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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Tuesday, January 22, 2019

Ara Pacis

Time, History, and Ritual on the Ara Pacis Augustae, by Peter J. Holliday
Pages 542-557 | Published online: 09 May 2014

Abstract
Studies of the Ara Pacis and similar public Roman monuments traditionally address the potent political symbolism of their decorative programs, and emphasize dynastic and other imperial policies. It is suggested here that the Altar's imagery of the Golden Age, usually discussed as mere poetic allusion, actually appealed to a significant component of the Roman populace. The program of the Ara Pacis addressed this group's very real fears of cyclical history, and promised that the rule of Augustus would avert the cataclysmic destruction of the world predicted by contemporary models of historical thought.

Ovid, Fasti

III. KAL. 30th
[709] The course of my song hath led me to the altar of Peace. The day will be the second from the end of the month. Come, Peace, they dainty tresses wreathed with Actian69 laurels, and let thy gentle presence abide in the whole world. So but there be nor foes nor food for triumphs, thou shalt be unto our chiefs a glory greater than war. May the soldier bear arms only to check the armed aggressor, and may the fierce trumpet blare for naught but solemn pomp! May the world near and far dread the sons of Aeneas, and if there be any land that feared not Rome, may it love Rome instead! Add incense, ye priests, to the flames that burn on the alter of Peace, let a white victim fall with wine anointed brow, and ask of the gods, who lend a favouring ear to pious prayers, that the house, which is the warranty of peace, with peace may last for ever.
[723] But now the first part of my labour is done, and with the month of which it treats the book doth end.

NULLA VA PERDUTO: LA FONDAZIONE DI TORINO - Julia Augusta Taurinorum...

NULLA VA PERDUTO: LA FONDAZIONE DI TORINO - Julia Augusta Taurinorum...:

A cura di Luca De Chiara - 16 Settembre 2013
La città di Torino venne fondata in epoca romana sotto Ottaviano Augusto, nel I sec. a. C., (28-29 a. C.), in quel tratto di regione pedemontana (Piemonte, nel suo significato di territorio ai piedi della corona delle Alpi) delimitato a Nord dalla Dora Riparia e ad Est dal Fiume Po, anticamente occupato da tribù nomadi celto-liguri dette Taurini, da qui l’origine del nome Julia Augusta Taurinorum.
Quale avamposto militare romano, scelto per la formidabile posizione strategica, al fine di  controllare la via delle Gallie insieme alla più avanzata Augusta Praetoria (attuale Aosta), la città di Torino venne originariamente organizzata secondo l’impianto a castrum, caratterizzato da una forma urbis quadrata, cinta da mura e ripartita in scacchiera, i cui lati dovevamo approssimativamente misurare 720x 660 metri, per una popolazione che all’incirca contava tra i 5.000 e i 7.000 abitanti .






Cardo e Decumano

‘L’antico romano sapeva che il cardo lungo il quale camminava era parallelo all’asse intorno a cui rotava il sole, e sapeva di seguire il corso di questo allorché percorreva il decumanus; egli era in grado di decifrare, in base alle istituzioni civiche, il significato del cosmo e ciò lo faceva sentire intimamente inserito in esso’. (da J. RYKWERT, L’idea di città, Milano, 2002)

ROMA ANTICA E L’IDEALE DI CITTÀ (CON QUALCHE ESEMPIO DALLA STORIA COLONIALE REPUBBLICANA). Testo della relazione pronunciata il 29 gennaio 2014 in occasione dell’Incontro di Studio organizzato da Laura Solidoro e Anna Bottiglieri nell’Università degli Studi di Salerno sul tema ‘La città ideale’.


Ecco il decumano di Torino, sotto l'odierna via Garibaldi, 

Si veda anche

Ecco il decumano da un altro punto di vista.


Ringrazio il sito Museo Torino e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie. L'immagine è usata a solo scopo divulgativo e di analisi storico-scientifica.

