre in avanti, quando lasciato Labieno in Gallia, attraversò di nuovo le Alpi per svernare nell’Italia settentrionale. Sarebbe interessante stabilire con esattezza il giorno, come è stato fatto, ad esempio, per Pavia. Le principali opere edilizie, e prime fra tutte le mura, furono in ogni caso completate entro il 54 a.C., se Catullo, morto probabilmente in quell’anno, poté celebrarle nel carme 35 (datato in genere al 56 a.C.), in cui invita l’amico Cecilio ad andare a Verona “Novi relinquens Comi moenia Lariumque litus”; e non mi so convincere all’idea, assai diffusa, che questo splendido verso celi solo una figura retorica. Lo dico incidentalmente, ma io credo che anche il carme 17, quello che si apre con l’invocazione alla colonia (Novum Comum?), dai più datato proprio al 59 a.C., rifletta una realtà comasca. 

Novum Comum

La fondazione di Novum Comum
SU 17 FEBBRAIO 2018 DA NOS43 IN COMUNICAZIONE, LAKE COMO, VIAGGI
https://edoardonoseda.com/2018/02/17/la-fondazione-di-novum-comum/

"Infine nel 59 a.C., all’inizio delle guerre galliche, Giulio Cesare fondò Novum Comum, con il fine di assicurare una maggiore capacità di resistenza alle invasioni. Novum Comum venne così detta per essere distinta da Comum Oppidum, la vecchia città espugnata dal console Marcello 140 anni prima. La fondazione di Novum Comum fu un evento di grande risonanza: ne riferiscono ben sei autori: Catullo, Cicerone, Strabone, Plutarco, Svetonio e Appiano. Per consentire la realizzazione dell’impianto urbano furono deviati tre torrenti immissari del lago (Cosia, Valduce, Fiume Aperto), prosciugati gli acquitrini che rendevano inospitale la piana prospiciente il lago e posta mano alla costruzione delle mura della città. ... Il progetto di Cesare, approvato dal Senato romano, fu un’iniziativa in grande scala che coinvolse ben 5.000 nuovi coloni, con le loro famiglie, cui sono da aggiungere i 3.000 coloni condotti da Scipione nel 77 a.C., sempre con famiglia, per un totale di almeno 32.000 persone. Di questi, si pensa che 10.000 circa siano stati ospitati in città mentre gli altri si siano insediati nelle campagne, da poco dissodate e rese produttive. Dei 5.000 coloni portati da Cesare 500 erano della Magna Grecia. È probabile che Cesare intendesse affidare loro, notoriamente abili naviganti, lo sviluppo della navigazione lacuale e dei commerci transalpini."

Su Como, si legga il post sul suo tesoro.

Friday, March 22, 2019

Galba dei Suessoni


Una statera di Galba

Galba dei Suessioni, o semplicemente Galba, è stato un principe e condottiero gallo, re dei Suessioni, popolo stanziato nella Gallia Belgica, nel cui comando succedette a Diviziaco.
Viene menzionato da Cesare nei suoi commentarii. A lui, definito da Cesare giusto e saggio, venne offerto nel 57 a.C. il comando delle tribù belgiche coalizzatesi per contrastare i Romani. 

Cesare, proveniente dalla Gallia cisalpina, fu informato dai suoi alleati Remi, che la coalizione comprendeva tutte le tribù della Gallia Belgica (a cui si erano unite alcune tribù germaniche), con la sola esclusione dei Remi, che offrirono invece ostaggi e vettovaglie per l'esercito romano. Cesare fornisce l'elenco dettagliato dei popoli che presero parte all'alleanza, per un totale di 306.000 armati. La cifra fornita da Cesare è però considerata esagerata dagli studiosi moderni.
Essi appartenevano al popolo dei Bellovaci (con 60.000 armati), Suessioni (50.000 armati), Nervi (50.000), Atrebati (15.000), Ambiani (10.000), Morini (25.000), Menapi (7.000), Caleti (10.000), Veliocassi (10.000), Viromandui (10.000), Atuatuci (19.000), oltre a 40.000 Germani. Tra le popolazioni germaniche sono menzionati i Condrusi, gli Eburoni, i Ceresi ed i Pemani.
Stimiamo gli Eburoni dovessero essere un quarto dei Germani, ossia 10000.
Cesare, con 15 giorni di marcia ininterrotta e dopo avere rifocillato l'esercito nelle terre degli alleati Remi, si accampò a nord del fiume Aisne (affluente dell'Oise). Lo scontro tra i due eserciti avvenne quando i Belgi tentarono di guadare il fiume e si concluse con la vittoria dei Romani.

"Cesare, informato della situazione da Titurio, portò tutta la cavalleria, i Numidi armati alla leggera, i frombolieri e gli arcieri al di là del ponte e marciò contro il nemico. Lo scontro fu violento. I nostri li assalirono mentre stavano attraversando il fiume ed erano in difficoltà. Ne uccisero la maggior parte (di quelli che stavano attraversando il fiume) e respinsero con un nugolo di frecce gli altri che, con estrema audacia, tentavano di passare sui corpi dei caduti, circondarono con la cavalleria e uccisero i primi giunti sull'altra sponda. I nemici si resero conto di non aver più speranze di espugnare la città (Bibrax), né di attraversare il fiume e videro che i nostri non avanzavano, per dare battaglia, su un terreno sfavorevole. Perciò, dato che anche le loro scorte di grano incominciavano a scarseggiare, convocarono l'assemblea e decisero che la cosa migliore era tornare tutti in patria. Sarebbero accorsi in difesa del primo popolo attaccato dai Romani: così avrebbero combattuto nei propri territori, non in quelli altrui, e si sarebbero serviti delle scorte di grano che avevano in patria. Giunsero a tale decisione, tra l'altro, perché avevano saputo che Diviziaco e gli Edui si stavano avvicinando ai territori dei Bellovaci. E non si poteva convincere questi ultimi ad attardarsi e a non soccorrere i loro."

Questa ritirata dei Belgi è disastrosa, secondo Cesare. Egli li insegue, la retrovia dei belgi ingaggia battaglia. Il resto rompe le schiere e si da alla fuga. Ovviamente Cesare, sottolinea che ne ha uccisi quanti più poteva durante il giorno. Tenete sempre presente che il De bello gallico è la collezione dei report che Cesare faceva al Senato. Egli doveva rendere conto del risultato della campagna.  Aver potenziali nemici liberi sul campo, come si evince dal fatto che la gran parte si è data alla fuga, significava per il Senato romano un risultato parziale.

"L'indomani, prima che i nemici potessero riaversi dal terrore e dallo scompiglio della fuga, Cesare condusse l'esercito nei territori dei Suessioni, al confine con i Remi, giungendo a marce forzate alla città di Novioduno. Appena giunto sul posto, tentò di espugnarla, perché si diceva che era sguarnita, ma la larghezza del fossato e l'altezza delle mura non gli permisero di impadronirsene, nonostante che i difensori fossero realmente pochi. Fortificato l'accampamento, provvide a spingere in avanti le vinee e a preparare tutto ciò che serve ad un assedio. Nel frattempo, la notte successiva rientrarono in città tutti i Suessioni che si erano dati alla fuga. Vedendo che i Romani rapidamente accostavano le vinee, innalzavano un terrapieno e costruivano delle torri, i Suessioni, scossi sia dall'imponenza delle opere costruite, mai viste o di cui non avevano mai sentito parlare prima, sia dalla rapidità dei Romani, mandano a Cesare un'ambasceria per offrire la resa. Su richiesta dei Remi, ottengono salva la vita.
Cesare, ricevuti in ostaggio i cittadini più nobili, tra cui due figli del re Galba stesso, dopo la consegna di tutte le armi che vi erano in città, accettò la resa dei Suessioni e guidò l'esercito contro i Bellovaci, asserragliati con tutti i loro beni nella città di Bratuspanzio."

Galba dei Suessioni è stato giusto e saggio, scegliendo l'accordo di pace di cui i figli erano garanti. Questo è il significato dello scambio di "ostaggi". La parola ostaggio non deve essere presa nel significato oggi comunemente usato. 

"Quando Cesare e le sue legioni distavano circa cinque miglia, tutti i più anziani uscirono dalla città e iniziarono a esprimere, a parole e con le mani protese verso Cesare, l'intenzione di porsi sotto la sua protezione e autorità e di non combattere contro il popolo romano. Allo stesso modo, quando Cesare si era avvicinato alla città e poneva le tende, dall'alto delle mura i bambini e le donne, con le mani protese, secondo il loro costume, chiedevano pace ai Romani.
In loro favore parlò Diviziaco, che dopo la ritirata dei Belgi aveva rimandato in patria le truppe edue e raggiunto Cesare: i Bellovaci in ogni circostanza si erano dimostrati alleati e amici degli Edui; a spingere il popolo erano stati i capi con i loro discorsi, sostenendo che gli Edui, ridotti in servitù da Cesare, subivano umiliazioni e offese di ogni sorta; perciò, si erano staccati dagli Edui e avevano dichiarato guerra al popolo romano. I responsabili della decisione, consapevoli del danno provocato alla loro gente, erano fuggiti in Britannia. Alle preghiere dei Bellovaci, che chiedevano a Cesare clemenza e generosità, si aggiungeva l'intercessione degli Edui. E se Cesare avesse risparmiato i Bellovaci, avrebbe accresciuto l'autorità degli Edui presso tutti i Belgi, che erano soliti fornire, in caso di guerra, truppe e mezzi per farvi fronte.
Cesare disse che, per aumentare il prestigio di Diviziaco e degli Edui, avrebbe accolto e tenuto sotto la sua protezione i Bellovaci. Poiché erano un popolo di grande autorità tra i Belgi e molto numerosi, chiese seicento ostaggi. Gli furono consegnati insieme a tutte le armi della città...."

Ho preso la traduzione dal latino del Progetto Ovidio, ed ho lasciato  "ostaggi". 
 DC obsides, ma tradurre obses con ostaggio è una cosa fuorviante. Queste erano le persone date in garanzia della tenuta della pace. Non erano gli ostaggi, come per esempio i civili, presi dai soldati e tenuti con le armi per servirsene come scudi umani. Erano pegni per il futuro. 

obsĕs
[obsĕs], obsidis 
sostantivo maschile e femminile III declinazione
1 ostaggio
2 colui che si fa garante
3 cauzione, garanzia



Tuesday, March 12, 2019

Cesare Chiaramonti


Giulio Cesare ai Musei Vaticani (Courtesy image at the site).
Busto del tipo detto "Chiaramonti".

Monday, March 11, 2019

Da Aquinum a Arelate



Giovanni Corazzi, con cui si è investigato il Cesare di Arles,  mi ha mandato un fantastico scatto, realizzato dalla sua fidanzata, del busto di Aquinum (sopra, a sinistra). Insieme alla fotografia, fatta durante la  presentazione al pubblico del busto scoperto dal team del Prof. Ceraudo, Giovanni mi ha anche mandato l'immagine del busto di Arles (sopra, a destra), allo scopo di realizzare un morphing.
Eccolo!


Guardiamo l'ultimo frame da solo.


Ha avuto ragione Giovanni, ad insistere sul morphing, vero?



