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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Saturday, January 19, 2019

Dopo Azio

http://www.silviaronchey.it/articolo/1/612/E-infine-Augusto-cre-gli-Stati-Uniti-di-Roma

 Uno spunto di riflessione




Amedeo Avogadro e le “splüe” del 1821

Dall'articolo
Amedeo Avogadro Come Ritratto Da Eligio Perucca in Un Articolo Del 1957

Con l’arrivo alla cattedra di fisica dell’Università, sembra che Amedeo Avogadro abbia finalmente raggiunto uno status che gli permette di continuare tranquillamente i suoi studi scientifici. Ma non è così. Siamo infatti nel periodo dei moti del 1820-21, rivoluzioni organizzate da società segrete, come la Carboneria, che hanno finalità costituzionali, liberali e, in Italia, anche talora indipendentistiche e unitarie [45]. In Piemonte, si cercò addirittura di coinvolgere la dinastia sabauda nella rivoluzione.
Si voleva forzare il re Vittorio Emanuele I (1759-1824) ad accordare la Costituzione, e liberare Milano dagli austriaci, al grido di Vittorio Emanuele Re dell’Italia del Nord. Erano della congiura il Conte Santorre di Santarosa (1783-1825), Carlo Asinari di San Marzano e Giacinto Provana di Collegno. Il Santarosa doveva persuadere il giovane Carlo Alberto di Savoia Carignano ad aderire al piano, ma Carlo Alberto era titubante. I rivoluzionari allora ruppero gli indugi: il 10 marzo 1821 alcuni ufficiali della guarnigione di Alessandria si ammutinarono, imitati da alcuni reparti in Torino.
Il re rimase fermo nel suo rifiuto di concedere la costituzione ed abdicò in favore del fratello Carlo Felice (1765-1831), Dato che il nuovo re era a Modena, lasciò a Torino Carlo Alberto come reggente. Carlo Alberto concesse la costituzione, mentre Santarosa lo scongiurava di marciare su Milano.
Intanto Torino era rimasta indifferente a questa rivoluzione, come anche le provincie. E solo una piccola parte dell’esercito aveva aderito alla sollevazione. Il nuovo re arrivò a Torino il 16 marzo del 1821. Con un proclama, Carlo Felice dichiarava ribelli gli aderenti alla rivoluzione e sconfessava l’operato di Carlo Alberto, che doveva subito presentarsi a Novara, presso le truppe fedeli al monarca, altrimenti sarebbe stato diseredato. Il reggente obbedì e raggiunse Novara. Il piccolo esercito messo insieme dal Santarosa cercò di raggiungere il milanese, ma nei pressi di Vercelli, l’8 aprile 1821, l’armata imperiale li disperse con facilità. Finiva così la rivoluzione piemontese, ma non finivano le battaglie di Santarosa, che morì nel 1825 combattendo per l’indipendenza della Grecia [46].
Torniamo ai provvedimenti repressivi di Carlo Felice. Con decreto del 24 Luglio 1822, sopprime alcune cattedre universitarie tra le quali è quella di “fisica sublime”, cioè la cattedra di Fisica all’Università. “Il Sig. Cav. Avogadro avrà a godere dell'annuo trattenimento di L. 600 sulla Cassa dell'Università, sino a che sia destinato ad altro impiego.” Due anni dopo, nel 1824, gli è confermato l'annuo trattenimento di L. 300, come pensione per l'insegnamento di Vercelli. Totale, L. 900 annue. Ma di lì a qualche mese Avogadro è nominato “Mastro-Uditore sedente in Magistrato nella Reale Camera dei Conti,” una carica di cui nello stesso 1824 divenne titolare e che conservò per tutta la vita [3]. Nelle Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino del 1829, leggiamo infatti che Avogadro era il “Cavaliere Amedeo Avogadro di Quaregna, Professore Emerito di Fisica sublime nella Regia Università, Mastro Uditore nella Regia Camera de’ Conti”. Era professore emerito, perché la cattedra era stata soppressa. “È noto quali colpe macchiassero l'Alma Mater di Torino: nei suoi giovani fu il fermento delle “prime splüe”, le prime scintille ancor solo vagamente consapevoli del risorgimento.” [3] Non è noto quali colpe gravassero sul professore di fisica, “che [se] ci è facile immaginar col cervello pieno di molecole integranti, ci è difficile immaginar nelle vesti del cospiratore.” [3] Ispezioni fatte per l'occasione lo trovarono esente da connivenze. Era finito in una rappresaglia dovuta al clima dell’epoca. Come dice Wikipedia, per un sospetto entusiasmo per questi movimenti, l'università era stata “lieta di permettere a questo interessante scienziato, di prendere una pausa di riposo dai pesanti doveri dell'insegnamento, in modo da essere in grado di dare una migliore attenzione alle sue ricerche.” [47] A proposito di quanto gli era accaduto, Perucca ci dice che Avogadro non ne parla. 
Nell’immensa mole di pagine vergate di suo pugno, raccolte nella Biblioteca Civica, non si trova “un cenno che amarezza, scoraggiamento, irritazione, ribellione lo invadano, o almeno alberghino in lui. Se scritti privati, se un epistolario di Amedeo Avogadro [dice Perucca] esistono, essi sono tuttora ben ignorati; d'altronde troppo raccolta fu la sua vita, troppo tacita la sua morte, troppo tardo il suo riconoscimento, perché io osi sperare ancor fruttuosa la ricerca dello storico, e mutevole il ritratto di Avogadro.” [3]
Avogadro comunque continua le sue ricerche di fisica e chimica. La cattedra gli viene restituita con nomina del 28 Novembre 1834 di re Carlo Alberto, per “l'insegnamento provvisionale”, finché altrimenti disposto. In verità gli viene data dopo che l’aveva lasciata Cauchy, che l’aveva tenuta per un anno [47]. Il 10 Dicembre 1848, il Consiglio universitario chiede al Magistrato della Riforma che Avogadro sia nominato Professore effettivo. Secondo Perucca, “non risulta che la proposta abbia avuto seguito.” 

