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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

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Wednesday, March 27, 2019

Commedia e Tragedia

Da http://www.italiapedia.it/comune-di-lenno_Storia-013-125
Sulla cittadina di Lenno sul Lago di Como.
"Un'antica tradizione riferisce il toponimo all'isola di Lemnos, collegandolo ai coloni greci portati sul lago di Como da Giulio Cesare; non è escluso tuttavia che derivi da un personale latino ALENUS. L'abitato è di origine romana, come testimonia il rinvenimento di numerose tombe a cappuccina, di resti di mura con condotti in cotto e di due rocchi di colonne corinzie (questi ultimi ripescati nei bassi fondali antistanti l'abitato). Qui si trovava, secondo gli storici comaschi del XVI e del XVII secolo, la villa di Plinio il Giovane, che la descrisse collocandola in un ambiente molto simile e la chiamò "Commedia" in contrapposizione ad un'altra sua residenza, "Tragedia", esposta alle intemperie."

http://www.treccani.it/enciclopedia/plinio-il-giovane/
Plinio il Giovane è stato uno scrittore latino (n. Como 61 o 62 d. C. - m. 114 circa), figlio di Cecilio Cilone e di Plinia, sorella di Plinio il Vecchio. "Fu scolaro di Quintiliano e di Nicete Sacerdote, fu amico di filosofi come Eufrate e Musonio. Avvocato, console nel 100, legatus propraetore in Bitinia nel 111 e 112. Scrisse varie opere ma ci restano soltanto l'Epistolario in x libri e il Panegirico a Traiano. ... D'ingegno indubbiamente versatile, ha amato alternare gli ozi poetici con la pratica forense, facendo risuonare la sua voce in mezzo alla folla tumultuante, a difesa degl'innocenti e degli oppressi. Vissuto in mezzo alla società civile del suo tempo, ha ritratto nell'Epistolario non solo il suo animo e i suoi costumi, ma anche le abitudini di quella società in ogni loro sfumatura. Sotto questo rispetto l'epistolario pliniano ha un valore, oltre che letterario, anche storico e psicologico."