Saturday, March 9, 2019

Un Cesare Chiaramonti a Leida (Rijksmuseum van Oudheden, Leiden)

Mi riferisco ad un busto di Cesare che è conservato al Museo di Antichità di Leida.
https://www.rmo.nl/museumkennis/klassieke-wereld/romeinen/julius-caesar/
Il museo possiede due busti. Uno è molto rovinato.
Dice il Museo di questo busto: "Het Rijksmuseum van Oudheden heeft nog een tweede portret van Caesar. Deze marmeren kop (tweede afbeelding) is vrij zwaar gehavend. Het voorhoofd is horizontaal ingekerfd en de kin en de neus zijn grotendeels weggeslagen. De verdwenen neus was trouwens niet de oorspronkelijke; een rond gat bewijst dat er ooit met behulp van een ijzeren pen een nieuwe op is gezet. De hals is schuin afgebroken. De kop zou afkomstig zijn van de Hunerberg in Nijmegen, maar dat is niet zeker. Hij is in 1931 als onderdeel van het legaat van P.A. Gildemeester in het museum terechtgekomen. Hoe hij eraan kwam, is niet bekend; vermoedelijk heeft hij de kop bij een kunsthandel gekocht. Op de Hunerberg in Nijmegen lag tussen 71 en circa 104 na Chr. het kamp van het Tiende Legioen, dat oorspronkelijk door Caesar is opgericht. Het zou dus niet verwonderlijk zijn als in deze legerplaats een beeld stond van de legendarische stichter." "The National Museum of Antiquities has a second portrait of Caesar, this marble head (second image) is quite heavily damaged, the forehead is notched horizontally, and the chin and nose are largely smashed away. The missing nose was not the original one. A round hole proves that with an iron pen a new nose had been set up, the neck is cut off obliquely. The head would come from the Hunerberg in Nijmegen, but that is not certain. It was in 1931, as a part of the legacy of P.A. Gildemeester in the museum. How he got it is not known; presumably he bought the head at an art shop. On the Hunerberg in Nijmegen, between 71 and circa  104 AD, there was the camp of the X Legion,a legion originally established by Caesar. So it would not be surprising if there was a portrait of the founder, in this camp. "

Il Cesare di cui si parla lo vedete a sinistra nell'immagine seguente. Ma di che Cesare si tratta? Ossia, di quale tipo di ritrattistica antica di Cesare? Alcuni ritratti di Cesare sono come quello del Museo Chiaramonti (Musei Vaticani), e lo vedete a destra. Altri sono come quello del tipo Tuscolo, oggi al Museo Archeologico di Torino. Ho provato a miscelare il ritratto di Leida con quello di Tuscolo - e potete vedere il risultato al link - ma è molto meglio se si usa il ritratto Chiaramonti. 



L'immagine è un morphing dal busto Leida al Chiaramonti. Guardate i capelli, gli occhi, la bocca, e la forma stessa della testa. E' un Chiaramonti.



Ho fatto in precedenza alcuni morphing anche con altri busti, ma ora mi sono convinta per il Chiaramonti.  Come mai non ho apprezzato subito nel busto di Leida un Chiaramonti? C'è un motivo. Il Museo di Leida ha commissionato una ricostruzione in 3D, di cui discussi abbondantemente, nella quale chi ha fatto la ricostruzione ha usato il busto di Tuscolo per ricostruire le parti mancanti del viso, e questo è stato fuorviante.
Peccato non aver puntato sul Charamonti. Il risultato sarebbe stato molto migliore, e anche più corretto dal punti di vista della comparazione stilistica dei busti. 



Ecco come poteva apparire in origine il busto di Leida, se lo pensiamo del tipo Chiaramonti.
In effetti, il naso del Chiaramonti è un restauro moderno, come anche il profilo della bocca. Ma non per questo è possibile usare il Tusculum.


Il  Cesare Chiaramonti è un busto di Gaio Giulio Cesare, in marmo bianco lunense, altezza totale 52 cm (il solo volto h. cm 26). Databile all'età augustea (44-30 a.C.). Oggi conservato nei Musei Vaticani (Museo Pio Clementino, Galleria dei busti, inv. 713). Questa testa di Cesare, insieme al ritratto conservato al Camposanto Monumentale di Pisa, è riconosciuto unanimemente come ritratto di G. Giulio Cesare e viene detto "Chiaramonti-Pisa". Nel 44 a.C. il Senato di Roma decise che Cesare avrebbe avuto una sua statua in ogni tempio di Roma e dell'Italia (Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XLIII, 14 e 45; XLIV, 4).
Da https://it.wikipedia.org/wiki/File:Gaius_Iulius_Caesar_(Vatican_Museum).jpg

La folta capigliatura del Cesare Chiaramonti non era quella di Cesare, che notoriamente, per pronunciata calvizie, usava pettinarsi riportando i capelli in avanti.  Sul Chiaramonti c'è una capigliatura come quella di Ottaviano Augusto, segno che Augusto voleva avere delle statue di Cesare che fossero a lui somiglianti il più possibile. La mamma di Ottaviano, Azia, era la figlia della sorella di Cesare, Giulia minore, e di Marco Azio Balbo; Ottaviano, pertanto, era pronipote di Cesare.
Insomma, c'era aria di famiglia.

Su Augusto. http://www.storiainrete.com/9380/in-primo-piano/dal-senato-ai-tweet-in-latino-cosi-augusto-invento-la-politica/
"Fin qui il politico. Ma l’uomo? Un attentatore arrivò a tiro di daga, ma fu bloccato dalla dolcezza aliena del suo sguardo. Scultori e bronzisti hanno consumato molto materiale per tramandarne le fattezze. Un eterno ragazzo, fuori dal tempo, con le ciocche ribelli, color sabbia, sulla fronte pensosa, corazzato per una parata di trionfo, più che per una battaglia vera. Un sacerdote dei riti. Una padre della famiglia e della patria. Un custode delle tradizioni."


Secondo le descrizioni degli storici, Ottaviano Augusto aveva gli occhi azzurri, di un colore intenso,  capelli castano chiarissimo, quasi biondi, inoltre si diceva fosse molto bello. Insomma, un bjuŋd, che, in Piemontese, non significa solo "biondo", significa anche "bello". Doveva somigliare a Cesare, altrimenti il suo rimarcarne il legame familiare non avrebbe avuto senso. 

Sunday, February 3, 2019

Augusta Taurinorum nella Gallia Cisalpina

"A colony near the Po and Dora rivers, founded probably ca. 25 B.C., about the time that the capital of the Salassi (Augusta Praetoria Salussorum) was founded. Both reflect Roman strategic needs and tactical initiatives in the area W of the Po valley. The Romans also needed new centers for veterans and for those incolne whom the Lex Pompeia de Gallia Citeriore had Romanized."
http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus:text:1999.04.0006:entry=augusta-taurinorum

GALLIA CISALPINA (o Gallia Citerior, Κελτικὴ ἡ ἐντὸς Αλπεων). - Si disse così in età romana, per contrapposto a Gallia trans Alpes o Transalpina, quella regione della penisola italica che rimane a settentrione della linea Ariminum-Pisae (Rimini-Pisa), dove giungeva, sino all'anno 90 a. C. e alla lex Iulia de civitate, l'Italia in senso stretto della parola. La Gallia Cisalpina fu - come si crede - organizzata a provincia da Silla, che per primo stabilì, secondo uno dei cardini della sua riforma, un confine politico fra l'Italia sottoposta alle magistrature ordinarie romane, dove un comando di truppe non doveva essere di regola tenuto, e la Gallia sottoposta per necessità a un magistrato fornito d'imperio proconsolare. Silla avrebbe anche portato il confine d'Italia dal fiume Aesis (l'Esino) al Rubicone, limite settentrionale del territorio di Rimini. Secondo altri l'organizzazione della Gallia Cisalpina a provincia sarebbe avvenuta in conseguenza della legge Vatinia che nel 59 a. C. assegnò a Cesare le provincie galliche; secondo altri, meno verosimilmente, nel 217 o nel 206 a. C. La provincia fu soppressa nel 42 a. C., dopo la battaglia di Filippi, quando il confine d'Italia fu portato al nord fino ai piedi delle Alpi e ad est dapprima sino al fiume Formio (odierno Risano poco a sud di Trieste), dipoi con Augusto sino al fiume Arsia (odierno Arsa) sul Quarnero.
Nell'età dell'indiscussa esistenza della provincia Gallia Cisalpina, e cioè dal 59 al 42, la provincia abbracciava approssimativamente il territorio dei Liguri e dei Galli Cisalpini, e il territorio dei Veneti: ... . Il territorio a settentrione dei grandi laghi alpini e la Valtellina erano ancora indipendenti da Roma; e indipendente era la massima parte delle altre popolazioni alpine. I Salassi della Val d'Aosta furono sottomessi solo nel 25 a. C., e i popoli delle Alpi occidentali e centrali non entrarono nell'organizzazione politica di Roma prima del 15 o del 14 a. C. Per riferirci alla posteriore divisione augustea dell'Italia in undici regioni, possiamo dire che della Gallia Cisalpina facevano parte - nei limiti fino allora sottoposti ai Romani - le regioni VIII (Gallia cis Padum o Aemilia), IX (Liguria), X (Venetia et Histria), XI (Transpadana). ...
Quando in dipendenza della guerra sociale e per effetto della lex Iulia de civitate (90 a. C.) e della lex Plautia Papiria (90-89 a. C.) le colonie latine divennero municipî romani, e la cittadinanza romana fu concessa anche alle città confederate, quasi tutta la Gallia a mezzogiorno del Po (l'espressione Gallia cispadana non fu mai adoperata dagli antichi) perveniva al diritto di città. Oltre alle colonie romane di Parma e di Mutina, e oltre alle colonie latine di Placentia e di Bononia, si erano infatti venuti costituendo tra il Po e il Rubicone, per effetto specialmente delle larghe assegnazioni viritane, numerosi centri romani che, per trovarsi di norma iscritti alla tribù Pollia, ci dànno un'idea dell'intensità della colonizzazione romana. Sono di fondazione romana e - per quei centri di cui la tribù è nota - iscritti alla Pollia i Fora Clodii, Cornelii, Druentinorum, Lepidi (più spesso detto Regium Lepidi), Licinii, Livii (?), Popilii, Forum Novum, e anche Claternae, Faventia, e, come sembra, Fidentia. In territorio romano erano altresì Tannetum, e, a cagione della sua ubicazione, certo anche Caesena. Tra le città confederate è soprattutto da ricordare Ravenna.
Ma nella Cisalpina a settentrione del Po (che fu detta di poi Italia transpadana e Regio Transpadana), pochi erano i centri romani, all'infuori delle antiche colonie latine di Cremona e di Aquileia, e oltre la colonia romana di Dertona (od. Tortona) fondata circa il 120 in territorio dei Liguri, e l'altra colonia romana di Eporedia (od. Ivrea) fondata nel 100, dopo la vittoria dei Campi Raudî; onde relativamente scarse erano le popolazioni che, pur dopo la lex Iulia de civitate, godevano dei diritti di città o della latinità (di Aquileia taluni credono che rimanesse colonia di diritto latino anche dopo la lex Iulia). Per venire incontro ai desiderî di tali popolazioni fu votata una lex Pompeia de Gallia citeriore che con una finzione giuridica trasformò in colonie di diritto latino quei comuni che avevano già un sufficiente grado di civiltà e di romanizzazione. Nel territorio dei veneti divennero colonie di diritto latino Ateste, Patavium, Vicetia; il territorio dei Cenomani divenne la colonia latina di Brixia, il territorio degli Orumbovii fu organizzato nella colonia di Bergomum, quello dei Boi alla sinistra del Po nella colonia di Laus Pompeia (od. Lodi), quello degli Insubri nella colonia di Mediolanum, quello dei Laevi nella colonia di Ticinum (od. Pavia); quello dei Vertamacori nella colonia di Novaria, quello dei Libici nella colonia di Vercellae; colonia di diritto latino divenne anche l'etrusca Mantua. Sulla destra del Po divennero colonie latine, nel territorio dei Liguri, Veleia (od. Velleia), Aquae Statiellae (od. Acqui), Albingaunum (od. Albenga) - centri rispettivamente dei territorî dei Veleiates, degli Statielli e degl'Ingauni - e senza dubbio anche Alba Pompeia (od. Alba), Genua (od. Genova), Tigullia, Libarna (od. Serravalle). Quanto ai distretti montani che non avevano raggiunto ancora un grado di cultura bastevole per essere organizzati a colonie latine, essi furono attribuiti o alle colonie latine di nuova formazione, o ai preesistenti comuni di diritto romano.
Finalmente nel 49 a. C. ai Transpadani fu conferito da Cesare il pieno diritto di città, come essi ardentemente desideravano. Nel 42 a. C. la Gallia Cisalpina, riunita all'Italia, cessò di esistere come provincia. La denominazione Gallia Cisalpina rimase però ancora nell'uso corrente, secondo che indicherebbe l'intitolazione di una delle leggi che regolarono l'organizzazione dei nuovi municipî, e cioè la lex de Gallia Cisalpina, da taluni ritenuta posteriore al 42 a. C.
GALLIA CISALPINA di Salvatore Aurigemma - Enciclopedia Italiana (1932)

