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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Tuesday, July 31, 2018

Pittori olandesi a Roma

Da http://caravaggio400.blogspot.com/2017/04/i-pittori-olandesi-roma-tra.html

"I pittori olandesi vennero a Roma nel XVI secolo per diverse ragioni; cercavano di perfezionare la loro formazione artistica studiando l'antichità classica e i maestri moderni quali Raffaello e Michelangelo. Dagli inizi del XVII secolo, continuarono a venire nella Città Eterna ma parecchi aspetti erano radicalmente cambiati. Prima di tutto, una minima parte rimase più a lungo del necessario per un semplice viaggio di studio - spesso si stabilivano per alcuni anni. Cominciarono anche a sviluppare uno stile pittorico che non aveva niente a che fare con l'antichità classica - sia optando per Caravaggio, o sviluppando le cosiddette Bambocciate o pittura di genere che furono molto richieste da committenti e acquirenti locali. Gli aspetti sociali  e di mercato rimasero furono all'origine di tale cambiamento."

Da Wikipedia
"The Bamboccianti were genre painters active in Rome from about 1625 until the end of the seventeenth century. Most were Dutch and Flemish artists who brought existing traditions of depicting peasant subjects from sixteenth-century Netherlandish art with them to Italy, and generally created small cabinet paintings or etchings of the everyday life of the lower classes in Rome and its countryside. Typical subjects include food and beverage sellers, farmers and milkmaids at work, soldiers at rest and play, and beggars, or, as Salvator Rosa lamented in the mid-seventeenth century, "rogues, cheats, pickpockets, bands of drunks and gluttons, scabby tobacconists, barbers, and other 'sordid' subjects." Despite their lowly subject matter, the works found appreciation among elite collectors and fetched high prices."



Landscape with Morra Players) attributed to Jan Both

Editti di Milano e Tessalonica e conseguenze per i non cristiani

Cerchiamo, ogni tanto, di leggere la storia come la vedono i non cristiani. Pensate di essere stato all'epoca un pagano,  e di non aver mai fatto del male in vita vostra. Ecco cosa vi succedeva.

L'Editto di Milano, noto anche come come editto di Costantino, è l'accordo sottoscritto nel Febbraio 313 dai due Augusti dell'impero romano, Costantino per l'Occidente e Licinio per l'Oriente, in vista di una politica religiosa comune alle due parti dell'impero. La diarchia Costantino-Licinio durò per undici anni. I due imperatori governarono in pratica in due regni separati. La pace interna cessò nel 323. Nel 324 Costantino sconfisse Licinio in una serie di battaglie, costringendolo a cedergli la sua parte dell'impero.
Le conseguenze dell'editto di Costantino per la vita religiosa nell'impero romano sono tali da farne una data fondamentale nella storia dell'Occidente. A mio avviso, a sancire l'inizio della fine del mondo antico.
Secondo l'interpretazione tradizionale, Costantino e Licinio firmarono a Milano, capitale della parte occidentale dell'impero, un editto per concedere a tutti i cittadini, quindi anche ai cristiani, la libertà di onorare le proprie divinità. Costantino emise poi nuovi editti in favore dei cristiani. 
I principali provvedimenti religiosi emessi dall'imperatore furono i seguenti.
Nel 321 stabilì che la domenica dovesse essere riconosciuta anche dallo Stato come giorno festivo (dies Solis) - Nel 324 proibì magie e alcuni riti della religione tradizionale (la divinazione privata, fatta nelle case), chiuse i templi e vietò che nei giochi circensi si sacrificassero i condannati a morte. - Nel 325 convoca e presiede il Concilio di Nicea, primo concilio ecumenico. - Nel 326 emanò una legge che proibiva l'adulterio e vietava di portare a casa le concubine, inoltre stabilì che gli ebrei non potessero più convertire gli schiavi né praticare su di loro la circoncisione.

L'editto di Tessalonica, conosciuto anche come Cunctos populos, venne emesso il 27 febbraio 380 dagli imperatori Graziano, Teodosio I e Valentiniano II (quest'ultimo all'epoca aveva solo nove anni).
Il decreto dichiara il cristianesimo secondo i canoni del credo niceno la religione ufficiale dell'impero, proibisce in primo luogo l'arianesimo e secondariamente anche i culti pagani. Per combattere l'eresia si esige da tutti i cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea. Il testo venne preparato dalla cancelleria di Teodosio I e successivamente venne incluso nel Codice teodosiano da Teodosio II. La nuova legge riconobbe alle due sedi episcopali di Roma e Alessandria d'Egitto il primato in materia di teologia.