Thorbecke



Johan Rudolph Thorbecke

Johan Rudolf Thorbecke (1798 – 1872) è stato un politico olandese, tre volte primo ministro dei Paesi Bassi. Dopo aver studiato Letteratura classica e Filosofia ad Amsterdam e in Germania gli viene offerta la cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali all'Università di Gand.
A seguito dei moti del 1848 il re Guglielmo II nomina Thorbecke a capo di un comitato incaricato di rivedere la costituzione. Le proposte di emendamento di Thorbecke, che limitavano i poteri del sovrano introducendo elezioni dirette e la libertà di religione, vennero approvate dal Parlamento e la nuova Costituzione olandese venne proclamata il 3 novembre 1848.

Ecco la sua tesi di Dottorato
Johannis Rudolphi Thorbecke commentatio de C. Asinii Pollionis vita et studiis doctrinae
Hazenberg, 1820

Friday, January 18, 2019

De Bello Gallico by Julius Caesar (Dutch)

C'è un libro che propone in Olandese una traduzione del De Bello Gallico. Eccolo:
C. Julius Cesars Aantekeningen der Gallische, burgerlyke, Alexandrynsche, Africaansche, en Hispanische oorlogen, Volume 1. Caius Julius Caesar. by Nicolaas ten Hoorn, 1709



Thursday, January 17, 2019

Le Terrenuove Fiorentine e il Solstizio d'Estate

Le Terrenuove Fiorentine e il Solstizio d'Estate

Pax Romana, in particolare sulle Alpi

https://en.wikipedia.org/wiki/Pax_Romana

"The Pax Romana is said to have been a "miracle" because prior to it there had never been peace for so many centuries in a given period of history. However, Walter Goffart wrote: "The volume of the Cambridge Ancient History for the years A.D. 70–192 is called 'The Imperial Peace', but peace is not what one finds in its pages".[4] Arthur M. Eckstein writes that the period must be seen in contrast to the much more frequent warfare in the Roman Republic in the 4th and 3rd centuries BC. ... The first known record of the term Pax Romana appears in a writing by Seneca the Younger in 55 AD.[6] The concept was highly influential, and the subject of theories and attempts to copy it in subsequent ages. Arnaldo Momigliano noted that "Pax Romana is a simple formula for propaganda, but a difficult subject for research."[7] In fact, the "Pax Romana" was broken by the First Jewish–Roman War, the Kitos War (also in Judea, 115–117), the Bar Kokhba Revolt (also known as the Third Jewish–Roman War), the Roman–Parthian War of 58–63, Trajan's Roman–Parthian War of 113, the Dacian Wars, various battles with Germanic tribes, including the Teutoburg Forest, and Boudica's war in Britain in AD 60 or 61."
Così dice Wikipedia in Inglese sulla Pax Romana.

