Welcome!

Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Showing posts with label Togliatti. Show all posts
Showing posts with label Togliatti. Show all posts

Tuesday, August 7, 2018

La storia si scrive sempre usando il tempo presente?

Ho ritrovato ora un articolo, pubblicato nel 2013 dal Corriere, di Luciano Canfora, dal titolo "La storia si scrive sempre usando il tempo presente". http://cesim-marineo.blogspot.com/2013/11/perche-canfora-rivaluta-stalin.html

L'articolo trae spunto da una recensione di un libro di Paolo Mieli. Il filo conduttore dell'articolo di Canfora, e non solo del libro di Mieli, è quello in origine formulato "esplicitamente e teoreticamente da Benedetto Croce, ed è che 'Ogni vera storia è storia contemporanea'. Con ciò intendendosi che lo sforzo — sempre in fieri — di comprensione del passato parte dalle nostre categorie e risponde a nostre esigenze attuali e, non da ultimo, per ciò che un fatto storico diviene contemporaneo nell’atto mio medesimo di pensarlo. Chi abbia esperienza della storiografia sa che non vi è storico, di cui sia rimasta significativa memoria, che non abbia preso le mosse da un impulso o bisogno intellettuale radicato nel presente, nel suo presente etico-politico: da Erodoto a Giuseppe Flavio, da Livio a Eginardo, etc. ... Di questa fondamentale intuizione si possono dare diversi inveramenti. Lo stesso Croce ne intuisce un possibile uso strumentale in quella che chiama «storiografia di partito» ... e addita uno iato tra «gli scrittori di storia, disadattati o alieni alla politica» e gli uomini politici, i quali «ancorché ignorantissimi delle cose della storia, pur menano le cose del mondo». Al contrario, chi dell’agire politico ebbe un’idea più alta e meno riduttiva poté ribaltare questa visione, pur partendo dalle stesse premesse. Mi riferisco alle considerazioni di metodo che Palmiro Togliatti premise alla sua lezione torinese ... , dove indicò appunto nel politico, distinto in ciò dallo storico professionale (e in ciò sbagliava), colui che invera il principio della ineluttabile contemporaneità della storia. E concludeva, forse intimidito dall’apparente neutralità degli storici di professione: «Soltanto per il politico ogni storia è sempre storia contemporanea» ... "
Canfora continua con varie osservazioni, spaziando da Filippo il Macedone a Stalin - anche da Annibale a Stalin -,  menzionando il Principe di Machiavelli. E ricorda come in effetti sia proprio Bobbio, in una lettera, a richiamarsi al Principe, per considerare "la grandezza «del vostro, e potrei dire anche nostro, Stalin», «venerando e terribile» al pari di Annibale, in quanto è lecito al Principe violare le regole della morale comune se fa «gran cose». E soggiungeva Bobbio: «La costruzione di una società socialista è gran cosa».

Il titolo dell'articolo di Canfora è sicuramente ad effetto: "La storia si scrive sempre usando il tempo presente". Dato che è un titolo, esso è anche il manifesto del suo pensiero. Così intende la storia Canfora e lo ribadisce quando, riferendosi a Togliatti, dice che il Migliore si sbagliava nel distinguere storico da politico.
Allora, seguendo il titolo dato, se noi parliamo di Giulio Cesare, quanto è successo duemila anni fa diventa un tema attuale, per il fatto stesso che noi ne parliamo. E noi così cominciamo a parlare di Giulio Cesare, coniugando al presente.  Ma, la storia si scrive sempre usando il tempo presente?

Vediamo che cosa scrive Canfora nel suo libro, Giulio Cesare: Il dittatore democratico, proprio di Cesare. Mi riferisco in particolare alla spedizione militare contro le tribù germaniche di Usipeti e Tencteri, che avevano passato il Reno, per stabilirsi, allontanandoli con la violenza, nel territorio dei Menapi.Se volete avere tutti i dettagli, potete servirvi di questo LINK.