Monday, January 21, 2019

Scatti e Pensieri. Il blog di Bruno Mora : L'abbazia di Santa Maria di Staffarda

Scatti e Pensieri. Il blog di Bruno Mora : L'abbazia di Santa Maria di Staffarda: L' abbazia di Santa Maria di Staffarda è uno dei grandi monumenti medioevali del Piemonte e si trova conservata in gran parte nella sua...

Forum Vibii - tra Revello e Staffarda

Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città ed ai marchesi di Saluzzo, Volume 1
Delfino Muletti, Lobetti-Bodoni, 1829.

In Revello, insigne terra lontana tre miglia da Saluzzo, fu già copiata dal nostro infaticabile scrittore  monsignor Della Chiesa una lapide dicente:
C - VIBIVS . VETTIVS - C - F  POLLIA - SACERDOS - AVGVS - - S - - - MINERVALIS - - - ET - SVIS T - F - I
Nelle campagne di Revello verso Staffarda esisteva sicuramente l'antico Forum Vibii ricordato in due luoghi da Plinio: Transpadana appellatur ab eo ( Pado) regio undecima, tota in mediterraneo, cui maria cuncta fructuoso aloeo important. Oppida Vibi Forum, Segusio, coloniae ab Alpium radicibus, Augusta Taurinorum ecc. (1) ed alquanto prima colle seguenti parole: Padus e gremio Vesuli montis, celsissimum in cacumen elati, finibus Ligurum Vagiennorum visendo fonte profluens, condensque sese cuniculo et in Forovibiensium agro iterum ecoriens, nulli amnium claritate inferior, Graecis dictus Eridanus ecc. (1). Questa particolarità narrataci da Plinio, e confermata da Solino che dice cap. 8 ): unde se primum Padus promit, submersusque cuniculo, rursus in agro Vibonnensi ectollitur, basta ad indicarci il sito del Forum Vibii. Il Po, dopo essersi parte perduto fra sassi e fra l'arena alquanto al di sotto del luogo di Sanfronte, e la porzione maggiore e restante nell'alveo dopo esser deviata in canali pei molini di Revello e per l'irrigazione del suo vasto territorio, rimane affatto asciutto nell'estiva stagione tra Saluzzo e Revello, ma non lungi dalle possessioni dette Laurentia e Paracollo, nel confine appunto dei due territorii, ritorna a sorger da vari fonti ricco d'acque in modo che appena ad un miglio di distanza da quel punto, e senza che riceva il soccorso d'altri torrenti o canali che possano nella calda stagione condurvi nuov'acqua, egli resta spesso atto a sostenere piccole barche verso il passo della strada che da Saluzzo tende a Cavorre, ma sempre però è navigabile in vicinanza di Cardè, luogo a due sole miglia da queste seconde sorgenti. ...
Questo luogo doveva dunque trovarsi tra Revello e Staffarda, come anche opinarono il Durandi in più luoghi delle sue opere e i dotti autori della raccolta de marmi Torinesi (1). Il nome gli venne dai Vibii, illustre famiglia Vercellese, i quali o fondarono o riedificarono la terra, o città che fosse. Un Crispo Vibio a tempi di Cicerone aveva fama di valente oratore, e fu rammentato da Tacito nel libro xiv de' suoi annali. In fine l'iscrizione qui avanti apportata, già esistente in Revello, che ci rammenta un C. Vibio, figliuolo forse d'altro Caio, secondo possono spiegarsi le lettere C. F., ci toglie ogni dubbio sul luogo del Forum Vibii, e la parola POLLIA, di cui in essa, ci fa vedere che questo Foro, e probabilmente tutta la valle del Po, fossero ascritti alla tribù Pollia, come lo erano parimente le valli di Varaita, di Macra, ed alcune colonie Romane nel Piemonte, fra le quali Ivrea (2).