La Pax Romana, anche spesso definita come Pax Augusti, è generalmente intesa come un lungo periodo di pace imposto, all'interno dell'Impero romano, dalla presa del potere da parte di Augusto. Questo periodo viene, di solito, fatto partire dal 29 a.C., quando Augusto dichiarò la fine della grande guerra civile romana del I secolo a.C.. Il periodo di pace è fatto finire con la morte di Marco Aurelio attorno al 180. La pax romana significava, apparentemente, la fine delle dispute e delle guerre civili che avevano tormentato la Repubblica. Non significò però che Roma non fosse in guerra. Non erano più le epiche guerre contro Cartagine ed Annibale o le guerre per fronteggiare i Cimbri, o le guerre di Cesare, ma erano guerre, combattute anche da Augusto. Tra il 68 ed il 69 d.C. c'è anche stata una guerra civile,  che iniziò con la fine del principato di Nerone e finì con Vespasiano, unico imperatore. Si combattevano  quattro imperatori: Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano.
Torniamo ad Augusto. Alcune guerre da lui combattute erano contro i popoli alpini. Per le Alpi, la Pax  di Augusto significò la pacificazione della regione ed il controllo delle vie di comunicazione tra l'Italia, la Francia e la Svizzera (uso termini moderni, per circoscrivere la geografia al settore occidentale delle Alpi). Per esempio, il colle del Monginevro non era nel territorio controllato da Roma. Il confine era tra Susa ed Ocelum, centro presso l'odierna Avigliana. Susa era nel territorio controllato dai Cozii. Giulio Cesare, per passare dall'Italia alla Gallia, aveva dovuto fare un accordo proprio con il re Donno dei Cozii. Il successore di Donno, Cozio, stabilì un trattato con Augusto. Gli altri popoli non fecero lo stesso, tentando di mantenere la loro autonomia.
Così dice https://it.wikipedia.org/wiki/Conquista_di_Rezia_ed_arco_alpino_sotto_Augusto
"Quasi a dispetto dell'indole apparentemente pacifica di Augusto, il suo principato fu il più travagliato da guerre di quanto non lo siano stati quelli della maggior parte dei suoi successori. Solo Traiano e Marco Aurelio si trovarono a lottare contemporaneamente su più fronti, al pari di Augusto. Sotto Augusto, infatti, furono coinvolte quasi tutte le frontiere, dall'oceano settentrionale fino alle rive del Ponto, dalle montagne della Cantabria fino al deserto dell'Etiopia, in un piano strategico preordinato che prevedeva il completamento delle conquiste lungo l'intero bacino del Mediterraneo ed in Europa, con lo spostamento dei confini più a nord lungo il Danubio e più ad est lungo l'Elba (in sostituzione del Reno)."
Uno dei popoli che Augusto doveva ridurre sotto il suo controllo era quello dei Salassi, per poter controllare i passi alpini della Valle d'Aosta (sempre usando la geografia moderna).
https://stretchingtheboundaries.blogspot.com/2019/01/i-salassi-e-larco-di-augusto-ad-aosta.html
I Salassi furono sconfitti e, secondo Strabone, venduti in massa come schiavi, mentre Cassio Dione minimizza la loro riduzione in schiavitù. Nel 24 a.C. Aulo Terenzio Varrone Murena creò la colonia di Augusta Praetoria Salassorum (Aosta) nel cuore del territorio dei Salassi.
Dice Strabone nella sua Geografia: "And once these men robbed even Caesar of money and threw crags upon his legions under the pretext that they were making roads or bridging rivers. Later on, however, Augustus completely overthrew them, and sold all of them as booty, after carrying them to Eporedia, a Roman colony; and although the Romans had colonised this city because they wished it to be a garrison against the Salassi, the people there were able to offer only slight opposition until the tribe, as such, was wiped out. Now although the number of the other persons captured proved to be thirty-six thousand and, of the fighting men, eight thousand, Terentius Varro, the general who overthrew them, sold all of them under the spear (sub hasta). And Caesar sent three thousand Romans and founded the city of Augusta in the place where Varro had pitched his camp, and at the present time peace is kept by all the neighbouring country as far as the highest parts of the passes which lead over the mountain."
Al link https://it.wikipedia.org/wiki/Salassi trovate una cosa diversa: "Le ultime resistenze organizzate cessarono nel 25 a.C. con la fondazione di Augusta Praetoria, l'attuale Aosta, attraverso la concessione del diritto romano agli abitanti." Sarebbe bene notare che gli abitanti di Augusta erano già romani, mentre ai Salassi, almeno inizialmente, non venne dato il diritto romano.

