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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Saturday, March 23, 2019

The q-integers and the Mersenne numbers

The q-integers and the Mersenne numbers: Here we will show that the q-integers, the q-analogue of the integers that we can find in the q-calculus, are forming an additive group having a generalized sum similar to the sum of the Tsallis q-entropies of independent systems. The symmetric form of q-integers will be studied too. We will see that these numbers are linked to the Kaniadakis \kappa-calculus. In the article, a final discussion will be devoted to the link of the q-integers to the Mersenne numbers. Besides the discussion of the previously mentioned numbers, the general aim of the paper is that of popularizing the existence of the q-calculus.


The Tsallis Distribution

The Tsallis Distribution





The Tsallis distribution was introduced in 1988 by Constantino Tsallis as a generalization of the Boltzmann-Gibbs distribution and has been used in many fields of physics.
The distribution introduces a new parameter q. In the limit where this parameter is 1 it reproduces the standard Boltzmann-Gibbs distribution.

I Turingi di Torino

Nel IV – V secolo Torino diventa cristiana. Mentre declina e cade l'impero d’Occidente anche la regione subalpina non sfugge alle invasioni barbariche: è del 402 la battaglia di Pollenzo tra i Visigoti di Alarico e Stilicone e nel 405 le orde gote di Radagaiso devastano le campagne intorno a Torino. Dopo i saccheggi dei Burgundi e le deportazioni di contadini in Gallia (*), alla fine del V secolo si torna progressivamente alla normalità con la vittoria di Teoderico re dei Goti e l’avvio del suo regno in Italia. L’insediamento e il sepolcreto aristocratico scoperti a Collegno sono tracce materiali rare e importanti della presenza gota nella penisola italiana. Riprendono gli scambi economici e Torino recupera forse una certa prosperità, come attesta lo sviluppo del gruppo cattedrale.
Nel VI secolo si teme l’arrivo dei Franchi, ma nel 570 sono i Longobardi a prendere il controllo della regione.
Al sito www.piemonteis.org, si legge che i “Longobardi”  che giunsero in Piemonte a partire dal 569, fondando il Regnum Langobardum, erano un raggruppamento polietnico formato da tribù di ceppo diverso, accomunate dal riconoscimento dell’autorità di un leader e di un popolo-guida (i Longobardi, appunto), com’era nei costumi delle popolazioni barbariche seminomadi del tempo.


Croce Longobarda. Courtesy Wikipedia

L’area del Torinese occidentale era una zona prossima al confine con i territori occupati dai Burgundi, popolo federato dei Franchi. Per questa ragione nella regione ci fu una particolare concentrazione di insediamenti longobardi, poggianti sull’unità base di organizzazione sociale e militare detta “fara” (da cui, ad esempio, il paese di Fara Novarese). L’elemento etnico prevalente era quello dei Turingi. Come dice il sito  consultato, il duca di Torino, Agilulfo, che poi divenne re, era definito “Dux Turingorum de Taurini”. 
Il Piemonte venne ripartito in quattro Ducati, che si imperniarono sui centri di Torino, Asti, Ivrea, e sull’isola di San Giulio d’Orta, che risultava comunque già fortificata dall’età teodoriciana.
Lungo i grandi assi di comunicazione che conducevano ai valichi alpini, il confine del Regno era fortificato dalle chiuse, strutture difensive poste nei fondovalle di Aosta e di Susa, nelle strettoie di Bard e di Chiusa S. Michele, e proprio alla chiusa valsusina i Longobardi cercheranno invano di fermare l’avanzata dei Franchi di Carlo Magno nel 773.

"In questo quadro di riconsiderazione della presenza longobarda in Piemonte come parte importante della nostra storia, s’inserisce la rievocazione storica di Cannetum Longobardorum, che da sei anni a questa parte si tiene in bassa Val Maira."


Una immagine dalla rievocazione storica di Cannetum Longobardorum.
Si ringrazia il sito www.piemonteis.org per la fotografia.