Dice Canfora "I Germani continuavano a premere per un accordo; Cesare cercava solo un pretesto per massacrarli. Ma fu con l’inganno che ebbe ragione di loro. Il pretesto fu offerto da una sortita di cavalieri degli Usipeti contro la cavalleria gallica alleata di Cesare. Nello scontro morirono alcuni dei collaborazionisti galli più cari a Cesare.Nonostante l’incidente i capi germanici si recarono al previsto incontro con Cesare. Il quale li ricevette a colloquio, ma li fece trucidare a tradimento; quindi assaltò gli avversari sbandati e senza guida, ed estese indiscriminatamente il genocidio a tutti, donne e bambini inclusi. Come crimine disumano questa ecatombe fu percepita anche a Roma, dove Catone, per ragioni beninteso di lotta politica interna, si spinse a chiedere la consegna del proconsole al nemico. La presumibile assenza di autentiche motivazioni umanitarie nella proposta di Catone non deve indurre a sottovalutare l’iniziativa del tenace oppositore. Era significativa comunque che l’enormità del crimine compiuto era percepita. Nondimeno il Senato, in preda ad una“ubriacatura imperialistica” (secondo l’espressione di Carcopino), concesse in onore della carneficina cesariana una colossale supplicatio."
Vedete bene come Canfora scriva al presente, non nel senso che usa i verbi al presente, ma nel senso che usa concetti della storia recente. Questo potrebbe anche essere lecito. Però ci sono dei vincoli che non dovrebbero essere superati, come per esempio inventarsi degli episodi FALSI.
Cesare, nel De Bello Gallico, dice che lascia liberi gli ambasciatori, ma che essi restano con lui per timore dei Galli a cui avevano devastato le terre. Nel libro di Canfora, l’episodio diventa l’assassinio degli ambasciatori (Il quale li ricevette a colloquio, ma li fece trucidare a tradimento). Al LINK trovate anche passi di  Plutarco e Svetonio: questi autori antichi non dicono - ripeto, non dicono - che gli ambasciatori dei Germani siano stati uccisi. Essa è pura invenzione di Canfora. 
Canfora dice che vennero uccisi donne e bambini, leggetevi quello che dice Cesare allora. Cesare non dice che cosa era successo a donne e bambini. Saranno finiti schiavi di Galli o Romani, come era costume dell'epoca. Ma Canfora, sicuramente pensando al presente, vede i cavalieri Galli farli a fettine...
Passiamo a quello che accadde a Roma.
Frequentando il greco Plutarco, ossia leggendo le sue Vite Parallele, troviamo detto in modo molto chiaro che a Roma, l’"ecatombe", come la chiama Canfora, viene vista come una buona novella. Non viene percepita come un crimine, perché era una vittoria sui Germani. L'unica persona che viene agitata dalla notizia, ma soprattutto dalla richiesta della supplicatio, una serie di grandi celebrazioni in onore della vittoria, è Catone il Minore, acerrimo nemico di Cesare. E così inizia a risuonare la sua corda retorica. In Senato, che doveva deliberare la supplicatio, Catone si alza in piedi e comincia il suo discorso retorico. Cesare ha violato la tregua! Anche se i Germani hanno violato prima la tregua lui doveva rispettarla. Ha vinto solo perché, violando la tregua, era diventato superiore ai nemici. Consegniamolo ai nemici, per aver violato la parola data! Il Senato chiede chiarimenti a Cesare che risponde con una missiva piena di insulti, dice Plutarco. Dopo che il Senato ha respinto la mozione di Catone, egli, molto pacatamente, dice quello che effettivamente ha in testa. Ovvero che il Senato non deve aver paura dei barbari, ma di Cesare che vuol prendere il potere.
Il testo di Plutarco è chiaro in proposito. Ma in Plutarco troviamo una svista, il numero che per Cesare era quello stimato dei nemici, diventa il numero dei Germani uccisi, anzi tagliati a fette. E così ha origine il filo conduttore che porta Canfora a parlare di genocidio e dire "ed estese indiscriminatamente il genocidio a tutti, donne e bambini inclusi. Come crimine   disumano   questa   ecatombe   fu   percepita   anche   a   Roma." Ripeto, Cesare non  dice di aver ucciso donne e bambini. A Roma, la notizia della vittoria di Cesare sui Germani - ed è questa la notizia che è arrivata a Roma - era una buona notizia. Non erano passati infatti molti anni da quando i Cimbri avevano dilagato nella valle Padana, e solo il nuovo esercito del console Caio Mario li aveva fermati, e neppure  Caio Mario aveva ucciso donne e bambini. 
Concludo la discussione del passo dal libro di Canfora facendo notare che i Galli alleati di Cesare vengono da lui definiti collaborazionisti. Nel vocabolario Treccani leggiamo che un collaborazionista è chi collabora con le  autorità  nemiche d’occupazione, in particolare chi, durante la seconda guerra mondiale, collaborò con le forze tedesche d’occupazione, come ad esempio i governi di Salò e di Vichy. Insomma, nel libro di Canfora, i Romani di Cesare sembrano i soldati del Terzo Reich e Cesare un Hitler che commetteva genocidi.
Allora, avete visto come si coniuga la storia al presente, magari con l'aggiunta di fake news. 
Termino quindi con la domanda, titolo del post. La storia si scrive sempre usando il tempo presente?