Nel testo del 1932 è evidente l'equivalenza cultura e grado di civilizzazione con romanizzazione. 

Thursday, January 24, 2019

Popilio Lena

CESARE - Le Idi di marzo sono arrivate.
INDOVINO - Sì, Cesare, ma non passate.
ARTEMIDORO - Salve, Cesare! Leggi questa carta.
DECIO - Trebonio desidera che tu legga, appena ti è comodo, questa sua umile supplica.
ARTEMIDORO - Oh, Cesare, leggi prima la mia, perché la mia è una supplica che tocca Cesare più da vicino. Leggila, grande Cesare.
CESARE - Quella che tocca noi stessi sarà consegnata per ultima.
ARTEMIDORO - Non tardare, Cesare. Leggila immediatamente.
CESARE - Ma è pazzo quest'uomo?
PUBLIO - Pezzente, fatti da parte.
CASSIO - Ma come, presentate le vostre petizioni per strada? Venite in Campidoglio.
Cesare e gli altri entrano in Senato.
POPILIO - Vi auguro che la vostra impresa, oggi, abbia successo.
CASSIO - Quale impresa, Popilio?
POPILIO - (a Cassio) A dopo.
BRUTO - Che ha detto Popilio?
CASSIO - Ci ha augurato che la nostra impresa, oggi, abbia successo. Temo che il nostro piano sia stato scoperto.
BRUTO - Guarda come s'avvicina a Cesare. Osservalo.
CASSIO - Casca, sii rapido, temiamo d'essere presi d'anticipo. Che faremo, Bruto? Se la cosa viene saputa, o Cassio o Cesare non tornerà via di qui, perché io mi ucciderò.
BRUTO - Cassio, sta' saldo. Popilio Lena non parla del nostro piano, perché, vedi?, sorride, e Cesare non cambia faccia.
CASSIO - Trebonio rispetta i tempi; guarda, Bruto, si porta via Marc'Antonio.

http://www.shakespeare-online.com/essays/fromhistorytostage.html
"Shakespeare is clearly borrowing from Plutarch in the creation of these scenes, and the changes he makes in rearranging the language serve as a dramatic aid, flashing back to prior events and relating material that was to the audience yet unknown. In addition to using this technique to capture the audience's attention, Shakespeare uses suspense to keep their focus on the stage. Plutarch, however, was not a master of suspense. His narration of Caesar's story is concise and to the point, leaving little room for plot speculation. For Shakespeare's dramatic purposes this was unacceptable, and some of the changes he makes from Plutarch are designed to invigorate the tale with uncertainty. The effects of this are present in Shakespeare's adaptation of the moments before Caesar's assassination. As the conspirators prepare to finally undertake the action they had been plotting, Popilius Lena approaches them and warns that their plan is not entirely secret. .... Plutarch creates no ambiguity concerning the statement. Popilius Lena clearly favors the assassination and informs Cassius and Brutus that the cat was out of the bag. Although Shakespeare certainly derives his scene from Plutarch, he treats the incident somewhat differently."

Wednesday, January 23, 2019

Via Cottia per Alpem

Dal sito
http://www.comune.claviere.to.it/it-it/vivere-il-comune/storia
"Giulio Cesare vi passò per la prima volta nel 58 a.C., quando fu nominato proconsole della Cisalpina e della Transalpina: compì il viaggio da Roma a Ginevra in 8 giorni, percorrendo in media 150 Km al giorno e vi ripassò più volte in occasione delle 8 campagne che seguirono fino al 51 a.C.. Dopo aver domato le diverse tribù montane, Cozio, alleato di Cesare decise di far costruire una strada più adatta al transito delle legioni. La "via Cottia per Alpem" partiva da Torino e passava per Susa (Segusium), Oulx (Villa Martis), Cesana (Gadaone o Gaesao) e superava le gorge spaventose di Claviere, più tardi messe sotto la protezione di San Gervaso. Qui la roccia a strapiombo era intagliata per una larghezza di oltre 2 metri e mezzo, permettendo di arrivare al colle dove sorse un tempietto in onore del Dio Giano (che ha dato il nome al monte Ianus). Di qui il tragitto per Brigantio, l'attuale Briançon, era più facile e agevole. In questa conca sarebbe sorto il villaggio di Claviere (Las Clavieras nel medioevo) e possiamo immaginare il sollievo dei viandanti che vi giungevano anche in pieno inverno nonostante le forti nevicate e i pericoli di valanghe e slavine. I montanari erano soliti segnare il cammino con lunghe pertiche infisse nel terreno."

Friday, November 23, 2018

Il report di Giulio Cesare sulla guerra contro Usipeti e Tencteri

Nel post Caesar's Propaganda? XenophonTheAthenian's answer ed in altri post si è evidenziato come il testo del De Bello Gallico fosse basato su report fatti da Cesare, e altri suoi generali, al Senato di Roma. Il De Bello Gallico vediamolo quindi come un insieme di tali report, adeguati da Cesare alla forma di un libro. Questo spiega anche l'uso della terza persona ed una certa non uniformità stilistica. Per mostrare come sono alcuni di questi report, prendiamo quello relativo alla guerra contro i Germani (Usipeti e Tencteri, nel Libro IV). Il quarto libro ci appare su alcuni punti  non preciso. Questa apparenza deriva dal seguente fatto: i Senatori di Roma erano ovviamente già a conoscenza di tattiche e strategie dell'esercito Romano, come ad esempio quante e quali legioni avesse Cesare in Gallia e quindi non necessitavano di spiegazioni dettagliate.

Liber IV E' il libro del De Bello Gallico che comincia con quanto accadde nel 55 AC. Usipeti e Tencteri passano il Reno ed arrivano in Gallia, uccidono e scacciano i Menapii dalle loro terre, e si aggirano tra le tribù locali. Cesare dice che gli Usipeti e i Tencteri, tormentati da un'altra popolazione germanica, quella degli Suebi, molto più numerosi e pericolosi, avevano dovuto abbandonare le loro terre e dopo aver vagato per tre anni erano arrivati alle terre dei Menapii, che si estendevano sia da una parte che dall'altra del Reno. Avevano eliminato i Menapii ingannandoli; avevano finto di ritirarsi e poi erano tornati ad attaccarli a sorpresa facendone strage. Si erano così potuti  impossessare delle loro imbarcazioni, necessarie per attraversare in massa il Reno, e di riserve alimentari e casolari per superare l'inverno. In effetti, anche se non detto da Cesare, essi avevano sostituito i Menapii nel controllare il passaggio sul Reno tra i territori dei Galli e quelli dei Germani.
A questo antefatto, nel quarto libro del De Bello Gallico, segue una ampia descrizione degli Suebi. C'è anche una descrizione di come combatte la cavalleria germanica. I cavalieri hanno cavalli più piccoli di quelli dei Romani o dei Galli, ma che sono stati addestrati a restar fermi sul posto quando il cavaliere smonta, e ad aspettarlo immobili anche nel clamore della battaglia. La cavalleria dei Germani è formidabile, come anche la prestanza fisica della popolazione.
Cesare, informato di quanto accaduto ai Menapii, lascia l'Italia in anticipo e torna in Gallia e raggiunge l'esercito ai suoi alloggiamenti invernali, temendo una rivolta dei Galli. "Appena giunto, apprese che i suoi sospetti si erano avverati: parecchi popoli avevano inviato ambascerie ai Germani, chiedendo che varcassero il Reno e promettendo di esaudire ogni loro richiesta. I Germani, attratti da tali speranze, già si stavano spingendo più lontano ed erano pervenuti nelle terre degli Eburoni e dei Condrusi, clienti dei Treviri." (dal De Bello Gallico, tradotto dal Progetto Ovidio, LIBRO IV)
In questo modo Cesare ha chiarito (al Senato di Roma) la necessità delle azioni seguenti.