Lettura fortemente consigliata:
Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 10°, i Longobardi, Burgundi e Franchi.
https://www.ilcinzanino.org/2011/03/piccola-storia-del-piemonte-1058-i.htm

"Dai reperti disponibili si deduce che i Longobardi si stanziano sul territorio a piccoli gruppi di famiglie. All'inizio seguono le loro tradizioni, ma sono comunque attratti dalla civiltà latina, o comunque dalla civiltà del posto. Con gli anni si ha un travaso reciproco di culture, la lingua diventa ufficialmente quella latina, in pratica la lingua della gente tende sempre di più a quello che sarà il volgare piemontese. La popolazione tende ad assumere suoi caratteri particolari, ed anche il nome delle persone (come sarà rilevato più tardi, quando vi sarà maggiore documentazione scritta), diventa spesso longobardo. ... Molti sono i toponimi in Piemonte che possono essere fatti risalire ai Longobardi, in particolare quelli con suffisso in …engo, come Marengo, Murisengo, Aramengo, Odalengo, etc. ...
Se facciamo un punto della situazione linguistica verso il 650 d. C. abbiamo un originario ceppo Celto-ligure al quale il Latino ha fornito la sua struttura generica ed un certo arricchimento del lessico. Questa lingua evolve in modo abbastanza isolato ed autonomo, con interferenze provenienti dai linguaggi d'Oltralpe. A tutto ciò si sovrappone ora la lingua dei Longobardi, che pure tendono ad assumere il Latino come lingua "ufficiale", lingua che però è sempre meno conosciuta dalla popolazione. Nelle valli alpine l'influenza delle lingue galliche è dominante. Dal punto di vista etnico, la popolazione piemontese è ora di provenienza molto "incrociata", costituita da meticci che possono vantare origini in mezza Europa."

A proposito dei toponimi che finiscono in -engo, aggiungo un commento.
Diciamo che si deve leggere, -engh. Ci sono 22 comuni su un migliaio in Piemonte col nome che finiscono in -engo. Tra di essi vi è Verolengo (Vorlengh). Dai tempi dell'antica Roma il territorio dell'attuale comune è stato sede di insediamenti urbani. Nel territorio che oggi ospita gli abitanti di Arborea e Benne sorgeva la Mansio Quadrata, che era una stazione di posta in cui coloro che percorrevano la strada Torino-Pavia potevano riposare e rifocillare i cavalli. 

Lago d'Averno e lo Stige

Da Wikipedia
"Il nome Avernus deriva dal greco άορνος (senza uccelli). Si narra che tale assenza fosse dovuta al fatto che le acque del lago esalassero dei particolari gas che non permettessero la vita agli uccelli. Secondo la religione greca e poi romana, era un accesso all'Oltretomba, regno del dio Plutone. Per tal motivo gli inferi romani (l'Ade greco) si chiamano anche Averno. Il lago di Averno giace all'interno di un cratere vulcanico spento, nato 4.000 anni fa." Il poeta Virgilio, nel sesto libro dell'Eneide, colloca vicino a tale lago l'ingresso agli Inferi, dove  Enea deve recarsi. 

Vicino al lago c'è una galleria scavata nel tufo, abbastanza lunga e molto buia, ed in fondo c'è lo Stige.  Ho visto il fiume dove Teti ha immerso Achille, per renderlo invulnerabile, tenendolo per un tallone! 


Lago d'Averno. Sullo sfondo l'isola di Capri e sulla destra il promontorio di Capo Miseno.
Courtesy Denghiù, 2007


Campi Flegrei

Supervulcani: l'evoluzione (pericolosa) dei Campi Flegrei
https://www.focus.it/scienza/scienze/supervulcani-campi-flegrei-a-rischio-eruzione

"I Campi Flegrei sono un'area della Campania situata a ovest di Napoli e dell'omonimo golfo, nota fin dall'antichità per la sua "vivace" attività vulcanica, caratterizzata da diverse, violente eruzioni da circa 60.000 anni fa in poi - accompagnate da una lunga serie di episodi considerati "minori" in qualche caso così violenti da coprire di tufo gran parte dell'odierna Campania."