Wednesday, July 4, 2018

Il Migliore? (The Best?)

Mi permetto di riportare alcuni brani di un articolo apparso su Repubblica, Febbraio 1992. L'articolo viene emendato in tre punti col testo (*), che viene riportato dopo l'articolo. Di seguito viene data anche la versione in Inglese dell'articolo.

ROMA - Sono i primi mesi del ' 43. Sul fronte orientale - bloccata la terribile offensiva scatenata dall'Asse nel '42 - l' Armata rossa sta ormai per prendere lo slancio che in due anni la porterà a Berlino. E lascia alle sue spalle, nei campi di prigionia, centinaia di migliaia di soldati italiani e tedeschi. La Russia, distrutta, è alla fame. Ma nei Gulag la vita è un inferno ancor peggiore. E tra i resti dell'Armir è una strage ..
Del loro dramma scrive a Palmiro Togliatti, numero tre del Komintern, Vincenzo Bianco, delegato del Pci presso l'Internazionale. Chiedendogli di "trovare la forma" per evitare che i soldati italiani "muoiano in massa, come è già avvenuto". Ma il Migliore non si scompone: "Se un buon numero di prigionieri muore in conseguenza delle dure condizioni di fatto - replica il segretario del Pci - non ci trovo assolutamente niente da dire". C'è anche questo epistolario, agghiacciante nella sua crudezza, tra le carte in libera uscita dagli archivi di Mosca. ...
Il carteggio è aperto dalla lettera indirizzata il 30 gennaio da Bianco a Togliatti, sfollato - come tutto lo stato maggiore dell'Internazionale comunista - dall'hotel Lux di Mosca a Ufa, lontano dal fronte. I comunisti italiani rifugiati in Urss svolgono un'intensa attività di propaganda tra le truppe in prigionia. Probabilmente per questa strada Bianco viene informato della drammatica situazione nei campi. E decide con coraggio di scriverne al suo capo, uno dei massimi leader del comunismo mondiale. Bianco sa che nell'Urss schiacciata dal controllo di Beria la sua missiva non verrà letta solo da Togliatti. Usa toni cautissimi, quasi allusivi, nel porre al Migliore "una questione molto delicata, di carattere politico molto grande". Scrive, il dirigente comunista, che "muoiono migliaia di alpini. Penso che bisogna trovare una via, un mezzo per cercare con le dovute forme, con il dovuto tatto politico di porre il problema affinché non abbia a registrarsi il caso che muoiano a migliaia come è già avvenuto. Non mi dilungo, tu mi comprendi, perciò lascio a te di trovare la forma per farlo." dice Bianco. ...
E' un implicito invito a intervenire su Stalin, rivolto all'unico italiano che lo possa fare. Togliatti risponde il 15 febbraio: "Una questione sulla quale sono in disaccordo con te - scrive - è quella del trattamento dei prigionieri. Non sono per niente feroce, come tu sai. Sono umanitario quanto te o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa. La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso l' Unione sovietica è stata definita da Stalin e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà in conseguenza delle dure condizioni di fatto non ci trovo assolutamente niente da dire. Anzi. E ti spiego il perchè". "Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie - prosegue Togliatti - la guerra di Mussolini e soprattutto la spedizione contro la Russia si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore e il più efficace degli antidoti. Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che l' aggressione e il destino individualmente preso di tante famiglie è tragico, tanto meglio sarà per l' avvenire dell' Italia [Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia (*)]. Te l' ho già detto - ripete il Migliore - io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano assassinare [sopprimere (*)], tanto più che possiamo ottenere certi risultati in altro modo [tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in altro modo (*)], ma nelle durezze oggi che possono provocare la fine di molti di loro non riesco a vedere altro che la concreta missione di quella giustizia che il divino [vecchio (*)] Hegel - chiude la lettera - diceva essere immanente nella Storia". 

Da
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/02/prigionieri-muoiano-pure.html
Da (*)
http://www.qelsi.it/2013/togliatti-e-la-giustizia-della-storia-che-sa-come-sopprimere-migliaia-di-soldati-italiani-prigionieri-in-unione-sovietica/

Trascrizione della lettera completa (*), che trovo ancora più agghiacciante di quanto riportato nell'articolo di Repubblica.