"Vogliamo [noi imperatori] che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica; cioè che, conformemente all'insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste." Dato in Tessalonica nel giorno terzo dalle Calende di Marzo.
L'editto, pur proclamando il Cristianesimo religione di Stato dell'impero romano, non stabiliva alcuna direttiva specifica a proposito. Bisognerà attendere i cosiddetti decreti teodosiani, promulgati dallo stesso Teodosio I, che tra il 391-392 normarono l'attuazione pratica dell'editto di Tessalonica.
Con i decreti Teodosiani, nel 391-392 vennero inasprite le proibizioni verso i culti pagani e i loro aderenti, dando il via a una vera e propria persecuzione del Paganesimo. Furono distrutti molti templi e vennero avallati atti di violenza contro il paganesimo: uno dei più noti fu la distruzione, nel 392 circa, del Serapeum di Alessandria, ad opera del vescovo di Alessandria Teofilo che, alla guida di un esercito di monaci, provocò l'uccisione di numerosi pagani che erano intenti alle loro funzioni sacre. Inoltre L'arcivescovo Giovanni Crisostomo organizzò una spedizione di asceti fanatici ad Antiochia per demolire i templi e far uccidere i fedeli, mentre il vescovo Porfirio di Gaza fece radere al suolo il famoso tempio di Marnas.
Nel 416 un editto dell'imperatore romano d'Oriente Teodosio II stabilì che soltanto i cristiani potevano svolgere la funzione di giudice, rivestire cariche pubbliche ed arruolarsi nell'esercito. Tutti i giudici, impiegati pubblici e ufficiali dell'esercito non cristiani avrebbero dovuto dimettersi. Nel 423 Teodosio II dichiarò che tutte le religioni pagane non erano altro che "culto del demonio" ed ordinò, per tutti coloro che persistevano a praticarle, punizioni quali il carcere e la tortura.
Successivamente, l'imperatore Valentiniano III emanò (17 luglio 445) un editto che contribuì in maniera determinante all'affermazione dell'autorità e del primato della sede vescovile di Roma in Occidente. Questo editto, che non era valido nella parte orientale dell'Impero, riconosceva pienamente il primato giurisdizionale del papato.
In molti casi, la politica degli imperatori successivi si basò sul presupposto che l'unità dell'impero richiedesse anche un'unità religiosa. Così Giustiniano impose pesanti restrizioni a tutte le religioni non cristiane. Nel 527 tutti gli eretici e i pagani persero le cariche statali, i titoli onorifici, l'abilitazione all'insegnamento e gli stipendi pubblici. Nel 529 fu imposta di fatto la chiusura della scuola filosofica di Atene, ultimo centro di eccellenza ancora attivo della cultura pagana. Il mondo classico era definitivamente scomparso dalla faccia della terra.
Per vedere cosa accadde agli Ebrei in particolare, invito il lettore al seguente  sito.


Editto di Caracalla

Constitutio Antoniniana, ovvero l'Editto di Caracalla, è l'editto con cui, nell’anno 212 d.C., l’imperatore Antonino Caracalla concesse la cittadinanza romana a tutti, o quasi, gli abitanti dell’Impero. Tra i pochi esclusi vi erano i cosiddetti dediticii, ossia i non Romani formalmente privi di ogni altra appartenenza cittadina. ... La costituzione di Caracalla riveste grande importanza anche per la storia del diritto romano, giacché questo venne reso teoricamente applicabile in ogni propaggine dell’Impero, sebbene i provinciali continuassero non di rado a regolare i loro rapporti in base al diritto locale preesistente, oppure mediante una forma di diritto misto, frutto di una commistione fra diritto locale e diritto civile romano.