Le trattative  Preparate le scorte di grano e arruolati i cavalieri tra i Galli, Cesare marciò col suo esercito verso i territori in cui era segnalata la presenza dei Germani. Era a pochi giorni di distanza - dall'accampamento dei Germani -, "quando gli si presentarono emissari dei Germani che parlarono nei termini seguenti: non erano i Germani a muovere per primi guerra al popolo romano, ma non avrebbero rinunciato allo scontro, se provocati, perché avevano la consuetudine, tramandata dai padri, di difendersi e di non implorare gli aggressori, chiunque essi fossero. Tuttavia precisavano di esser giunti contro il loro volere, scacciati dalla patria; se i Romani volevano il loro sostegno, i Germani avrebbero potuto diventare utili alleati; chiedevano l'assegnazione di nuovi territori oppure il permesso di mantenere le regioni occupate con le armi. Erano inferiori solo agli Suebi, che neppure gli dei immortali potevano uguagliare; ma di tutti gli altri popoli sulla terra non ce n'era uno che i Germani non potessero superare." [traduzione, progetto Ovidio].
Sapendo di aver scacciato un popolo dalla sua terra e di star devastando le terre di altre tribù, i Germani argomentano, durante le trattative, che stavano facendo perché scacciati a loro volta dagli Suebi. Fanno però una precisazione. Loro non hanno problemi con Roma, intendendo che ci si può mettere d'accordo. Che Roma lasci a loro le terre che hanno occupato con la forza. Aggiungono che se provocati, reagiranno.
Cesare rispose che "non poteva stringere con loro alcuna alleanza, se rimanevano in Gallia; e non era giusto che occupasse le terre altrui chi non era riuscito a difendere le proprie; in Gallia non c'erano regioni libere da poter assegnare - tanto meno a un gruppo così numeroso - senza danneggiare nessuno, ma concedeva loro, se lo volevano, di stabilirsi nei territori degli Ubii, che gli avevano inviato emissari per lamentarsi dei soprusi degli Suebi e per chiedergli aiuto: ne avrebbe dato ordine agli Ubii." Quindi, ad una possibile domanda dei Senatori (ricordiamo appunto che questo era un report al Senato di Roma): Cesare ha fatto di tutto per allontanarli dalla Gallia, senza ricorrere alla forza? Anzi, di sistemarli presso un popolo amico? La risposta è positiva. Cesare ha infatti proposto, dopo la loro richiesta di stabilirsi in Gallia, un loro stanziamento tra gli Ubii. Dato che anche gli Ubii erano tormentati dagli Suebi, l'unione dei popoli sarebbe stata di sicuro fruttuosa per entrambi.
"I membri dell'ambasceria dissero che avrebbero riferito e che si sarebbero ripresentati dopo tre giorni con la risposta. Chiesero a Cesare, però, di non avanzare ulteriormente nel frattempo. Cesare dichiarò di non poter concedere neppure questo. Era venuto a conoscenza, infatti, che i Germani, alcuni giorni prima, avevano inviato gran parte della cavalleria al di là della Mosa, nella regione degli Ambivariti, a scopo di razzia e in cerca di grano. Riteneva, dunque, che stessero aspettando i loro cavalieri e che, a tal fine, cercassero di prendere tempo."
Questo è un passo molto interessante, perché Cesare dice che la cavalleria dei Germani era "ad Ambivaritos trans Mosam missam", per fare razzia, oltre che per raccogliere provvista di grano. Non si sa bene però dove siano stati gli Ambivariti, ma Cesare dice che erano oltre la Mosa. Il testo continua con la descrizione geografica seguente: "Mosa nasce dai monti Vosgi, nella regione dei Lingoni; a non più di ottanta miglia di distanza dall'Oceano, si getta nel Reno." Abbiamo quindi anche una certa indicazione geografica del posto dove si trovavano Cesare e i Germani. Si deve però notare che alcuni ritengano questa digressione geografica come spuria, ovvia un passaggio aggiunto in seguito.
"Cesare non distava più di dodici miglia (18 km circa) dal nemico, quando i membri dell'ambasceria ritornarono, secondo gli accordi. Gli si presentarono che era in marcia e lo pregavano, invano, di non avanzare ulteriormente. Gli chiedevano, allora, di dar ordine alla cavalleria, posta all'avanguardia, di non aprire le ostilità e gli domandavano il permesso di inviare un'ambasceria agli Ubii: se i capi e il senato degli Ubii avessero fornito garanzie mediante un giuramento solenne, si dichiaravano pronti ad accettare le condizioni proposte da Cesare. Ma, per condurre a termine le operazioni necessarie, chiedevano tre giorni di tempo. Cesare riteneva che la richiesta mirasse sempre a consentire, nei tre giorni di tregua, il rientro dei cavalieri che si erano allontanati; tuttavia, disse che per quel giorno si sarebbe spinto in avanti non oltre le quattro miglia, al solo scopo di rifornirsi d'acqua, ma comandò che l'indomani si presentassero lì nel maggior numero possibile per conoscere la sua risposta. Al tempo stesso, ai prefetti della cavalleria, che precedeva l'esercito, manda dei messi con l'ordine di non provocare a battaglia i nemici e di difendersi, in caso di attacco, fino al suo arrivo con le legioni."
I Germani chiedono quindi a Cesare di non aprire le ostilità e la cosa è accettata. Infatti Cesare ordina ai suoi di non provocare battaglia, ma solo di difendersi. Notate anche che dichiara di avere detto, in modo inequivocabile, ai Germani che non si sarebbe fermato. Interessante è anche ciò che dice sul rifornimento d'acqua, segno che i Romani si stavano avvicinando alla Mosa, probabilmente.
Leggendo quanto dice Cesare, mi sembra che tra Romani e Germani ci fosse una situazione simile ad una tregua, dove Cesare rinunciava ad attaccare, pur continuando ad avanzare.

L'attacco dei Germani
"Ma i nemici, non appena videro la nostra cavalleria - benché contasse circa cinquemila unità, mentre essi non erano più di ottocento, non essendo ancora rientrati i cavalieri che avevano varcato la Mosa in cerca di grano - si lanciarono all'attacco e scompaginarono in breve tempo i nostri, che non nutrivano alcun timore, in quanto l'ambasceria dei Germani aveva appena lasciato Cesare chiedendo, per quel giorno, tregua. Quando i nostri riuscirono a opporre resistenza, gli avversari, secondo la loro tecnica abituale, balzarono a terra e, ferendo al ventre i cavalli, disarcionarono molti dei nostri e costrinsero alla fuga i superstiti, premendoli e terrorizzandoli al punto che non cessarono la ritirata se non quando furono in vista del nostro esercito in marcia. Nello scontro perdono la vita settantaquattro nostri cavalieri, ..."
Quindi, durante le trattative per un accordo, con in atto una specie di tregua (Cesare aveva detto che non si sarebbe fermato, ma che non avrebbe attaccato se incontrava nemici), 800 cavalieri germani assalgono la cavalleria dell'esercito dei romani, che era composta da cavalieri della Gallia uccidendone molti. La palese conseguenza è che non ci si può fidare di loro, e che quindi è uopo agire nel modo migliore, ossia trovare come respingerli oltre il Reno senza perdite rilevanti. Lo scontro coi Germani ha infatti mostrato a Cesare che non ha una cavalleria adatta a reggere l'urto dei cavalieri germani. Senza la cavalleria adatta, le sue legioni sarebbero state in gran pericolo se attaccate da questi cavalieri germani. La stessa informazione, ovviamente, l'avevano anche i Germani che potevano pensare di aver facile vittoria, se i Romani si fossero dovuti scontrare con tutta la loro cavalleria.

Mi pare doverosa un'osservazione. Si potrebbe dire che Cesare, rifiutando di fermarsi e continuando ad avanzare col suo esercito, abbia volutamente provocato l'attacco da parte di ottocento cavalieri germani, così da aver la scusa di attaccare il campo. Questo però non può essere plausibile. Cesare, con tutto l'esercito, si stava muovendo verso i Germani da giorni e giorni, e quindi era palese che i Romani erano decisi ad attaccare. I Germani lo sapevano: erano ben consci che Cesare non si sarebbe fermato. Hanno tentato di prender tempo, aspettando l'arrivo del grosso della loro cavalleria. Del resto, proprio a seguito dell'attacco dei cavalieri germani, Cesare sa che non ha altro modo di procedere, se non di attaccare al più presto.

"Dopo tale scontro, Cesare ormai non stimava giusto ascoltare gli ambasciatori o accogliere le proposte di un popolo che, dopo aver chiesto pace, aveva deliberatamente aperto le ostilità con agguati e imboscate; d'altro canto, considerava pura follia aspettare che il numero dei nemici aumentasse con il rientro della cavalleria e, ben conoscendo la volubilità dei Galli, intuiva quanto prestigio i Germani avessero già acquisito con una sola battaglia; perciò, riteneva di non dover assolutamente concedere loro il tempo di prendere decisioni."

Accade però un fatto inaspettato, come Cesare stesso dice. "Aveva già assunto tali risoluzioni e informato i legati e il questore che non intendeva differire l'attacco neppure di un giorno, quando si presentò un'occasione veramente favorevole: proprio la mattina seguente i Germani, sempre con la stessa perfida ipocrisia, si presentarono al campo di Cesare, in gran numero, con tutti i principi e i più anziani. Volevano, a detta loro, sia chiedere perdono per l'attacco sferrato il giorno precedente contro gli accordi e le loro stesse richieste, sia ottenere, se possibile, una dilazione: ma il solo scopo era di tendere una trappola. Cesare, lieto che gli si fossero offerti, ordinò di trattenerli, portò fuori dall'accampamento tutte le sue truppe e ordinò alla cavalleria di chiudere lo schieramento, ritenendola ancora scossa per la recente sconfitta.
Cesare ha ricevuto nel suo campo molte persone, anziani e notabili, che, come dice lui stesso, si vengono ad offrire quasi in pegno per ottenere una dilazione. Non li definisce più ambasciatori;  dopo l'attacco a tradimento da parte dei cavalieri germani, tutto ciò che era stato concordato in precedenza era decaduto. Si erano quindi presentati nell'accampamento romano senza alcuna forma di tutela garantita,ì dagli accordi pregressi, automaticamente decaduti dall'attacco dei Germani.

L'attacco al campo "Disposto l'esercito su tre file, percorse rapidamente otto miglia [12 km] e piombò sul campo nemico prima che i Germani potessero rendersi conto di cosa stava accadendo. I nemici, atterriti per più di una ragione, dall'arrivo improvviso dei nostri, dall'assenza dei loro, dal non avere il tempo di prendere alcuna decisione, né di correre alle armi, erano incerti se conveniva affrontare i Romani, difendere l'accampamento o darsi alla fuga. I rumori e la confusione davano il segno del timore che regnava tra i nemici; i nostri, irritati dal proditorio attacco del giorno precedente, fecero irruzione nel campo avversario. Qui, chi riuscì ad armarsi in fretta, per un po' oppose resistenza, combattendo tra i carri e le salmerie; gli altri, invece, ossia le donne e i bambini (infatti, avevano abbandonato le loro terre e attraversato il Reno con le famiglie) si diedero a una fuga disordinata. Al loro inseguimento Cesare inviò la cavalleria."
Avvicinandosi all'accampamento dei Germani, Cesare dispone l'esercito "acie triplici instituta", ossia nella tipica formazione di battaglia, ed invece di porre la cavalleria ai lati delle legioni come era d'uso, la tiene dietro di esse. La cavalleria dei Galli, ci dice Cesare, si era infatti impaurita per l'attacco proditorio durante la tregua. Su di essa Cesare non può fare sicuro affidamento. Il ruolo di questa cavalleria sarà quello di inseguire e radunare quei Germani (donne e bambini) che, quando i romani irrompono nel campo si danno a fuga disordinata.  Nello specifico, cosa ha fatto la cavalleria dei Galli ai fuggiaschi, e che fine hanno fatto donne e bambini, Cesare non dice.