L'area flegrea è un supervulcano, inserito tra i dieci vulcani più pericolosi del Pianeta.


Mi ricordo bene la visita alla solfatara, posto molto pericoloso.

Plinio il Vecchio

Gaio Plinio Secondo

Magistrato romano

Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (in latino: Gaius Plinius Secundus; Como, 23 AD – Stabia, 25 agosto o 25 ottobre 79), è stato uno scrittore, naturalista, filosofo naturalista, comandante militare e governatore provinciale romano.

Plinio il Giovane, suo nipote, ce lo rappresenta come un uomo dedito allo studio e alla lettura, intento ad osservare i fenomeni naturali e a prendere continuamente appunti, dedicando poco tempo al sonno e alle distrazioni. Il racconto della sua morte, contenuto in una lettera del nipote Plinio il Giovane, ha contribuito all'immagine di Plinio come protomartire della scienza sperimentale (definizione di Italo Calvino), anche se, sempre secondo il resoconto del nipote, si espose al pericolo anche per recare soccorso ad alcuni cittadini in fuga dall'eruzione, in quanto comandante della flotta di stanza a capo Miseno. Infatti, in occasione dell'eruzione del Vesuvio del 79 che seppellì Pompei ed Ercolano, si trovava a Miseno come praefectus classis Misenis. Volendo osservare il fenomeno il più vicino possibile e volendo aiutare alcuni suoi amici in difficoltà sulle spiagge della baia di Napoli, fra le quali Rectina, parte con le sue galee, che attraversano la baia fino a Stabiae (oggi Castellammare di Stabia) dove muore, probabilmente soffocato dalle esalazioni vulcaniche, a 56 anni.
Questo è quanto dice Wikipedia. Mi pare però di aver letto da qualche parte che la morte di Plinio sia stato l'unico decesso sulla nave, e che la flotta riuscì a soccorrere alcune persone. Può essere che Plinio abbia avuto un malore.
I primi eventi sismici ebbero già inizio nel 62 d.C., con il crollo di diverse case che furono poi ricostruite negli anni successivi. Solo alcuni anni dopo, nel 79 d.C., il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che porterà poi al seppellimento di alcune zone di Stabia, Pompei, Ercolano e molte città a sud-est dal Vesuvio. Intorno all'una del pomeriggio con un boato terribile il Vesuvio eruttò. Le sostanze eruttate per prime dal Vesuvio furono fondamentalmente pomici, quindi rocce vulcaniche originate da un magma pieno di gas e raffreddato. Mescolate alle pomici si trovano parti di rocce di altra natura che furono trasportate dal magma. Secondo una stima di Plinio il Giovane, testimone del fenomeno, l'altezza della nube indicata secondo le moderne unità di misura può aver raggiunto i 26 chilometri.


Ricostruzione della morte di Plinio il Vecchio in una stampa del XIX secolo.


Marco Mengoni - Hola - Official Video (LIVE a Palazzo Madama)


Marco esce da Palazzo Madama in una notte piovosa

Friday, March 22, 2019

Crivello di Eratostene


C'è vita intelligente nell'Universo. Grande Eratostene!

crivèllo s. m. [cribellum, dim. di cribrum «vaglio»]. – 1. Apparecchio costituito da un telaio sul cui fondo è fissata una rete metallica o una lamiera perforata, usato in agricoltura, nell’edilizia, nell’industria estrattiva, ecc., per dividere materiali incoerenti in due classi di pezzatura, separando gli elementi che passano attraverso da quelli che ne sono trattenuti a seconda delle dimensioni o della forma delle maglie (o dei fori). 2. In matematica, c. di Eratostene, metodo che permette di individuare i numeri primi inferiori a un dato numero.  3. In similitudini e in usi fig.: forare, bucherellare, ridurre come un c., persone o cose (mediante spari, colpi, ecc.); raro, passare al c., passare al vaglio, sottoporre a un esame minuzioso.