Virgilio e la Centuriazione

https://it.wikipedia.org/wiki/Centuriazione
"I romani cominciarono ad utilizzare la centuriazione in relazione alla fondazione, nel IV secolo, di nuove colonie nell'ager sabinus. Lo sviluppo delle caratteristiche geometriche ed operative che sarebbero divenute quelle classiche si ebbe con la fondazione delle colonie nella pianura padana, a partire da Ariminum (Rimini) nel 268 a.C.[1].
La legge agraria di Tiberio Gracco del 133 a.C. che prevedeva la privatizzazione dell'ager publicus, dette un grande impulso alle divisioni di terre effettuate con la centuriazione[2]. In seguito la centuriazione fu utilizzata sia nei casi di bonifiche che di fondazione di nuove colonie, sia nell'assegnazione di terre ai veterani delle tante guerre civili tra la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero, tra le quali la Battaglia di Filippi del 42 a.C.. In questo caso abbiamo anche una testimonianza illustre, poiché Virgilio nelle Bucoliche si lamenta appunto dell'assegnazione delle sue terre nel mantovano ai soldati che avevano partecipato alla battaglia."

«Mantua vae miserae nimium vicina Cremonae»
«Guai a te, Mantova, troppo vicina alla sventurata Cremona»
(Virgilio, Bucoliche, IX, 28)

"Nell'imperversare delle guerre civili, che seguirono per lungo tempo la morte di Cesare, quasi tutto il territorio mantovano fu confiscato ai vecchi proprietari e distribuito ai veterani. Per consenso della tradizione la confisca rappresentò in qualche misura la continuazione di quella interessante le terre cremonesi, probabilmente nel 40 a.C., e ne fu quindi contemporanea o di poco posteriore [6].
Ottaviano [Augusto], dopo la vittoria di Filippi, infatti, si trovò di fronte al problema di dover sistemare in Italia una enorme massa di veterani che, come premio di congedo, reclamavano le terre promesse; egli ripiegò sulla soluzione più facile ma anche più violenta, cioè cacciò dai loro terreni i legittimi proprietari, per sostituirli con i suoi vecchi soldati. Questa sorte toccò anche a Mantova che, a causa della sua vicinanza a Cremona, si vide sottrarre parte delle sue terre non bastando, nell'assegnazione ai veterani, quelle cremonesi [7].
Echi di questi avvenimenti si trovano anche nell'opera di Virgilio, in particolare nelle Bucoliche. Nel grande poeta mantovano si trova la testimonianza letteraria della espropriazione di terre e della conseguente divisione agraria avvenuta nell'agro di Mantova [8]: egli si fece portavoce di tutti quei coloni che, come lui, furono costretti a cedere le loro terre ad ignoti nuovi possessori [9]."

«Nos patriae fines et dulcia linquimus arva: / nos patriam fugimus»
«Noi lasciamo la terra patria e i dolci campi: / noi fuggiamo la patria»
(Virgilio, Bucoliche, I, 3-4)

«Impius haec tam culta novalia miles habebit, / barbarus has segetes...»
«Un empio soldato avrà queste maggesi così ben coltivate, / un barbaro queste messi...»
(Virgilio, Bucoliche, I, 70-71)

Pax


L'impero di Augusto, di Andrea Giardina. Gius. Laterza & Figli Spa. 2012.