SUOS  I Germani sono disorientati, poiché mancavano i capi, ed anche il grosso della cavalleria, con cui erano abituati a combattere (lo si vede dal rumore e dall'agitazione del campo). Sono anche rimasti sorpresi dalla velocità con cui sono arrivati i Romani in formazione da battaglia. I soldati romani fanno irruzione nel campo (milites nostri pristini diei perfidia incitati in castra inruperunt). Deve essere chiaro quindi che i romani hanno superato le prime difese dei germani.
"I Germani, udendo gran clamore alle loro spalle e vedendo che i loro venivano colpiti, gettarono le armi, abbandonarono le insegne e fuggirono dall'accampamento. Giunti alla confluenza della Mosa con il Reno, dove non avevano più speranze di fuga, molti vennero uccisi, gli altri si gettarono nel fiume e qui, vinti dalla paura, dalla stanchezza, dalla forte corrente, morirono. I nostri, tutti salvi dal primo all'ultimo, con pochissimi feriti, rientrarono al campo dopo le apprensioni nutrite per uno scontro così rischioso, considerando che il nemico contava quattrocentotrentamila persone."
Cesare dice che, sentendo gran clamore alle loro spalle e vedendo i loro (in Latino, suos) cadere, i Germani si diedero alla fuga. Cosa sono i clamori che sentono i Germani? Quelli della battaglia. Alle loro spalle? Una spiegazione ragionevole è che, dato che il campo doveva avere dimensioni ragguardevoli, come discutiamo più avanti, i Romani, siano penetrati nel'accampamento, sfondando le sue difese nei punti in cui erano più deboli e che una volta penetrati nell'accampamento, abbiano attaccato i Germani, quelli che stavano fronteggiando l'esercito romano, alle spalle. Chi sono quindi quelli che i Germani vedono cadere? I loro commilitoni. Non potevano vedere che cosa succedeva a donne e bambini, che erano fuggiti dal campo in tutte le direzione all'irruzione dei romani, tanto che Cesare manda la cavalleria a cercarli.
Vi mostro come Andrea Palladio aveva immaginato lo scontro tra romani e germani in una edizione del De bello Gallico del 1575. Palladio mostra il campo circondato da carri e salmerie, dove, come dice Cesare, i romani combattono coi germani. Mostra i punti deboli della difesa e l'esercito romano schierato con la cavalleria alle spalle. Nella stessa immagine, mostra anche quello che succede in un secondo tempo, ossia i guerrieri che fuggono verso il fiume coi romani che li inseguono.


 Ecco come Andrea Palladio vede la battaglia.

Alcune traduzioni rendono il testo dicendo che i Germani, uditi i clamori, avevano visto i loro parenti (donne e bambini) uccisi dalla cavalleria. Aggiungono che i guerrieri si erano dovuti girare per guardare, una cosa che nel testo Latino non c'è. In effetti, i Germani hanno sentito clamore allo loro spalle, ma perché i legionari erano entrati nel campo e li stavano accerchiando e chiudendo tra più  fronti, attaccandoli alle spalle. Ricordate che la cavalleria era dietro le legioni, e la cavalleria non aveva ragione di penetrare nel campo, dove non poteva muoversi in squadra ed un singolo poteva diventare facile preda dei germani. Gli unici romani, quindi, che i germani potevano vedere alle loro spalle erano i legionari.
Cesare comanda la cavalleria alla ricerca di donne e bambini, che son fuggiti dal campo all'arrivo dei romani. In ogni caso, i Germani non hanno visto donne e bambini uccisi, hanno visto i loro commilitoni uccisi dai romani entrati nel campo! Germani post tergum clamore audito, cum suos interfiei viderent, armis abiectis signis militaribus relictis se ex castris eiecerunt.  Notate, e lo ripeterò fino alla nausea, che il "suis" latino significa anche "partigiano", ossia della stessa fazione politica o militare, e "compagno d'arme", non solo "familiare".

Il motivo per cui insisto su questo punto lo spiego ancora una volta in dettaglio. Molte traduzioni Italiane, Francesi e Tedesche traducono il suos lasciando semplicemente "i loro" (ed equivalente in Francese e in Tedesco), senza specificare chi siano questi "loro".  L'Inglese, che non ha la locuzione adatta per dire "i loro" (diciamo meglio, potrebbe essere un theirs, ma non è bella), si trova a dover usare un sostantivo, e, nella maggior parte delle traduzioni, il suos  risulta indicare i familiari. In alcuni pochi casi si trova friends o companions. Ma tante traduzioni inglesi ci vedono il significato di famiglia.
Faccio un esempio. Il testo è Commentaries on the Gallic War. Translated into English by T. Rice Holmes. Publication date 1908:  "but  the host of women and children (for they had left their country and crossed the Rhine with all their belongings) began to flee in all directions; and Caesar sent his cavalry to hunt them down. The Germans heard the shrieks behind, and, seeing that their kith and kin were being slaughtered, threw away their weapons, abandoned their standards, and rushed out of the camp." Da questa traduzione si vede che Cesare è reso come massacratore di donne e bambini. Ma non sono solo i traduttori inglesi. Ci sono traduzioni che lasciano "i loro", ma mettono delle note che dicono che "i loro" sono le donne e i bambini, come per esempio nella traduzione di Franco Manzoni per Mursia, 1989.

Un excursus sul clamore Parliamo di cosa succede ad Alesia, per chiarire la questione del clamore e il suo effetto sui guerrieri. Anche se la situazione è diversa, mi preme mettere in luce che Cesare usa la locuzione del "post tergum clamore", per indicare il nemico, o in generale le truppe armate,  prese alle spalle. Andiamo al De bello gallico VII,84. [84] Vercingetorix ex arce Alesiae suos conspicatus ex oppido egreditur; crates, longurios, musculos, falces reliquaque quae eruptionis causa paraverat profert. Pugnatur uno tempore omnibus locis, atque omnia temptantur: quae minime visa pars firma est, huc concurritur. Romanorum manus tantis munitionibus distinetur nec facile pluribus locis occurrit. Multum ad terrendos nostros valet clamor, qui post tergum pugnantibus exstitit, quod suum periculum in aliena vident salute constare: omnia enim plerumque quae absunt vehementius hominum mentes perturbant.
Ossia, Vercingetorige vede i suoi dalla rocca di Alesia ed esce dalla città. Porta fascine, pertiche, ripari, falci e ogni altra arma preparata per la sortita. Si combatte contemporaneamente in ogni zona, tutte le nostre difese vengono attaccate: dove sembravano meno salde, lì i nemici accorrevano. Le truppe romane sono costrette a dividersi per l'estensione delle linee, né è facile respingere gli attacchi sferrati contemporaneamente in diversi settori. Il clamore che si alza alle spalle dei nostri, mentre combattevano, contribuisce molto a seminare il panico, perché capivano che la loro vita era legata alla salvezza degli altri: i pericoli che non stanno dinnanzi agli occhi, in genere, turbano con maggior intensità le menti degli uomini.
Questo è quello che è capitato anche ai Germani, che si erano radunati dietro le difese del campo costituite da carri e salmerie, e che vedono l'esercito di Cesare avanzare. Cesare li costringe a dividersi attaccando contemporaneamente nei punti dove la difesa è più debole. Ecco che i Germani della prima linea finiscono con l'essere accerchiati e sorpresi, come i Romani ad Alesia, dal clamore della battaglia dietro alle loro spalle, e capiscono che la loro salvezza è legata alla salvezza dei loro compagni d'arme che stanno combattendo.

Il destino dei vinti Torniamo ai fuggitivi. Possiamo, in ogni caso, chiederci perché non è detta da Cesare la sorte di donne e bambini. La risposta è che non era necessario dirlo dato che il Senato di Roma sapeva che sarebbero diventati schiavi, venduti ai mercanti locali. Il Senato valutava la politica e l'azione militare.
Il destino dei vinti era noto a tutti al tempo di Cesare, come anche il diritto dei vincitori. Questo lo conosceva molto bene Ariovisto che mandò a dire a Cesare, che "il diritto di guerra permetteva ai vincitori di dominare i vinti a proprio piacimento; ... Se Ariovisto non dava ordini ai Romani su come esercitare il loro diritto, non c'era ragione che i Romani ponessero ostacoli a lui, quando applicava il suo." Del destino dei vinti parla anche Vercingetorige nel suo discorso per incitare le sue genti alla guerra: Haec si gravia aut acerba videautur, multo illa gravius aestimare, liberos, coniuges in servitutem abstrahi, ipsos interfici; quae sit necesse accidere victis.
L'assunzione che la cavalleria dei Romani abbia radunato le donne e i bambini, per farne schiavi è quindi nella norma dell'epoca. Ovviamente aveva radunato quelli che era riuscita a prendere, perché è Cesare stesso a dire che tanti sono scappati, e lo vediamo più avanti. E' possibile che molti civili, che forse non erano riusciti - oppure non avevano voluto - muoversi dall'accampamento, siano periti nello scontro o nella fuga, tentando di attraversare il fiume.
Dietro a tutti gli eserciti antichi, non solo dietro a quello romano, si muovevano i mercanti di schiavi. Anche dietro a quello di Alessandro Magno, per esempio, c'erano i mercanti a far affari coi vinti. Per questo motivo, i cavalieri Galli avevano tutto l'interesse a catturare i fuggitivi vivi. E' brutto dirlo, ma era la merce da vendere ai mercanti. Vi ricordo che la pratica di commerciare in schiavi esisteva anche tra i Germani. Come dice Cesare stesso, essi "Concedono libero accesso ai mercanti, più per aver modo di vendere il loro bottino di guerra che per desiderio di comprare prodotti d'importazione." E nel bottino di guerra c'erano anche i prigionieri da vendere come schiavi. I Germani facevano preda con la guerra ad altre tribù. "Mercatoribus est aditus magis eo ut quae bello ceperint quibus vendant habeant, quam quo ullam rem ad se importari desiderent."

Torniamo al report  dello scontro con Usipeti e Tencteri.
I legionari Romani si scontrano con i guerrieri Germani, che vedendosi facilmente battuti, si precipitano in fuga disordinata verso il fiume. Notate che nel report non sono menzionati i temuti cavalieri Germani, quelli che avevano attaccato la cavalleria dei Galli, e che dovevano essere nel campo. Questi cavalieri, all'interno del campo e senza una cavalleria avversaria da colpire, si sono messi a combattere come la fanteria. E quindi a combattere era solo fanteria, quella Romana e quella dei Germani.
Il report sullo scontro con Usipeti e Tencteri si conclude dicendo che i Germani fuggono disordinatamente verso il fiume cercando invano la salvezza. In gran numero sono uccisi e il resto muore nel fiume, nel tentativo di attraversarlo. I Romani si ritirano nel loro accampamento senza aver subito perdite e sollevati dallo scampato pericolo, perché i Germani erano 430 mila (nel testo di Cesare si legge un numero di CCCCXXX mila nemici).
Torniamo a quanto dice Cesare: "I Germani ....  fuggirono dall'accampamento. Giunti alla confluenza della Mosa con il Reno, dove non avevano più speranze di fuga, molti vennero uccisi, gli altri si gettarono nel fiume e qui, vinti dalla paura, dalla stanchezza, dalla forte corrente, morirono."
Vediamo il Latino: Germani ... se ex castris eiecerunt, et cum ad confluentem Mosae et Rheni pervenissent, reliqua fuga desperata, magno numero interfecto, reliqui se in flumen praecipitaverunt atque ibi timore, lassitudine, vi fluminis oppressi perierunt. Scappano tutti dal campo e prendono tutti la direzione della confluenza della Mosa nel Reno? Vuol dire  che l'accampamento era tra i due fiumi? Oppure, si deve intendere che Cesare parli solo di quelli che hanno preso quella direzione? Bel problema. Intanto, quando Cesare parla dei Germani che vengono uccisi o muoiono nel fiume parla solo dei guerrieri. Le donne e i bambini sono già fuori da questo scenario.