Da TRECCANI, http://www.treccani.it/enciclopedia/constitutio-antoniniana/


Caesar and the Jews

From the article "Julius Caesar and the Jews"
https://www.jewishhistory.org/julius-caesar-and-the-jews/
"
In 49 BCE, Julius Caesar was pursuing Pompey all the way to Egypt.
"Once there, he committed a rare tactical blunder and found himself besieged in Alexandria by Pompey’s army and its allies. Sorely in need of friends, he looked for any help that would extricate him from his dangerous situation. 
Until that time, Hyrcanus had been an official ally of Pompey. However, he shrewdly switched sides and declared his allegiance to Caesar. He then committed over 3,000 Jewish soldiers to an expeditionary force that invaded Egypt and helped raise the siege of Alexandria.
Thus, when the Roman civil war ended in Julius Caesar’s complete victory Hyrcanus was in a fortuitous position. Indeed, Caesar showed the Jews his gratitude for their help. He revoked the harsh decrees and burdensome taxation imposed by Pompey. He also allowed the walls and fortifications of Jerusalem to be rebuilt and restored Jaffa as well as a number of other coastal cities to Jewish rule." 
The assassination of Caesar in 44 BCE worried the Jews: "Would his successor be as positively disposed toward them? Tragically, that eventual successor, Marc Antony, gave power to a man whose rule was as antithetical to Jewish principles and ideals as imaginable."
The man was Herod, the murder of his sons.

Monday, July 30, 2018

Ordine di grandezza

L'ordine di grandezza di un numero è la potenza del 10 più vicina al numero considerato.
Esistono vari modi per determinare l'ordine di grandezza di un numero. Uno di essi è il seguente: innanzitutto scriviamo il numero in notazione scientifica: a = k x 10n con k  maggiore o uguale a 1 e minore di 10.  L'esponente n  è intero.
L'ordine di grandezza di a è 10n se il valor assoluto di k è MINORE di 5, invece è 10n+1 se il valor assoluto del numero k è MAGGIORE o UGUALE a 5.

Sunday, July 29, 2018

Varo, ridammi le mie legioni!

Dal sito
http://win.storiain.net/arret/num162/artic4.asp

"Ma i successi delle armi romane sono di breve durata. Nel corso dello stesso anno avviene un disastro senza precedenti in Germania. La provincia è agli ordini del governatore Publius Quintilius Varus, un parente acquisito di Menenio Agrippa, genero e uomo di fiducia di Augusto (morto 20 anni prima). Varo, che non possiede una grande statura di comandante militare, si trova in guarnigione ad Aliso, con la XVII, XVIII e XIX Legione, e si lascia imbrogliare all'annuncio di un inizio di rivolta nella regione. Non capisce che l'istigatore non è altro che Arminio, un cerusco alla guida delle truppe ausiliarie del suo stesso esercito. Ordina quindi di marciare, in pieno autunno, verso est con le tre legioni (circa 15.000 uomini) con il rinforzo di tre ali di cavalleria (circa 800 uomini). Arminio ne approfitta per disertare e preparare una vasta imboscata, con l'aiuto di Ceruschi, Cauchi e Marsi, nella foresta di Teutoburgo, fra l'Ems e la Weser. Il terreno scelto dai Germani per l'attacco (foresta fitta e paludi) impedirà ai Romani di far valere le loro qualità manovriere. La sorpresa è totale. I legionari, appesantiti dai loro bagagli (nella colonna ci sono civili, donne, bambini o schiavi) e vittime dell'apatia di Varo, vengono rapidamente accerchiati. I Romani resistono, grazie alla loro disciplina e alle loro qualità di combattenti, ma non possono sfuggire alla rete nella quale sono stati intrappolati. Gli ausiliari germani disertano e si schierano dalla parte di Arminio. Il giorno dopo, la cavalleria romana tenta di aprirsi un varco verso Aliso, ma non vi riesce. Il terzo giorno, col morale ormai a terra, i Romani soccombono alla superiorità numerica dei Germani. Verranno praticamente tutti massacrati, tranne una decina di uomini che riescono a fuggire. Varo si suicida prima di essere catturato. Il disastro è totale. Si tratta della più pesante sconfitta romana dopo quella di Crasso contro i Parti nel 53 a.C.
Arminio si afferma come una figura quasi mitica, alla quale i Germani faranno riferimento nella loro lotta contro Roma. Il capo cerusco porta con sé - umiliazione suprema per i Romani - le tre aquile delle legioni di Varo. L'imperatore Augusto viene costretto a riportare la frontiera sul Reno. Secondo Svetonio, Augusto non si rimetterà più da questa sconfitta, ripetendo senza sosta nel corso degli ultimi anni di vita: «Varo, Varo ridammi le mie legioni !». Augusto muore nel 14, senza avere occasione di una rivincita completa su Arminio, che Tiberio, suo successore, affiderà ben presto a Germanicus."