Monday, March 25, 2019

Como, la città dedotta da Giulio Cesare

 G. Luraschi, Aspetti giuridici e storici della fondazione di Novum Comum in Novum Comum 2050 - Atti del convegno celebrativo della fondazione di Como Romana, Como 8-9 novembre 1991.
Le Mostra a Palazzo Grassi è stata nel 1991.
Ecco il testo.
"Ma prima mi si consenta di rivolgermi, tra il serio e il faceto, a quanti, specie fra i miei concittadini, reduci dalla bella Mostra di Venezia sui Celti, paiono frastornati nell’avere colà appreso che Como fu oppidum celtico, e nel trovarsi poi qui impegnati nella celebrazione della sua fondazione ad opera dei Romani. Anche al meno malizioso sarà dato di pensare che ci sia qualcosa di poco chiaro e che qualcuno (sottoscritto in primis) non la conti giusta o abbia preso un clamoroso abbaglio. E siccome da un po’ di tempo e per vari motivi, le azioni dei Romani sono in ribasso, a differenza di quelle dei Celti, che invece paiono alle stelle (visto che, inopinatamente, sono assurti al rango di corifei della civiltà europea), ecco che la maggioranza è tentata di sposare la causa di questi ultimi, ... Ebbene, vorrei tranquillizzare i dubbiosi e, al tempo stesso, informarli su come stanno effettivamente le cose, restituendo letteralmente a Cesare ciò che è di Cesare.
Ma, a parte gli scherzi, la verità è che Como ebbe sul serio due fondazioni, nel senso che due città vere e proprie vennero fondate con lo stesso nome (Comum), sia pure in epoche e luoghi diversi. ...
E finalmente arriviamo al 59 a.C. Gli stessi motivi d’ordine economico, militare e politico che avevano indotto Lepido e Scipione a scegliere Como come meta di una deduzione, li troviamo puntualmente anche in Cesare. Nell’anno del suo consolato (appunto il 59 a.C.) si fece autorizzare da un plebiscito rogato dal tribuno ed amico Publio Vatinio a fondare sul suolo comasco una colonia. Quel che differenziava le due iniziative era la tempra e la genialità degli uomini che erano stati chiamati a realizzarle. Alla ristretta visione di Lepido, tutto teso all’utile suo particolare e ormai lanciato in una folle quanto improvvisata sfida alla oligarchia dominante, si contrappone il lungimirante disegno di Cesare, che inquadra la fondazione di Como in una più vasta e consapevole politica di rivalutazione della Cisalpina, in funzione soprattutto di una espansione militare e commerciale verso le terre d’oltralpe, che egli già nel 59 andava configurando. .
L’evento ebbe larga ed a volte drammatica risonanza, tanto che ne parlano ben sei autori antichi [Catullo, Cicerone, Strabone, Plutarco, Svetonio ed Appiano, di cui due, Catullo e Cicerone, furono perfino testimoni ed in qualche modo implicati.
[Segue ampia discussione sulla legislatura delle colonie]
Ci si è chiesti: perché Cesare, potendo liberamente scegliere lo status giuridico della colonia, optò per la latinità, certamente meno prestigiosa e gratificante? Una risposta esauriente mi porterebbe troppo lontano; dirò solo che a suggerire il comportamento di Cesare fu un accorto calcolo politico, ispirato alla massima prudenza e ad un sano conservatorismo; in poche parole egli rinunciò a fondare una colonia romana per non creare una ‘enclave' di cittadini romani in terre di diritto latino, quali erano il Comasco e la Transpadana, e quindi insinuare un motivo di odiosa ed impopolare discriminazione fra popolazioni di cui aveva grande bisogno per realizzare i suoi ambiziosi progetti. Quando i tempi saranno maturi, e precisamente nel dicembre del 49 a.C., allorché, liquidata ogni resistenza pompeiana in Italia, assumerà la dittatura, non esiterà un sol giorno a soddisfare, tutto in una volta, i suoi pazienti e fedeli sudditi del Nord, concedendo all’intera Cisalpina la cittadinanza romana. ...
Vediamo ora di precisare meglio i tempi e le modalità della fondazione. Lo iussus deducendi, come si è detto, risale al maggio-giugno 59 a.C., quando fu rogata la lex Vatinia; ed è probabile che i lavori (assai impegnativi) di bonifica e di predisposizione dell’area dove sarebbe sorta la colonia iniziassero già in quell’anno. La cerimonia ufficiale, invece, potrebbe essere avvenuta nel 58 a.C., soprattutto se si suppone (come mi pare legittimo, considerando l’importanza dell’evento) che Cesare vi avesse partecipato di persona. Difficilmente lo avrebbe potuto fare nel 59, quando gli impegni assorbenti del consolato ne imponevano la presenza a Roma. Nel 58, invece, durante il suo primo anno di proconsolato, ebbe più di un’occasione per soggiornare in Cisalpina fra una campagna militare e l’altra. A voler essere precisi si potrebbe suggerire la metà di marzo, quando vi transitò per raggiungere a marce forzate Genaba ed assumere il comando della legio X, ovvero alla fine di aprile (perché non il 21, natale di Roma?), quando ritornò ad Aquileia per arruolare nuove truppe, ovvero, e con maggiori probabilità, dall’ottobre in avanti, quando lasciato Labieno in Gallia, attraversò di nuovo le Alpi per svernare nell’Italia settentrionale. Sarebbe interessante stabilire con esattezza il giorno, come è stato fatto, ad esempio, per Pavia. Le principali opere edilizie, e prime fra tutte le mura, furono in ogni caso completate entro il 54 a.C., se Catullo, morto probabilmente in quell’anno, poté celebrarle nel carme 35 (datato in genere al 56 a.C.), in cui invita l’amico Cecilio ad andare a Verona “Novi relinquens Comi moenia Lariumque litus”; e non mi so convincere all’idea, assai diffusa, che questo splendido verso celi solo una figura retorica. Lo dico incidentalmente, ma io credo che anche il carme 17, quello che si apre con l’invocazione alla colonia (Novum Comum?), dai più datato proprio al 59 a.C., rifletta una realtà comasca.