CCCCXXX Forse questa cifra è stata alterata dagli amanuensi, perché CCCCXXX è un numero quasi incredibile. Eppure, nel primo libro del De Bello Gallico, vediamo che, nella loro migrazione, gli Elvezi ammontavano a 368.000 unità di cui 92.000 abili alle armi, secondo gli elenchi redatti dagli Elvezi stessi e rinvenuti da Cesare. Se manteniamo lo stesso rapporto tra popolazione ed abili alle armi troviamo, per Usipeti e Tencteri, 107 mila abili alle armi. Questo dato non vien fornito da Cesare per Usipeti/Tencteri, come non si dice neppure il numero totale dei cavalieri dei Germani.
In  precedenza, avevo supposto un numero di guerrieri inferiore a quello che disponevano gli Suebi, che avevano spinto Usipeti e Tencteri fuori dalle loro terre. Cesare dice degli Suebi: "Hi centum pagos habere dicuntur, ex quibus quotannis singula milia armatorum bellandi causa ex finibus educunt. Reliqui, qui domi manserunt, se atque illos alunt; hi rursus in vicem anno post in armis sunt, illi domi remanent. Si dice che siano formati da cento tribù: ognuna fornisce annualmente mille soldati, che vengono portati a combattere fuori dai loro territori contro i popoli vicini. Chi è rimasto a casa, provvede a mantenere sé e gli altri; l'anno seguente si avvicendano: quest'ultimi vanno a combattere, i primi rimangono in patria." Se il numero di uomini d'arme che ogni anno gli Usipeti con i Tencteri e  gli Suebi potevano accampare era circa uguale, significa che era il tormento continuo che questi ultimi davano alle due tribù ad averle costrette ad oltrepassare il Reno. In effetti, mentre gli Suebi potevano contare su guerrieri rinvigoriti dal riposo di un anno, gli altri popoli avevano i guerrieri logorati da combattimenti continui, e che non si potevano più dedicare ad attività come la cura dei campi.
E' bene notare che il numero di 430 mila unità non si riferisce al numero di guerrieri, è il numero di teste in totale associate al nemico. Può essere che Cesare si riferisca ad una stima di un numero di nemici, ottenuto sommando a quelli che avevano già passato il fiume, anche quelli che avrebbero potuto farlo nell'immediato futuro. (sui numeri che si trovano nel De Bello Gallico, si veda l'articolo He came, he saw, we counted : the historiography and demography of Caesar's gallic numbers, di David Henige, https://www.persee.fr/doc/adh_0066-2062_1998_num_1998_1_2162)
Perplessità può nascere poiché Cesare parla di un solo campo. Proviamo a pensare a un solo accampamento con 430 mila persone, e poi carri, tende, fuochi, animali da traino, animali da soma, bestiame vario. Immaginate quanto doveva essere grande. I carri e le salmerie erano di solito posti al perimetro dell'accampamento come una sorta di baluardo. Ed infatti si combatteva, come dice Cesare, inter carros impedimentaque.
Per cercare di visualizzare un campo del genere, ho pensato a quelli che oggi sono i campi profughi. Si veda https://www.raptim.org/largest-refugee-camps-in-2018/ A questa pagina web ho trovato il campo Kakuma, Northwestern Kenya, popolazione: 184,550. Il campo di Kakuma è di 10.9 km quadrati circa. Lo devo moltiplicare per 2,3 per avere un campo con 430 mila persone, supponendo ovviamente la stessa densità. Ma il campo dei Germani poteva essere ancora più grande. Immaginiamolo circolare, con area di 25.16 km quadrati. Il raggio del campo è di 2,83 km, la circonferenza di 17.8 km. Ho preso un tal cerchio e l'ho messo in prossimità della regione dove il Reno e la Mosa si uniscono. In effetti, in rete girano alcune mappe che mostrano il campo dei germani tra i due fiumi a ovest di Nimega. (notate però che il riferimento a Mosa e Reno nel testo di Cesare è considerato da alcuni elemento spurio, e quindi non originale, ma aggiunto in seguito). Oggi la Mosa e il Reno si uniscono più a Ovest, ma prima della piena del 1856, c'era una giunzione proprio dove vediamo Reno e Mosa molto vicini nella figura seguente (a Fort St. Andries. Si veda Where Did Caesar Defeat the Usipetes and Tencteri? Arthur Tappan Walker, The Classical Journal, Vol. 17, No. 2 (Nov., 1921), pp. 77-86)
Però, vi prego di consultare l'articolo Late Holocene lowland fluvial archives and geoarchaeology: Utrecht's case study of Rhine river abandonment under Roman and Medieval settlement sui paleocanali della regione. Presenta anche una mappa relativa al 50 BC.
Vi invito a vedere le mappe nell'articolo. A me sembra che i paleo-canali dell'epoca non mostrino che vicino a Nimega ci fosse una confluenza di Mosa e Reno. Comunque, in rete girano le mappe, e prendiamole giusto per fare la nostra simulazione. Diciamo che la Mosa ed il Reno di Cesare erano i fiumi che oggi hanno questi nomi e che all'epoca ci fosse una giunzione a Fort St. Andries (però, ripeto, non mi sembra così dalle mappe dei paleo-canali). Diciamo anche gli amanuensi non abbiano cambiato i nomi originali con gli unici nomi di fiumi che avevano in testa. Simuliamo.


Figura 1: Il cerchio rosso ha il raggio di 2.83 km come stimato sopra. Sono 25,16 km quadrati, tra Reno e Mosa. Siamo vicini a Nimega. Nimega oggi ha 166 mila abitanti su 57,53 km quadrati (in rete girano mappe che mostrano il germani come accampati a ovest della città olandese). Se l'accampamento era tra i due fiumi, i germani si erano, forse, affidati ad una difesa naturale su due lati. Il terzo lato sarebbe stato investito dall'esercito romano, se proveniva da Nimega.  Logicamente, l'accampamento non era a cerchio, ma si sarebbe allungato lungo i fiumi per facilitare l'accesso all'acqua. Vi ricordo, tra parentesi, che Nimega è sorta dove era un castrum romano, dell'età di Augusto, ivi posto a difesa del fiume Waal e della valle del Reno. 

Che esercito doveva avere Cesare per spingere una così grande massa verso la confluenza dei fiumi, specialmente se l'accampamento era allungato lungo uno o entrambi i fiumi? 
A Farsalo, Cesare aveva tre legioni ed il fronte era di circa tre km. Se contro Usipeti e Tencteri avesse schierato otto legioni, avrebbe potuto estendere l'esercito per più di 8 km e chiuderli facilmente nel cuneo tra i due fiumi. E a questo punto, noi possiamo anche capire lo sgomento dei germani. Non avendo mai visto un esercito schierato in questo modo, non sanno cosa fare. Cesare individua i punti più deboli della difesa del campo dei Germani e punta a frazionare lo scontro, come abbiamo già detto (si veda di nuovo la discussione sul post tergum clamore).


Figura 2:  In verità, alcuni archeologi collocano nel territorio di Kessel, a sud della Mosa, il luogo dello scontro. Nell'immagine satellitare ho posto il campo con popolazione di 430 mila unità a sud della Mosa. Ovviamente, anche in questo caso, la forma del campo non doveva essere circolare, ma allungata lungo la Mosa. Immaginate di quanto doveva essere allungato, se anche solo la fascia lungo il fiume fosse stata larga un chilometro. Il cerchio serve solo per rendere l'idea della superficie totale coperta dall'accampamento. In (*), si stima una popolazione dei Germani di 140 mila, di cui 35 mila guerrieri,  rapportandola ai romani impegnati contro di loro, che si stima in 35 mila. 
[* Roymans, N. (2018), in Conflict Archaeology. Routledge, New York. Pagina 167]


Per quanto riguarda le ricerche di Roymans, si veda la critica all'identificazione del sito e alle prove addotte,  https://www.noviomagus.info/caesarned.htm oppure
Mi permetto di estrarre "Over de plaats van de veldslag worden enkele zaken door elkaar gehaald om toch vooral maar de onwetende lezer of kijker te overtuigen. Julius Caesar schrijft nergens Rijn of Waal of Maas. Dat zijn interpretaties van historici uit het verleden. Caesar zelf schrijft over deze rivieren het volgende: "de Mosa heeft een deel van de Renus ontvangen dat Vacalus heet, vormt het eiland van de Bataven en werpt zich in de Oceaan en op ongeveer 80 mijlen van de Oceaan werpt zij (de Mosa) zich in de Renus". Het gaat hier dus niet over de plaats van de veldslag, maar over rivieren. De vraag blijft welke rivieren? Mosa en Renus waren namen van rivieren die meerdere keren voorkomen in de geschreven geschiedenis. Probeer de geciteerde tekst maar eens toe te passen in Nederland." C'è confusione sul luogo della battaglia, per convincere il lettore che non conosce i fatti. Giulio Cesare non scrive mai Reno, né Waal né Maas. Queste sono interpretazioni di storici del passato. Cesare scrive di questi fiumi, ma quanto scrive non è relativo al luogo della battaglia ma ai fiumi. E poi resta la domanda: quali fiumi? Intendeva la Mosa e il Reno odierni o altri fiumi?  [in fondo al post, i commenti al lavoro di Roymans].
Chi scrive al sito noviomagus.info segnala anche il fatto che si è lavorato su reperti trovati durante un lungo arco di tempo in un deposito alluvionale. Per quanto riguardo il sito e come Roymans propone lo scontro tra Romani e Germani, ecco una mappa che si è fatta guardando l'immagine al link.


In Roymans' map, the Roman Camp, that he marked with a circle and a question mark, has the size of a camp even larger of those I guessed for the Germans! Nella mappa dell'articolo di Roymans, il campo dei Romani, schematizzato con un cerchio e un punto interrogativo è persino più grande della mia stima del campo dei Germani con 430 mila unità. La figura proposta da Roymans sembra far intendere che i Romani erano almeno cinque volte i Germani, e questo non è plausibile.

Notiamo che il fatto che il campo dei Germani fosse tra i due fiumi, e proprio tra questi due fiumi, non è detto da Cesare. Inoltre, quando descrive la battaglia, Cesare non riporta i nomi dei fiumi.
Se il campo dei Germani era a sud della Mosa (diciamo così per riferimento alle figura date sopra), con otto legioni Cesare avrebbe potuto lo stesso spingerli verso la confluenza della Mosa nel Reno in una manovra a tenaglia, chiudendoli in una sacca. Io non mi pronuncio assolutamente sul posto della battaglia, ed neppure sul numero della popolazione. Per esso, possiamo affidarci a Cesare. Oppure possiamo pensare ad un numero che sia un terzo di quello proposto da Cesare. Anche nel caso di 140 mila unità, l'accampamento era molto esteso. 
In un campo - che siano state 140 o 430 mila persone - il clamore della battaglia, con le urla dei guerrieri, le grida di donne e bambini, doveva essere un'arma ulteriore a favore dei Romani. I Germani non erano addestrati a questo. Che il clamore della battaglia fosse un'arma, abbiamo visto che lo dice lo stesso Cesare quando parla di una delle battaglie di Alesia. In una delle prime traduzioni in Francese. « Les Commentaires de Cesar », traduits en français par Robert Gaguin », 1482, si sottolinea proprio il clamore, "la clamuer et tumulte de gens darmes". Ed all'epoca di Gaguin si combatteva - anche se c'era già dell'artiglieria - su campi di battaglia come quelli di Cesare.