Manca qualcuno?

I primi insediamenti nella regione che oggi viene chiamata Piemonte risalgono al Paleolitico (tracce della presenza umana sono state ritrovate sul Monte Fenera nei pressi di Borgosesia). Al Neolitico risalgono invece gli utensili ritrovati nei pressi di Alba, Ivrea e nella Valle di Susa.
Il territorio fu poi abitato dai Liguri, stanziatisi in gran parte dell'Italia settentrionale, e da altri popoli di stirpe celtica e celto-ligure, quali i Taurini, i Graioceli, i Bagienni, i Salassi e i Vertamocori. Una grande varietà di popolazioni, dunque, ...  Sembra che la città di Torino sia sorta in epoca romana poco lontano da un insediamento di Taurini, dai quali potrebbe prendere il nome.
I Romani giunsero in Piemonte nel II secolo a.C., fondandovi le città di Derthona nel 120 a.C. ed Eporedia nel 100 a.C. come avamposto per controllare la popolazione dei Salassi e la via delle Gallie che passava per i valichi alpini della Valle d'Aosta. Con Cesare, durante la campagna gallica, nacque la città romana di Julia Augusta Taurinorum, l'odierna Torino. La parte rimanente del Piemonte, costituita soprattutto da zone montuose, venne conquistata soltanto da Ottaviano Augusto.
Il Piemonte venne diviso tra la Gallia Cisalpina e le province romane delle Alpes Cottiae, Alpes Maritimae ed Alpes Poenninae. I Romani, come in gran parte del Nord Italia, fondarono alcune delle maggiori città piemontesi vicino o su preesistenti insediamenti di origine celto-ligure, come Asti, Alba, Acqui Terme, Novara, Vercelli. E poi ci sono i castra e le mansiones. 
Nel 312, l'esercito di Costantino I, si scontrò vittoriosamente contro le truppe di Massenzio, nell'area compresa tra Alpignano e Rivoli. L'evento viene generalmente ricordato come battaglia di Torino.
Al termine dell'epoca romana spicca la battaglia di Pollenzo, combattuta nel 402 da Stilicone contro le truppe dei Visigoti nella pianura intorno a Bra.
Segnamo: Visigoti.
Nei primi anni successivi alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente il Piemonte passò sotto il controllo delle popolazioni germaniche: entrata prima nel dominio di Odoacre, fu poi conquistata dai Burgundi e dagli Ostrogoti. A metà del VI secolo furono sostituiti dai Bizantini. Però, nel 568, arrivò una nuova popolazione germanica, i Longobardi: le città bizantine del Piemonte si arresero senza opporre resistenza, e così finì in breve tempo la dominazione dell'Impero bizantino. Alcuni dei nuovi padroni longobardi stanziatisi in Italia settentrionale salirono a capo del nuovo regno con capitale a Pavia: tra essi, significativa per il Piemonte è la figura di Agilulfo, tra i primi duchi di Torino.
A questo periodo risalgono la suddivisione del territorio in ducati, quali quelli longobardi di Torino, Asti, Ivrea e San Giulio, la fondazione di numerosi importanti monasteri (come l'abbazia della Novalesa) e la redazione di alcune importanti norme giuridiche e amministrative.
La posizione strategica del Piemonte era ben chiara nel Medioevo, quando Carlo Magno comprese la necessità d'impossessarsi della regione per conquistare il regno longobardo di Desiderio. La battaglia che si svolse presso la Chiusa di San Michele fu decisiva per il re franco: sconfitti i longobardi, egli penetrò in profondità nel territorio piemontese, raggiungendo Torino e marciando a tappe forzate verso Pavia.
Un lungo periodo di pace fu interrotto a partire dal IX secolo, con le incursioni di pirati Saraceni provenienti dalle coste Liguri, che segnarono profondamente la storia della regione, terrorizzando la popolazione e rendendo insicuri i commerci via terra lungo i valichi alpini. Tra il 912 e il 920 venne anche saccheggiata l'abbazia di Novalesa, che sorgeva presso il Moncenisio, e Oulx fu quasi rasa al suolo. I monaci della Novalesa, dopo il saccheggio, si rifugiarono a Torino. 
Fermiamoci alle soglie del secondo millennio, quando il Piemonte è entrato a far parte integrante dell'Impero Carolingio.
Vediamo un po'. Facciamo così, nei Romani, mettiamo anche gli schiavi che arrivavano da mezzo mondo e i milirati. Ci sarebbero i Batavi e i Britanni, ma non misero radici. Invece pare che ciò sia capitato per i Sarmati. Quindi: Liguri, Celti, Romani, Sarmati, Burgundi, Goti, Longobardi, Franchi, Saraceni ... Manca qualcuno?
Gli Etruschi che percorrevano la regione coi loro commerci. I Cartaginesi, ma erano di passaggio.