“L’altra questione sulla quale sono in disaccordo da te è quella del trattamento dei prigionieri.
Non sono per niente feroce, come tu sai.
Sono umanitario quanto te, o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa.
La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso la Unione sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire.
Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire, anzi.
E ti spiego il perché.
Non c’è dubbio che il popolo italiano è stato avvelenato dalla ideologia imperialista e brigantesca del fascismo.
Non nella stessa misura che il popolo tedesco, ma in misura considerevole.
Il veleno è penetrato tra i contadini, tra gli operai, non parliamo della piccola borghesia e degli intellettuali, è penetrato nel popolo, insomma.
Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, è il più efficace degli antidoti.
Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia.
I massacri di Dogali e di Adua furono uno dei freni più potenti allo sviluppo dell’imperialismo italiano, e uno dei più potenti stimoli allo sviluppo del movimento socialista.
Dobbiamo ottenere che la distruzione dell’Armata italiana in Russia abbia la stessa funzione oggi.
In fondo, coloro che dicono ai prigionieri, come tu mi riferivi:” Nessuno vi ha chiesto di venir qui, dunque non avete niente da lamentarvi”, dicono una cosa che è profondamente iusta, anche se è vero che molti dei prigionieri sono venuti qui solo perché mandati.
E’ difficile, anzi impossibile, distinguere in un popolo chi è responsabile di una politica, da chi non lo è, soprattutto quando non si vede nel popolo una lotta aperta contro la politica delle classi dirigenti.
L’ho già detto: io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano sopprimere, tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in altro modo, ma nelle durezze oggettive che possono provocare la fine di molti di loro, non riesco a vedere altro che la concreta espressione di quella giustizia che il vecchio Hegel diceva essere immanente in tutta la storia.”


Let me translate some passages I quoted previously from an article published in Repubblica, February 1992.
It is the beginning of 1943. On the eastern front of the war, the offensive of the Axis, begun in 1942, had been stopped and the Red Army is now starting the operations that, in two years, will bring it to Berlin. The campain in Russia is leaving behind it, in the prison camps, hundreds of thousands of Italian and German soldiers. The destroyed Russia is starving. But the life is a hell in the Gulags. And it is a massacre among the remains of the Armir .
Of their terrible conditions, Vincenzo Bianco, delegate of PCI at the International, wrote to Palmiro Togliatti, number three of the Komintern. He was asking him to "find the form" to prevent the Italian soldiers "dying in mass death as had already happened". But the Best does not break up: "If a solid number of prisoners dies as a result of the harsh conditions - replies the secretary of PCI - I have absolutely nothing to say". There is also this epistolary, dreadful in its crudeness, among the papers released by the Moscow archives. ...
The correspondence starts with the letter sent on 30 January from Bianco to Togliatti, who had been moved - like all the staff of the Communist International - from the Lux hotel in Moscow to Ufa, far from the war. The Italian communist refugees in USSR are carrying out an intense propaganda activity among the imprisoned troops. Probably thanks to this activity, Bianco is informed of the dramatic situation in the prison camps. And he decides, with courage, to write to his leader, one of the greatest leaders of world communism. Bianco knows that in the USSR oppressed by Beria's control his letter will be read by other persons besides Togliatti. He uses all cautiouns and allusive tones, to present to the Best "a very delicate issue of a very large political nature". The Communist leader writes that "thousands of Alpini are dying. I think we need to find a way, a manner to search with the proper form, with the necessary political tact to pose the problem so that to avoid that thousands of them die, like it has already happened, I do not want to talk at lentgh, you understand me, so I leave it to you to find the form to do it. " says Bianco ...
It is an implicit invitation to raise this issue with Stalin, by addressing the only Italian who can do it. Togliatti replies on February 15th: "About one issue I disagree with you - writes - it is that of the treatment of the prisoners, I am not ferocious at all, as you know I am as humanitarian as you or a lady of the Red Cross. Our principle about the armies that invaded the Soviet Union was defined by Stalin and there is nothing more to say. In practice, however, if a solid number of prisoners will die as a result of the current harsh conditions, I find absolutely nothing to say, and I'll explain you why ". "The fact that for thousands and thousands of families - continues Togliatti - the war of Mussolini and especially the war against Russia ends with a tragedy, with a personal loss, is the best and most effective of the antidotes. The more the conviction penetrates in the people that the aggression and the individual fate of so many families is tragic, [that the aggression againt other countries means ruin and death for them, means ruins and death for each individual (*)], the better will be for the future of Italy. I already told you - repeats the Best - I do not claim at all that the prisoners owe to be killed, even because we can obtain some results in another manner [moreover we can use them to have some results in a different manner (*)], but in the harshness that can cause the end of many of them I see nothing else than the definite mission of that justice the divine [old (*)] Hegel - the letter closes - said to be immanent in history".

Da
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/02/prigionieri-muoiano-pure.html
Da (*)
http://www.qelsi.it/2013/togliatti-e-la-giustizia-della-storia-che-sa-come-sopprimere-migliaia-di-soldati-italiani-prigionieri-in-unione-sovietica/