Torniamo ancora una volta a quello che dice Cesare. "Disposto l'esercito su tre file, percorse rapidamente otto miglia e piombò sul campo nemico prima che i Germani potessero rendersi conto di cosa stava accadendo." Sia che arrivasse da est, sia che provenisse da sud, aveva il terreno libero per dispiegare le legioni. I Germani restano sorpresi da come Cesare sia riuscito ad arrivare così velocemente sul campo, in formazione da battaglia. "I nemici, atterriti per più di una ragione, dall'arrivo improvviso dei nostri, dall'assenza dei loro, dal non avere il tempo di prendere alcuna decisione, né di correre alle armi, erano incerti se conveniva affrontare i Romani, difendere l'accampamento o darsi alla fuga." Il campo dei Germani è molto grande e loro non riescono a coordinarsi e a stabilire una strategia. Inoltre, se i Germani tenevano le armi in determinati punti del campo, e questi punti erano distanti, il problema dei guerrieri era se andare ad armarsi o scappare dal campo. L'incertezza sul da farsi non ha giovato loro."I rumori e la confusione davano il segno del timore che regnava tra i nemici; i nostri, irritati dal proditorio attacco del giorno precedente, fecero irruzione nel campo avversario." Ed ecco che ci troviamo con germani presi alle spalle dai romani nel loro stesso campo. 
Ancora una osservazione sul numero CCCCXXX mila. Come faceva Cesare a conoscere o stimare tal numero? Due possibilità. La prima è che fossero stati direttamente gli ambasciatori dei Germani - sarebbe stato interessante saper come conversavano, ossia con che interpreti - a dirgli la cifra. Forse l'avevano gonfiata per impressionare il nemico. La seconda è che gli informatori di Cesare avessero contato i fuochi dell'accampamento e applicato un fattore di scala.
Ovviamente, resta il dubbio che il numero sia stato volutamente gonfiato, nell'originale da Cesare stesso, oppure da chi ha, nei secoli seguenti, copiato il manoscritto.

La fuga Nel report, Cesare assolutamente non dice è che tutti i nemici sono stati uccisi. I Romani ne hanno uccisi molti e molti sono morti nel fiume. Ma non tutti sono stati uccisi. Di sicuro non le donne e i bambini. Inoltre Cesare prosegue il report dicendo che, finita la guerra coi Germani, gli restava il problema della cavalleria, che dopo la fuga dei loro - ossia della gente che era all'accampamento -, si era rifugiata con la tribù germanica dei Sicambri.  Accessit etiam quod illa pars equitatus Usipetum et Tencterorum, quam supra commemoravi praedandi frumentandi causa Mosam transisse neque proelio interfuisse, post fugam suorum se trans Rhenum in fines Sugambrorum receperat seque cum his coniunxerat. Dalle parole di Cesare è evidente che molti sono sfuggiti e hanno trovato rifugio nel territorio circostante (altrimenti avrebbe detto, "dopo l'annientamento dei loro" oppure "dopo la strage dei loro"). Di specifico sappiamo solo dei cavalieri, ed erano quelli a cui Cesare teneva particolarmente.
A questo punto il Senato di Roma avrebbe potuto chiedere: Cesare, cosa si è fatto per prendere questi cavalieri o evitare possibili altre incursioni? La risposta di Cesare è che si è costruito un ponte per passare il Reno e farsi consegnare tal cavalleria dai Sicambri, che Cesare riteneva, come diritto del vincitore, sua. Dato che questi cavalieri germani non sono gli sono stati consegnati, si è fatto di tutto per respingerli ancora più lontano dal  Reno.

In Senato Cosa succede a Roma, quando arriva la notizia della sconfitta dei Germani, lo sappiamo da altre fonti e non da Cesare (si veda sempre Giulio Cesare e i Germani). Il Senato di Roma, che è soddisfatto del report, - soddisfatto per la buona novella - decreta molti giorni di ringraziamento agli dei per la vittoria. Unica voce fuori dal coro è quella di Catone, a cui Cesare risponde - evidentemente era in Gallia - con una lettera d'insulti. Che cosa voleva Catone? Secondo Catone, Cesare avrebbe dovuto rispettare la tregua in ogni caso, secondo il diritto delle Genti - non è il diritto moderno, ma quello che conoscevano Vercingetorige ed Ariovisto -, e lasciare liberi gli ambasciatori dei Germani (Questo è quanto racconta Plutarco. Notate però che quelli che Cesare ha trattenuto nel campo non erano ambasciatori ma ostaggi, poiché la tregua era stata rotta dai Germani e non vi erano salvacondotti tra le parti).
Catone chiede al Senato che, poiché Cesare era venuto meno alla parola data, doveva essere consegnato ai Germani. Quello di Catone è un artificio retorico, un appello alla sacralità della parola data, per arrivare a dire in Senato quello che effettivamente vuol dire. Cesare ambisce al potere e quindi i Senatori devono far attenzione a lui, non ai Germani, perché il vero pericolo per Roma è Cesare. Catone non trovò alcun appoggio in Senato e perse la partita. Non solo il comando di Cesare in Gallia fu prolungato, ma gli vennero dedicate delle supplicationes (celebrazioni di ringraziamento per la vittoria) di inusitata lunghezza.  Lo dice Cesare stesso chiudendo il libro IV: "His rebus gestis ex litteris Caesaris dierum XX supplicatio a senatu decreta est. In seguito a tali imprese, comunicate per lettera da Cesare, il senato decret? venti giorni di feste solenni di ringraziamento."

I Germani trattenuti nel campo
Il Senato di Roma avrà di sicuro voluto sapere che fine avevano fatto i tanti Germani che Cesare ha trattenuto nel suo campo. "BG 4.15: Caesar iis quos in castris retinuerat discedendi potestatem fecit. Illi supplicia cruciatusque Gallorum veriti, quorum agros vexaverant, remanere se apud eum velle dixerunt. His Caesar libertatem concessit. Ai Germani trattenuti nell'accampamento Cesare permise di allontanarsi, ma costoro, temendo supplizi da parte dei Galli di cui avevano saccheggiato i campi, dissero di voler rimanere presso di lui. Cesare concesse loro la libertà." In effetti, i Germani preferiscono restare coi Romani, ossia farsi arruolare da loro. E a questo punto, possiamo tornare alla questione delle donne e bambini. Sono tutti finiti in schiavitù, oppure Cesare ha fatto un accordo col numeroso gruppo di notabili che aveva trattenuto nel campo? Questo apre veramente uno scenario interessante. Questi germani sono rimasti a combattere per Cesare, e magari Cesare ha dato in pegno qualcosa a queste persone che si erano dati in pegno a lui: i loro parenti ed amici.

La letteratura Esiste tutta una letteratura che dice che Catone, o addirittura che i romani, si erano turbati per il numero delle vittime germaniche (lo ripeto, i romani avevano appreso la notizia dell'esito della guerra coi germani come una buona novella, e lo dice chiaramente Plutarco). Dire che i romani o Catone erano turbati per le vittime dei germani è un falso: Catone non era turbato dal fatto che Cesare avesse ucciso dei Germani. Catone era turbato perché aveva capito che Cesare ambiva al potere. Su questo punto e su come spesso il racconto venga distorto per far apparire Cesare come Hitler, si legga Giulio Cesare e i Germani. (Julius Caesar and the Germans) Si veda in particolare come il numero di 430 mila nemici diventi il numero di 400 mila uccisi, anzi "tagliati a pezzi". E' con Plutarco, che si trasforma il numero dei nemici nel numero delle vittime. Di lì in poi, c'è un susseguirsi di invenzioni sull'accaduto, come quella recente di Luciano Canfora, che nel suo libro su Cesare, inventa che Cesare ha fatto uccidere gli ambasciatori (sempre che sia una sua invenzione, o che non l'abbia presa pari pari da qualche autore precedente, perché comoda per il suo ritratto di Cesare).

Mi permetto di riportare quanto detto da un noto sito che si occupa di antichità. Metto lo screenshot.


"The incident illustrates the ruthless nature of Roman aggression: Caesar first provoked the refugees and finally attacked them during an armistice. When the genocide became known in Rome, Senator Cato the Younger exclaimed that Caesar, the general of eight legions, was to be handed over to those Germans. Caesar was forced to divert the Senate's attention to other subjects, and spent the second half of the year with an invasion of Germania and an expedition to Britain. From a military point of view, both campaigns were unnecessary, but it gave Caesar great political advantages." Evidenzio alcune parole: ruthless ... provoked the refugees ... attacked them during an armistice. ....  genocide became known in Rome, ...  forced to divert the Senate's attention to other subjects, ...  Caesar great political advantages."
https://web.archive.org/web/20190704173858/https://www.livius.org/sources/content/caesar/caesar-on-the-usipetes-and-tencteri/
Per prima cosa, questi Germani non erano propriamente dei rifugiati. Avevano fatto fuori i Menapii (dei Menapii non interessa a nessuno). Cesare aveva proposto a questi popoli di andare dagli Ubii. Sono i Germani ad attaccare i Romani durante la tregua (non era un armistizio, in effetti non erano ancora iniziate le ostilità). A Roma non è arrivata la notizia del genocidio, è arrivata la buona novella della sconfitta dei Germani, non è arrivata nessuna notizia di genocidio (è una pura invenzione dell'editore del sito). Catone non si è lamentato dei morti dei Germani ma che Cesare avesse mancato di parola. Cesare avrebbe distratto il Senato? Cesare voleva i suoi cavalieri Germani che erano suo diritto come vincitore. Inoltre, Cesare non era a Roma, era con le sue otto legioni; non aveva nessun motivo di distogliere l'attenzione del Senato. Per altro, neanche Cicerone è stato a sentire Catone. E' proprio vero che, su Cesare, ognuno scrive quello che vuole e la gira come vuole.