Saturday, July 28, 2018

Clades Lolliana (Latin)

Da un libro che esalta Arminio (vedi https://stretchingtheboundaries.blogspot.com/2018/07/hermann.html)
Attenzione a come è  definito Arminio, il Liberator Germaniae.


ARMINIVS CHERUSCORUM DUX AC DECUS LIBERATOR GERMANIAE.
EX COLLECTIS VETERUM LOCIS composuit I. F. MASSMANN . - professor, ordin. publ. in universit. monacensi. Hans F. Massmann
1839

CLADES LOLLIANA.
Agrippam anno 19. ante Chr. n. in Hispaniam profectum 9) in Germania legatus M. Lollius secutus est, homo in omni pecuniae quam recte faciendi cupidior et inter summam vitiorum dissimulationem vitiosissimus. 10) Insidiis Romanorum Germani cisrhenani in arma versi ac circumventi sub M. Lollio legato graviter vexati erant 11). qua propter Siggambri Usipetes Tencterique 12), qui primum quosdam in suo territorio deprehensos Romanorum in crucem egerant, deinde Rheno transmisso ex Germania (romana) Gallia que praedas egerant. equitatum Romanorum contra se missum iterum per insidias civcumvenerunt et a fugientibus usque ad Lollium praefectum praeter opinionem secum pertracti hunc quoque vicerunt 1). amissaque est legionis quintae aquila 2). Post quae in suam terram regressi 3). Quae clades Lolliana 4) vocavit ab urbe in Gallias Caesarem Octavianum 5); sed majoris infamiae quam detrimenti, dum posterior Variana pene exitiabilis 6). Sed unitas semper clades nominant scriptores Lollianas Varianasque 7).

9) Dio Cass. LIV, 11. - 10) Vellej. Paterc. II, 97. - 11) Julius Obsequens de prodigiis 131. et Eusebius ad Olymp. 190: Germanous  katestrepsato Lollios Markos veoterisantas.  Quae Lipsius, Schefferus alii verti voluerunt "Germanorum Romani, quasi ex Dione imperitus quispiam historiae reverentia nominis romani vocabula haec inter se fortasse permutaverit". Cf. Ledebur de Bructeris pg. 19. et Luden Hist. Germ. I, 638, 22. - 12) Cf. et Propert. IV, 6, 75; Horatii Od. IV, 14.
1) Dio Cass. LIV, 20. - 2) Vellejus II, 97. - 3) Dio LIV, 20. - 4) Sueton. Octav. 23. - 5) Vellej. II, 97. - 6) Sueton. Octav. 23. - 7) Tacit. A. I, 10. Sueton. Octav. 23: Graves ignominias cladesque duas omnino nec alibi quam in Germania accepit Lollianam et Varianam.

Clades Lolliana

Sto facendo una ricerca su vittorie e sconfitte dei Romani.
Sulle Clades Lolliana, vi giro l'articolo di de.wikipedia 

Als Clades Lolliana (Niederlage des Lollius) wird ein Gefecht zwischen römischen Truppen und den germanischen Stämmen der Sugambrer, Tenkterer und Usipeter bezeichnet, das 17 oder 16 v. Chr. stattfand und mit einer römischen Niederlage endete.
Nach einem erneuten Einfall der drei germanischen Stämme in das linksrheinische Gebiet, das zur römischen Provinz Gallien gehörte, zog der dortige Statthalter Marcus Lollius diesen entgegen. Jedoch siegten die germanischen Stämme über Lollius und waren sogar in der Lage, den Adler der 5. Legion zu erbeuten. Dieser Verlust bedeutete einen hohen Prestigeverlust für den Kaiser Augustus, der die Bedeutung des Legionsadlers in der römischen Öffentlichkeit gerade herausgestellt hatte, um das Ende des Konfliktes mit den Parthern, die drei erbeutete Legionsadler an das römische Reich zurückgegeben hatten, in besserem Licht darzustellen. Augustus brach noch im Jahr 16 v. Chr. nach Gallien auf, wo er drei Jahre blieb. Die Lollius-Niederlage wird oft als auslösender Faktor für seinen mit den Drusus-Feldzügen (12 bis 8 v. Chr.) beginnenden Versuch gesehen, Germanien zu erobern.
Die Niederlage wird von zahlreichen antiken Schriftstellern erwähnt. Die ausführlichsten Schilderungen finden sich bei Velleius Paterculus und Cassius Dio. Tacitus und Sueton stellen die Niederlage des Lollius mit der des Varus 9 n. Chr. zusammen. Weitere Erwähnungen gibt es bei Iulius Obsequens, dem griechischen Epigrammatiker Krinagoras und eventuell Properz. Wie schwer die römische Niederlage tatsächlich ausgefallen ist, lässt sich dennoch kaum erkennen. Laut Cassius Dio (und einer Andeutung bei Horaz) schlossen die Germanen Frieden, sobald sie von der bevorstehenden Ankunft des Augustus hörten, doch wird nicht erwähnt, ob es dabei auch zur Rückgabe des Adlers kam.