La Magna Charta a Vercelli

A Vercelli arriva la Magna Charta per gli 800 anni della basilica di Sant’Andrea
Il documento del 1215, uno dei capisaldi della democrazia europea e mondiale, sarà esposto in Arca.
"Il documento rappresenta una delle quattro copie conformi del testo originale del 1215, con cui l’Arcivescovo di Canterbury decretò la pace tra l’impopolare Re Giovanni d’Inghilterra e un gruppo di baroni ribelli; sarà la prima esposizione italiana della Magna Charta, che nel corso dei secoli ha lasciato pochissime volte il suolo britannico per essere esposta altrove."

La navata centrale della Basilica di Sant'Andrea di Vercelli. Courtesy Alessandro Vecchi

A Vercelli la Magna Charta: fu il primo documento che riconobbe i diritti umani
La "Magna Charta Libertatum" esposta a Vercelli, Fino al 9 giugno nell'Arca di San Marco una mostra dedicata a Guala Bicchieri, tutore del giovane re Enrico II
"La Magna Charta — questo il nome originale — viene esposta in una mostra che celebra gli ottocento anni dell’Abbazia di Sant’Andrea di quella città. Vuole essere un omaggio al cardinale Guala Bicchieri, che con la posa della prima pietra, il 19 febbraio 1219, diede avvio alla costruzione di uno dei primi esempi di edificio gotico in Italia. La sua figura è legata alla vicenda della Magna Charta, perché l’alto prelato vercellese, dotato di grandi doti diplomatiche, fu legato pontificio presso la corte inglese e tutore del giovane re Enrico III: in quella veste fu supervisore del documento, ponendo il proprio sigillo sia nella visione revisionata del 1216, sia nella riconferma della carta del 1217 esposta a Vercelli. "

Il Guala appare in un primo documento come  Wala Bicherius beati Eusebii ecclesie canonicus.
http://www.treccani.it/enciclopedia/guala-bicchieri_(Dizionario-Biografico)/

Per Guala Bicchieri è stato proposto un legame coi  signori di Casalvolone: una famiglia antica, potente già prima del Mille, discendente da “Wala de loco Casali qui dicitur Waloni”, che è “vassus et missus” dei re Berengario II e Adalberto nel 956.
http://rm.univr.it/biblioteca/volumi/vercelli/VercellinelsecoloXII.pdf
La famiglia aveva possedeva un borgo feudale di Casale Gualonis, che dominò per molto tempo sul territorio (dall'anno 800 al 1350 circa ).

Guala è un nome proprio di persona italiano maschile e femminile. Etimologicamente, si tratta di un nome germanico, per la precisione longobardo, basato sull'elemento valah (o wala, "forestiero", "straniero", "viaggiatore"), contenuto anche nei nomi Gualfredo e Valerico. È usato anche nome cognome, attestato principalmente in Piemonte.