Alessandro era grande?  Con Cesare quindi succede un fenomeno, nato da tutta una letteratura di varia origine e sentimento politico, dal nazionalismo al socialismo, che arriva a porlo quale responsabile dell'eccidio degli Usipeti e dei Tencteri, coma un Hitler ante litteram. E' una cosa che succede perché la guerra gallica è una guerra che ci è ancora vicina, avendo riguardato l'Europa. Ci sarà sempre qualche persona che si sentirà geneticamente legata a qualche popolo con cui i Romani si sono scontrati, dimenticando che tutti gli europei sono un mix di celti, germani, latini, greci, ed anche arabi. Ci sarà però sempre qualche persona che si sentirà turbata da ciò che faceva Cesare, ma magari non turbata da ciò che è successo in Bosnia, a Srebrenica o a Sarajevo. Ed oggi, il diritto delle genti non è più quello di Ariovisto.
Usipeti e Tencteri hanno massacrato i Menapii, e Cesare interviene. Non trovate esempi analoghi in tempi recenti? L'editore di Livius osserva che gli Usipeti e Tencteri non erano Germani, ma erano della Cultura di La Tène. E' quindi Cesare più colpevole? Come dire, se erano Germani veri - quelli proprio veri - era meno grave. In ogni caso, Usipeti e i Tencteri non sono scomparsi dalla storia, perché li ritroviamo a combattere coi Sicambri nella Clades Lolliana, e sempre a far parte della cavalleria dell'Impero di Roma.
Proseguiamo col mondo antico. Volete un esempio di eccidio su base etnica? Eccolo. I Vespri Asiatici. Appiano di Alessandria racconta che: Mitridate del Ponto "scrisse di nascosto a tutti i suoi satrapi e magistrati, che il trentesimo giorno successivo avrebbero dovuto procedere all'uccisione di tutti i cittadini romani ed Italici nelle loro città, comprese le loro mogli, i figli, i loro domestici di nascita italica, gettando poi i loro corpi fuori dalle mura, insepolti, e dividere i loro beni con lo stesso sovrano. Minacciò poi chiunque avesse provato a seppellire i morti o nascondere i vivi, e offrì ricompense a chi lo informava delle persone che erano state nascoste e dovevo essere uccise, o a chi schiavo avesse tradito il proprio padrone, donando loro la libertà affrancandoli. Offrì anche ai debitori che avessero ucciso [gli Italici], la liberazione di metà dei loro obblighi verso i loro usurai." E così avvenne. Vittime  80.000/150.000.

Desidero concludere con una osservazione. Le accuse che si fanno a Cesare non si fanno ad Alessandro Magno, benché fosse anche lui uno spietato guerriero. Alessandro appare addirittura come un civilizzatore, magari proprio alle persone che vedono in Cesare un criminale.
Vi siete mai chiesti come ha fatto Alessandro a conquistare in pochissimi anni l'impero Persiano? Sarebbe bene chiederselo, Alle prime resistenze che ottenne, Alessandro sfoderò una crudeltà estrema. Chi resisteva era annientato. Oppure era venduto come schiavo (Alessandro non si faceva scrupoli di uccidere e vendere come schiavi anche i Greci). La sua fama lo precedeva, facendo sì che tante città e villaggi che si trovavano sul suo cammino gli aprissero le porte, rendendo più veloce la sua conquista. Questo accadeva, non perché fosse buono, ma perché era spietato. Alcuni popoli però non hanno ceduto e sono stati spazzati via dalla storia. Del fatto che tanti popoli abbiano patito a causa di Alessandro Magno, a molti non pesa: non erano popoli europei.

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Dato che sul web potete trovare molte informazioni e foto, mi permetto, a proposito del ritrovamento del presunto luogo della battaglia, di riportare delle osservazioni, non mie ma desunte dal sito https://www.noviomagus.info/caesarned.htm
Il tono del sito è forse un po' polemico. Lungi da me esserlo; per questo motivo vi propongo un sunto del testo olandese emendato in alcuni punti dalla vena polemica.  Qualcosa devo mantenere però, per rendere il senso del testo originale.
Ecco alcune osservazioni da https://www.noviomagus.info/caesarned.htm I miei commenti sono in corsivo.

Con una grande annuncio (11 dicembre 2015), i Paesi Bassi vengono convinti che Giulio Cesare  è stato nel nostro paese. Lo stesso è stato affermato in DWDD del 9 dicembre 2015. Nell'articolo e in quella trasmissione, alcune dichiarazioni sono state fatte da Nico Roymans e Herman Pleij che sembrano essere lontani dalla verità storica (io sto traducendo, queste sono affermazioni del sito olandese). ... E ora un libro di Tom Buijtendorp appare con il titolo 'Caesar in the Low Countries', in cui la storia di Roymans è ulteriormente accentuata. Con la prova? No, con ipotesi, ipotesi e possibilità, ma non provi nulla con quelle (idem come sopra). ... Se leggi l'articolo e analizzi attentamente l'intera trasmissione DWDD, molto si dice, ma in realtà, nulla è stato dimostrato. Ciò è evidente dalle parole dello stesso Roymans quando afferma: "Uno più uno più uno è tre". Quindi sono 3 assunti che devono costituire insieme la prova. [Ossia, si portano in campo tre ipotesi che insieme vengono considerate come una prova].
Ci sono stati già tali tipi di "prove" nella storia. È così che si sono trovati molti posti in cui la Battaglia di Varo (Teutoburgo)  avrebbe potuto aver luogo. La posizione corretta di quella battaglia non è stata ancora determinata in modo indiscusso.

Cosa viene effettivamente dimostrato ora?
L'analisi dell'intera storia è divisa in 3 parti (1 + 1 + 1 = 3).
1. sono state trovate armi e resti di ossa attribuiti a una battaglia;
2. è il tutto datato al I secolo aC;
3. L'unica battaglia descritta in quel momento fu quella di Giulio Cesare nel Bello Gallico nel 55 aC.

[Mi permetto l'osservazione seguente. Al punto 3. Non vero che l'unica "battaglia", descritta in quel momento,  è stata quella tra Cesare e i Germani.  Cesare dice che i Germani hanno fatto fuori i Menapi per impossessarsi del loro territorio. Le azioni di guerra sono quindi, se ci mettiamo in quest'ottica, due e non una. L'attacco dei Germani ai Menapi è l'antefatto di un anno prima].

Si può dire molto di questa analisi.

Ri 1. Che una battaglia possa essere dedotta dalla scoperta di poche armi e resti d'ossa è una scorciatoia. Una battaglia con i legionari romani è un'ipotesi, ma può anche esserci stato semplicemente uno scontro sanguinoso tra diverse tribù [Menapi e Germani?]. Una battaglia con i Romani deve aver prodotto più resti di quelli che sarebbero stati trovati ora. Inoltre, i reperti trovati nel letto del fiume sono resti dilavati (dall'azione dell'acqua). Questo fatto quindi non mostra una posizione esatta. [Ossia, si mette in luce che non è stato un ritrovamento in un punto specifico fatto tramite uno scavo, ma che si sono utilizzati reperti che sono stati dragati dal fiume nel corso di diversi anni]. Anche se fossero tre mandibole di residenti non locali, non è ancora stato dimostrato che fossero soldati romani. E come fa Roymans a spiegare la scoperta di migliaia di ossa di animali? Lui tace su questo fatto, perché contraddice la sua argomentazione. Het verzwijgen is veelzeggend! Het verzwijgen van tegenbewijzen is gemeengoed in de historische wereld.
Potrebbe anche essere stato un omicidio (cosa provi con 100 scheletri incluso quello di donne e bambini?) O un luogo sacrificale rituale (ossa animali). [Questo che dice il sito olandese è importante. Sarebbe interessante capire se la pratica di sacrifici umani ed ecatombi di animali avveniva anche nell'area del Reno. Inoltre, siamo in un punto di passaggio tra due territori e, nell'attraversare il fiume, la gente era particolarmente vulnerabile. Qualche tribù male intenzionata, avrebbe potuto attaccare facilmente per rapina. Oppure, insisto, sono i resti dei Menapi attaccati dai Germani].
E le armi trovate possono anche essere collegate a gente che non ha niente a che fare coi Romani, ossia non devono essere necessariamente state usate dai Romani, per non parlare dei legionari di Giulio Cesare. Vi sono state trovate anche armi che risalivano ai secoli dopo Cristo. L'importazione e il commercio (di scambio) esistevano anche nei secoli prima di Cristo. Per inciso, sembra che siano reperti "vecchi" che vengono ora presentati come prove. Vedi cosa ha scritto Roymans nel 1999!
Quindi, non ci sono prove che questa sia una battaglia importante in cui hanno partecipato oltre 430.000 nemici. Inoltre, non è stato dimostrato che questo sito di battaglia / omicidio / sacrificio riguardi i romani, per non parlare di un esercito di Giulio Cesare. Dove stava? Dov'era il suo campo? Il Prof. H.Thoen ha stabilito dopo 50 anni di ricerche approfondite che Giulio Cesare non è mai stato in Belgio, per non parlare dei Paesi Bassi. Nessun campo romano del secolo prima di Cristo fu trovato in Belgio o nei Paesi Bassi. E i Romani allestivano un accampamento ogni 40 km, nel quale si ritiravano, specialmente in caso di gravi perdite come poteva avvenire nella battaglia contro Tencteri e Usipeti. Altri storici, come il Prof. A.W. Bijvanck, hanno precedentemente affermato che vi era una effettiva minaccia da parte delle tribù germaniche nel 55 aC., nei Paesi Bassi. Non c'è alcun dubbio. Il Reno olandese / tedesco come confine nazionale era quindi cosa completamente assente. ...

Ri 2. Il già citato metodo C14 per la datazione di reperti è ora notevolmente dibattuto. Vedi la letteratura su questo. Una deviazione di 100 anni è addirittura considerata "normale". Non potrai provare quindi nulla di esattamente databile all'anno 55 aC. Anche se si trattasse di resti romani, potrebbero essere di uno scheletro del 50 dC, quando i Romani erano arrivati nei Paesi Bassi nel frattempo. Che ci siano dei romani, questo deve essere dimostrato per prima cosa. Inoltre, con un'indagine al C14, non provi che si tratta di una battaglia di Romani. Nel 55 aC.? Prima che tutta la Gallia fosse conquistata? Un "viaggio" di circa 150 km. a nord per sconfiggere le tribù germaniche a Kessel?  ... I Romani non avevano nemmeno conquistato tutta la Gallia e si trovavano nelle Fiandre francesi a preparare la traversata verso l'Inghilterra?

[E' importante ricordare che qualsiasi misura deve essere accompagnata dalla sua incertezza. Dire che le ossa sono del 55 aC, senza l'incertezza, è dire una cosa con valore nullo. Dire che le ossa sono del 55 aC più/meno 50, significa dire che qualsiasi anno dal 105 aC al 5 aC è accettabile. Il 55 non è meglio dei suddetti anni. Il fatto che sia a metà non costituisce motivo per preferirlo. Se si vuol mettere l'accento - volutamente - sulla data precisa del 55 aC e si toglie l'incertezza, questo non è corretto. E poi insisto, ci sono anche i Menapi massacrati in massa].

Ri 3. Alcune cose sono confuse circa la posizione della battaglia per convincere il lettore o lo spettatore che non conosce i fatti. Giulio Cesare non scrive né Reno né Waal né Maas da nessuna parte. Queste sono interpretazioni di storici del passato. Cesare scrive quanto segue su questi fiumi: "La Mosa ha ricevuto una parte del Renus chiamato Vacalus, a circa 80 miglia dall'Oceano, forma l'isola dei Batavi e si getta nell'Oceano". Non si tratta quindi della posizione della battaglia, ma dei fiumi. Resta la domanda su quali fiumi? Mosa e Renus erano nomi di fiumi che si verificano più volte nella storia scritta. ...
Ebbene, se vi ho incuriosito, leggete il resto al link
https://www.noviomagus.info/caesarned.htm