The Clades Lolliana (defeat of Lollius) is a battle between the Roman troops and the Germanic tribes of Sugambri, Tencteri and Usipetes (17 or 16 BC). It ended in a Roman defeat.
After a renewed invasion of the three Germanic tribes of the left bank of the Rhine, which belonged to the Roman province of Gaul, the governor Marcus Lollius moved against them. However, the Germanic tribes triumphed over Lollius and were even able to capture the eagle of the 5th Legion. This loss meant a great loss for the prestige of Emperor Augustus, who had just exposed the importance of the eagle of a legion to the Roman people to highlight the end of the conflict with the Parthians, returning the eagles of three legions  to the Roman Empire. In 16 BC, Augustus went to Gaul, where he stayed for three years. The Lollius defeat is often seen as the triggering factor for his attempt to conquer Germania,  at the beginning with the Drusus campaigns (12-8 BC).
The defeat is mentioned by numerous ancient writers. The most detailed descriptions can be found in Velleius Paterculus and Cassius Dio. Tacitus and Suetonius compare the defeat of Lollius to that of Varus in 9 AD [that of the Teutoburg forest]. Further mentions can be found in Iulius Obsequens, the Greek epigrammatist Krinagoras and possibly Properz. How serious the Roman defeat was is still to investigate, and it can be difficult to determine. According to Cassius Dio (as hinted by Horace), the Teutons made peace as soon as they heard of the imminent arrival of Augustus, but no mention is made of whether or not the eagle was returned.



Riferimenti sulla Clades Lolliana

Reinhard Wolters: Römische Eroberung und Herrschaftsorganisation in Gallien und Germanien. Brockmeyer, Bochum 1990, ISBN 3-88339-803-9, S. 140 f. und 149–157 (Bochumer historische Studien, Alte Geschichte, 8).
Reinhard Wolters: Die Römer in Germanien 4., aktualisierte Auflage. Beck, München 2001, ISBN 3-406-44736-8.
Weblinks
Zur Clades Lolliana und ihren Folgen auf der privaten Webseite des Archäologen Jürgen Franssen


