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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

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Friday, March 29, 2019

La Corona di Teodolinda


La corona Ferrea, conservata nella cappella di Teodolinda del duomo di Monza.
Courtesy James Steakley per Wikipedia. 

Contro la parete di fondo della cappella si trova il sarcofago in cui, nel 1308, dalla sepoltura originaria nell'antica Basilica longobarda furono traslati i resti della regina Teodolinda. Una ricognizione, compiuta nel 1941, ha confermato la presenza di ossa di un adulto di sesso femminile e di un giovane maschio (Teodolinda e suo figlio Adaloaldo).

La corona ferrea è un'antica  corona che venne usata dall'Alto Medioevo fino al XIX secolo per l'incoronazione dei Re d'Italia. Per lungo tempo, anche gli imperatori del Sacro Romano Impero ricevettero questa incoronazione. Anche Napoleone si fece incoronare con essa.

Dio me l’ha data, guai a chi la tocca! 

All'interno della corona vi è una lamina circolare di metallo: la tradizione vuole che essa sia stata forgiata con il ferro di uno dei chiodi che servirono alla crocifissione di Gesù. In realtà la lamina non è di ferro ma d'argento. Un chiodo di ferro serviva per fissare la corona all'elmo dell'imperatore. 
Due delle piastre originali furono rimosse si presume nel 1200-1300. La corona in origine era infatti costituita da 8 piastre invece delle 6 attuali. Ma torniamo al chiodo della crocifissione.
Verso l'anno 324, su incarico del figlio Costantino, Elena fece scavare l'area del Golgota. Durante i lavori di scavo, che portarono anche all'edificazione della Basilica costantiniana e dell'Anàstasis, secondo la tradizione furono trovati gli strumenti della Passione di Gesù, tra cui la Croce, con i chiodi ancora conficcati. Elena lasciò la croce a Gerusalemme e portò con sé i chiodi. Tornata a Roma, fece montare un chiodo sull'elmo di Costantino e fece realizzare un morso per il suo cavallo, affinché l'imperatore e il destriero fossero protetti in battaglia.


L'elmo e il morso, insieme alle altre insegne imperiali, furono portati a Milano da Teodosio I. Ambrogio li descrive nell'orazione funebre de obitu Teodosii. Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, l'elmo fu portato a Costantinopoli, ma in seguito fu reclamato dal goto Teodorico il Grande, re d'Italia, il quale aveva a Monza la sua residenza estiva. I bizantini gli inviarono il diadema trattenendo la calotta dell'elmo. Il "Sacro Morso" è oggi conservato nel duomo di Milano. 
Due secoli dopo papa Gregorio I avrebbe donato uno dei chiodi a Teodolinda, regina dei Longobardi, che fece erigere il duomo di Monza; ella fece fabbricare la corona e vi inserì il chiodo. 

copertina

Memorie di una millenaria
La corona ferrea racconta storie di potenti, folli e santi

Valeriana Maspero

LIBRACCIO editore, settembre 2016
ISBN 9788897748861

Sunday, October 14, 2018

Costantino e la Battaglia di Torino - 312 AD

"La battaglia di Torino fu combattuta nel 312 nei pressi di Augusta Taurinorum tra le forze di Costantino I e quelle del suo rivale per il titolo di imperatore romano, Massenzio. Costantino vinse, muovendosi poi verso Mediolanum e verso Verona e, infine, presso Roma, dove avrebbe sconfitto in maniera decisiva Massenzio nell'ottobre dello stesso anno, nella battaglia di Ponte Milvio."
Da Wikipedia:
"Alla morte dell'augusto, Costanzo Cloro, avvenuta ad Eburacum (York) il 25 luglio del 306,  Costantino fu proclamato egli stesso augusto dall'esercito di Britannia. ... Quasi contemporaneamente anche il figlio di Massimiano Erculio, Massenzio, forte del potere dei pretoriani a Roma, fu acclamato augusto (28 ottobre). ...  Era l'inizio di una nuova guerra civile tra numerosi pretendenti.
Costantino, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, riunito un grande esercito formato anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani, popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi (presso il Moncenisio), forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri.
Costantino era diretto su Roma, dove Massenzio aveva una forza stimata in 100.000 uomini. Le truppe di Massenzio si opposero a Costantino a Segusia (Susa, in Piemonte). La città venne presa e bruciata ma, per non inimicarsi le popolazioni locali, Costantino ordinò che l'incendio venisse spento.
Costantino si diresse allora su Augusta Taurinorum, dove impegnò un esercito inviatogli contro da Massenzio, dotato di un forte contingente di cavalleria (clibanari e catafratti): Costantino, che notò che i cavalieri di Massenzio avanzavano in formazione a cuneo, ordinò al proprio centro di arretrare, allargando il più possibile il fronte del proprio schieramento, in modo che i fianchi si chiudessero sul nemico, il quale, avendo un equipaggiamento pesante, non era in grado di manovrare con rapidità. Al contrario Costantino disponeva di una cavalleria armata "leggera", e quindi maggiormente mobile. Inoltre Costantino aveva dotato i suoi uomini di mazze chiodate che, essendo contundenti, rendevano meno efficace la corazzatura pesante dei cavalieri avversari. Successivamente Costantino ordinò ai suoi soldati di fanteria di avanzare contro quella di Massenzio per tagliarne la via di fuga. La vittoria giunse, di conseguenza, in modo assai facile."

Secondo quanto riportato da Odahl, Charles Matson, in Constantine and the Christian Empire. New York: Routledge, 2004, gli abitanti di Augusta Taurinorum si rifiutarono di dare asilo alle truppe in ritirata di Massenzio, chiudendo loro le porte di accesso alla città. Al contrario applaudirono le truppe di Costantino. Queste finirono i soldati di Massenzio intrappolati contro le mura della città. Come detto da Odahl, "Paneg IX (XII). 5–6; and Paneg X (IV). 21–24 provided the only detailed ancient written accounts of the campaign and battles in northwestern Italy."  Si riferisce ai Panegirici Latini,  scritti per esaltare pregi o meriti, spesso intenzionalmente esagerati, degli Imperatori.

"Dopo la battaglia, Costantino entrò in città per essere acclamato dai suoi abitanti. Altre città della pianura italiana, riconoscendo il genio militare di Costantino e come aveva trattato la popolazione civile, gli inviarono ambascerie per congratularsi della sua vittoria. La vittoria di Torino permise a Costantino la conquista dell'Italia: dopo essere entrato trionfalmente a Mediolanum (Milano), mise in fuga un esercito nemico accampato nei pressi di Brescia, vincendo poi la successiva battaglia nei pressi di Verona, importante in quanto nel corso di essa venne ucciso il miglior generale di Massenzio, Ruricio Pompeiano, il che, unito all'aver sconfitto le forze di Massenzio nel nord Italia, permise a Costantino di dirigersi verso Roma, dove in ottobre sconfisse definitivamente Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, in cui il suo rivale per il trono d'Occidente trovò la morte."