"Pax  è una di quelle fondamentali parole latine che, ricorrendo  nelle lingue moderne in forma quasi uguale, trasmettono una sensazione di solida identità ... Ma se, proprio come gli archeologi fanno con la terra, procediamo alla stratigrafia di quelle parole, cogliamo subito i successivi e numerosi mutamenti nei secoli, e percepiamo, al fondo dello scavo, di esserci inoltrati in un mondo che ha anche forti tratti di estraneità. Un mondo per metà simile al nostro  per metà esotico. ... La storia della pace romana fu un precoce e progressivo allontanamento dall'etimologia. Come già rilevarono gli antichi, la parola rientrava nel campo semantico del patto: pax a pactione. "La pace viene dal patto", leggiamo in un lessico antico. Ma questa natura pattizia non apparteneva al sistema ideologico romano della pace. Il patto che portava alla pace era imposto dalla vittoria, un'intesa obbligatoria che aveva come unica alternativa la distruzione. Come disse il sommo Cicerone, "la pace si ottiene con la vittoria, non con il patto" ... I romani trasformarono presto i concetti in divinità: Speranza, Fede, Concordia, Onore, Vittoria, Salute, Pietà divennero figure autorevoli del loro pantheon. La Pace fu invece venerata solo molto tardi, e soprattutto per merito di Augusto. A porla in primo piano non furono i conflitti esterni, ma le guerre civili che avevano sconvolto il mondo romano. Quella terribile esperienza cambiò l'idea di pace, la complicò, la rese inquietante. In età imperiale, la pax appare infatti associata ad epiteti come aeterna, perpetua e publica, che rimandano tutti e tre prevalentemente alla dimensione interna. L'eternità della pace, come osservò Kant, è un "pleonasmo sospetto": se la pace ci appare come un'entità distinta ed autonoma, come un valore assoluto, è superfluo proclamarne il carattere perpetuo. 
L'habitat della pace eterna coincideva con il territorio dell'impero romano. E all'esterno? L'appagamento, dobbiamo riconoscerlo, non si addice ai grandi imperi, tranne in casi eccezionali. Può essere una condizione momentanea, una febbre benefica che porta quiete e riflessione, ma non dura mai a lungo. I grandi imperi si fingono appagati quando hanno nemici troppo forti e un'ulteriore iniziativa si rivelerebbe autolesionistica. Quando non avevano guerre in corso, i romani sprangavano le porte del tempio di Giano. Augusto si vantò di averle fatte chiudere per ben tre volte, mentre lungo tutta la precedente storia di Roma ciò era accaduto soltanto due volte:"

Ecco che cosa dice Augusto: «Il tempio di Iano Quirino, che i nostri antenati vollero che venisse chiuso quando fosse stata partorita la pace con la vittoria per tutto l'impero Romano per terra e per il mare, prima che io nascessi, dalla fondazione della città fu chiuso in tutto due volte, sotto il mio principato per tre volte il senato decretò che dovesse essere chiuso.»

"Chi volesse leggere queste parole sotto la lente del pacifismo moderno prenderebbe un abbaglio. Augusto non sospettava minimamente che qualcuno potesse giudicare disdicevole il fatto che la pace, per tre volte rinchiusa, per tre volte si fosse dileguata. La pace eterna era dinamica come la vittoria: fuggire era il suo mestiere, fino alla pacificazione dl mondo intero."

Sunday, January 20, 2019

Madonna dei Boschi, Boves, Cuneo


Affrescho del Santuario della Madonna dei Boschi, Boves. Courtesy: Mattis, Wikipedia. 

Tribules

La Regio XI (Transpadana) - parte occidentale. Silvia Giorcelli Bersani, Mattia Balbo


Abstract
In the Roman Age the organization of the territory north of the Po river was accomplished intermittently: at first with a sort of indirect control reproducing pre-existing schemes of rural organization; then, during the age of Caesar and Augustus, by means of municipal organization. Consequently, also the ascription of individual communities to a tribe reproduces the same fragmentary character. In this area 12 tribes are recorded, with a strong concentration of Stellatina in Augusta Taurinorum. The scant available evidence does not allow a reconsideration of the model established by Mommsen and Kubitschek: on the contrary, the few new inscriptions attesting tribes confirm such a model. By the way, it must be noticed that the need of inserting the tribe among the tria nomina belongs, in a recently romanized area, to people striving to show their new status of Roman Citizens. This phenomenon belongs exclusively to the urban context, while rural areas seem not involved in it: a good example is provided by the case of the ager of Augusta Taurinorum, where nobody shows tribe, not even the municipal élite. Furthermore, available evidence shows the considerable presence of soldiers among the tribules, proving that the military career guaranteed a considerable improvement of personal status.