Riflessione su Plutarco

Dall'enciclopedia Treccani
http://www.treccani.it/enciclopedia/plutarco/

Plutarco (Cheronea, Beozia, 50 d. C. - ivi dopo il 120) studiò ad Atene presso il platonico Ammonio, e dopo alcuni viaggi tornò nella sua città, donde però si allontanò ripetutamente per incarichi politici. Fu più volte a Roma, dove ebbe amici illustri tra cui Gaio Minucio Fundano e Aruleno Rustico. Fu arconte in Cheronea, poi sacerdote del tempio di Delfi (dal 95 alla morte). 
La posizione filosofica di Plutarco è una espressione tipica della cultura della tarda età ellenistico-romana, nella quale in un comune e spesso generico sfondo platonico rifluiscono suggestioni e influenze di varia origine, così filosofica (aristotelismo, stoicismo, neopitagorismo) come religiosa (in particolare religioni misteriche orientaleggianti). In campo etico, Plutarco seguendo le concezioni aristoteliche, distingue nell'anima tre aspetti e pone il canone della condotta nella medietà delle passioni dominate e controllate dalla parte razionale. Da ciò deriva la tranquillità spirituale (εὐϑυμία) elevata a virtù suprema. Lo stesso principio deve ispirare anche la politica che è, per Plutarco, l'arte di placare le folle e di conservare la pace. Perciò egli accetta il dominio romano, in cui vede adempiute le esigenze di una politica di pace. Da tale atteggiamento politico verso Roma è guidata la costruzione delle Vite parallele scritte per dimostrare le analogie, ma anche le differenze, fra gli eroi greci e romani. Oltre a 4 biografie isolate (quelle di Artaserse II, Arato di Sicione, Galba, Otone) sono esaminate le vite di 22 coppie di personaggi, uno greco e uno romano (Teseo e Romolo, Licurgo e Numa, ecc.), di cui all'inizio, nel Proemio, sono messe in luce le affinità, e alla fine, nel paragone (σύγκρισις) le differenze. La tradizione dei rapporti fra Greci e Romani era già nelle Imagines di Varrone e nelle Vitae di Cornelio Nepote; ma la novità di Plutarco consiste nell'accentuare nel confronto l'esistenza di due mondi, due culture, due civiltà che si integrano reciprocamente nell'Impero Romano. Bisogna però osservare che, se in generale l'atteggiamento di Plutarco è imparziale, egli era un greco giustamente impegnato a recuperare e far rivivere la passata grandezza della Grecia. Il tratto caratteristico delle Vite è l'indagine dell'intera storia di Roma e della Grecia attraverso l'ethos dei personaggi, che sono sì protagonisti di grandi imprese, ma si impongono alla nostra attenzione anche per particolari di minor rilievo e per aspetti poco conosciuti della loro personalità e umanità. Se la cronologia delle Vite è oscura, le fonti invece sono, in generale, più riconoscibili: per le vite romane Plutarco attinge quasi sempre direttamente agli storici o comunque a fonti di prima mano (Dionisio di Alicarnasso, Sallustio, Livio, Polibio, ecc.); le fonti delle vite greche sono in generale ancora biografie, anche se per lo più incerte, ma possiamo riconoscere Ermippo (per Solone), Filarco (per Agide e Cleomene) e poi Erodoto, Tucidide, Senofonte, Ctesia, Teopompo.  

Clades Variana (Teutoburgo): la strage finale

Il terzo giorno fu l'ultimo ed il più tragico per l'armata romana, ormai decimata dalla furiosa lotta dei giorni precedenti. La pioggia ed il vento si erano scatenati nuovamente, impedendo ai soldati romani di muoversi o di poter costruire un campo entro cui difendersi. La pioggia era talmente copiosa che avevano difficoltà ad usare le armi, che l'acqua rendeva scivolose.
I Germani pativano di meno. Il loro armamento era più leggero ed avevano la possibilità di attaccare e di ritirarsi velocemente nella vicina foresta. L'eco della battaglia aveva dato morale alle vicine tribù barbare che, fiduciose per l'esito finale della battaglia, avevano inviato nuovi rinforzi, infoltendo il già cospicuo numero di armati germani. I soldati romani, sempre più decimati e ormai ridotti allo stremo, erano ovunque circondati e colpiti da ogni parte. Era arrivata la fine. 
Varo e gli alti ufficiali, nel timore di essere catturati vivi o di morire per mano dei Germani compirono un suicidio collettivo.  Non appena si diffuse la notizia della morte di Varo, molti soldati romani smisero di combattere preferendo uccidersi o fuggire piuttosto che venire catturati. I resti dell'esercito romano erano ora allo sbando. Celio, caduto prigioniero, afferrò le catene che lo tenevano legato e si colpì  sulla testa con tale violenza da morire velocemente.
I Germani sfogavano la loro crudeltà sui prigionieri romani. Non ci fu mai nulla di più cruento di quel massacro fra paludi e foreste. Ad alcuni soldati romani strapparono gli occhi, ad altri tagliarono le mani, di uno fu cucita la bocca dopo avergli tagliato la lingua. Gran parte dei superstiti vennero sacrificati alle divinità germaniche. Qualcuno venne liberato, o scambiato con prigionieri germanici o dopo riscatto.
Durante la spedizione del 15, sei anni dopo la disfatta, Germanico si fece condurre sul campo della battaglia di Teutoburgo dai pochissimi superstiti, gli unici che fossero in grado di indicare il luogo. Voleva dare degna sepoltura ai resti dei soldati morti sei anni prima. E vide lo scempio del massacro.
Giunto sul luogo della battaglia, Germanico vide  biancheggiare le ossa dei romani, ammucchiate e disperse. Sparsi intorno, sui tronchi degli alberi erano conficcati teschi umani. Nei vicini boschi sacri si vedevano altari su cui i Germani avevano sacrificato i tribuni ed i principali centurioni.