"L’iscrizione alla Stellatina della colonia di Augusta Taurinorum (e della non lontana Forum Vibii Caburrum) 17 è documentata da un cospicuo numero di epigrafi cittadine (22 tribules) ed è presente, come è lecito attendersi, nell’onomastica dei personaggi più in vista, protagonisti di carriere senatorie ed equestri e titolari di magistrature e cariche religiose: per costoro la città era il luogo per eccellenza dell’autorappresentazione sociale, l’ambiente ove era utile spendere meriti, qualifiche e esibizione della acquisita civitas; molto consistente anche il numero di cittadini taurinensi defunti extra regionem, ... A fronte di una significativa concentrazione di Stellatina ad Augusta Taurinorum, l’agro settentrionale della colonia presenta una situazione del tutto diversa: in questo territorio compreso fra Orco e Stura, sede di piccoli insediamenti rurali e luogo di ritrovamento di un cospicuo numero di iscrizioni (databili, complessivamente, nel I-II secolo d.C.), la tribù non è mai indicata, nemmeno nelle iscrizioni dei responsabili dell’organizzazione municipale (verosimilmente taurinensi con possedimenti in campagna)".


Liliana Mercando e il suo studio archeologico del Piemonte Settentrionale

Mercando Liliana. Note su alcune città del Piemonte settentrionale. In: La Città nell'Italia settentrionale in età romana.  Morfologia, strutture e funzionamento dei centri urbani delle Regiones X e XI Atti del convegno di Trieste (13-15 marzo 1987)
Rome : École Française de Rome, 1990. pp. 441-478. (Publications de l'École française de Rome, 130);
https://www.persee.fr/doc/efr_0000-0000_1990_act_130_1_3847

Questo è un articolo estremamente interessante. Non si limita al Piemonte romano ma cerca le radici più antiche.

"È evidente l'importanza geografica dell'area su cui sorse la città romana, alla confluenza di due fiumi, il Po e la Dora Riparia, allo sbocco delle valli alpine e al centro di un vasto sistema insediativo e di un territorio il cui sfruttamento agricolo aveva già in precedenza offerto notevoli testimonianze 46. Alla coltivazione dei campi e all'allevamento del bestiame dovettero unirsi numerose altre attività in parte documentate specificamente in città da ritrovamenti ed iscrizioni 47, mentre non è da trascurare l'importanza che dovette avere per l'economia della zona il traffico fluviale sul Po 48. Come s'è accennato, insediamenti collinari furono con probabilità i precedenti della città romana; nulla di preciso si è scoperto per confermare ο meno l'ipotesi circa l'esistenza dell'originaria Taurasia sullo stesso sito di Augusta Taurinorum, e la doppia deduzione della colonia, prima Julia e nel 29-28 Augusta 49. Sicuramente fu un centro notevole, all'incrocio delle grandi direttrici di traffico nord-sud ed est-ovest, dalle valli alpine e dai passi d'oltralpe alle aree meridionali dell'odierno cuneese, verso la Liguria,  ... La vasta centuriazione 50 riconosciuta verso Eporedia, a nord, e Carreum Potentia a est, ancora ricorda l'intervento romano sul territorio, mentre una non meno importante rete viaria minore è ancora riscontrabile, anche a seguito della dislocazione dei ritrovamenti archeologici 51. "

L'articolo vi mostra anche una fotografia del decumano, quello vero. E' una foto del 1980.


Passava il tram in Via Garibaldi. Oggi non più. Nella foto vedete appunto le rotaie.


Vi faccio vedere il decumano anche da un altro punto di vista.


Ringrazio il sito Museo Torino
e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie.
L'uso dell'immagine è fatta a solo scopo di studio e divulgazione storico-scientifica.