Desidero fare un'osservazione. Si dice "guerra" con Giulio Cesare e "pace" con Augusto, ma attenzione, Augusto applicava ai vinti lo stesso diritto dei Popoli che Cesare, Ariovisto e Vercingetorige conoscevano ed applicavano. Era quel diritto che diceva che il vincitore faceva quel che voleva dei vinti. Nl caso dei Salassi li ha fatti vendere come schiavi, non gli hato il diritto romano. La differenza  tra Cesare ed Augusto è che Augusto è riuscito a plasmare la sua immagine e tramandare le sue gesta, sottolineando concetti di pacificazione e di guerra giusta. Del resto, a Cesare questa opportunità è stata tolta dal suo assassinio.
Si veda https://stretchingtheboundaries.blogspot.com/2019/01/sulle-res-gestae-di-augusto.html

I Salassi sono uno dei popoli che troviamo elencati sul Trofeo delle Alpi, eretto nel 7-6 a.C. per celebrare la sconfitta e definitiva sottomissione delle popolazioni alpine, Trofeo situato presso La Turbie. https://it.wikipedia.org/wiki/Trofeo_delle_Alpi
«All'imperatore Augusto, figlio del divo [Giulio] Cesare, pontefice massimo, acclamato imperatore per 14° volte[3], essendo investito per la 17° volta della potestà tribunizia, il senato e il popolo romano [eressero] poiché sotto la sua guida e i suoi auspici tutte le genti alpine, che si trovavano tra il mare superiore e quello inferiore sono state assoggettate all'impero[4] del popolo romano. Genti alpine sconfitte:[5]»
Trumpilini, Camunni, Venosti, Vennoneti, Isarci, Breuni, Genauni, Focunati, Le quattro nazioni dei Vindelici - Cosuaneti, Rucinati, Licati, Catenati -, Ambisonti, Rugusci, Suaneti, Caluconi, Brixeneti, Leponzi, Uberi, e tanti altri. Tra questi ci sono i Caturigi (in latino Caturiges), un piccolo popolo celtico stanziato sulle Alpi, precisamente nella valle dell'alta Durance, nelle Alpi Cozie. Diciamo meglio, sulle Alpi del Monviso. Furono vinti e "pacificati" sotto Augusto da Druso maggiore e Tiberio. Per maggiori dettagli sui Caturigi, si veda
https://archive.org/details/leguerrediaugust00oberuoft/page/182 (Le guerre di Augusto contro i popoli Alpini, di Oberziner, Giovanni. 1900).
I Caturigi sono nominati anche sull'arco di Susa, fatto erigere da re Cozio, figlio di Donno, per onorare Augusto, nel 9-8 a.C. Come Medulli e Vesubiani compaiono sia sul Trofeo delle Alpi che sull'arco di Susa.  Su tale arco vi è una serie di nomi di popolazioni su cui Cozio comandava. Questo mostra che l'arco di Susa era un elemento di propaganda per Cozio, non tanto per Augusto. Ed infatti Cozio dice di comandare su popoli che invece, due anni dopo, Augusto dichiara di aver sconfitto. Il Trofeo delle Alpi era invece chiaramente un monumento di propaganda per Augusto.

 http://judaism-and-rome.cnrs.fr/arch-augustus-susa-cil-v-7231
"The actions of Cottius, although steeped in the language of the Roman administration, were clearly aimed at a domestic audience; he presented his place within the context of Roman government, but in a way that avoided any suggestion of subjugation. Unlike the victory monument at La Turbie (Tropaeum Alpium – Trophy of the Alps (7/6 BCE)), which celebrated Augustus’s domination of the Gallic tribes, the arch at Susa was an overt statement of Cottius’s integration in the administration of Rome. Rather than appearing to capitulate to Rome, Cottius used the visual language and infrastructure of the Augustan regime, as well as a new name and title, to emphasise the active partnership of his dynasty with the Roman state. In the construction of the arch, Cottius played up the powerfully ambiguous nature of his position, a Roman prefect descended from kings, but fully immersed in the organisation of the region by his Roman colleagues. The arch at Susa is an excellent example of how a local leader was able to engage with Rome’s interests and image of their empire, whilst maintaining some semblance of autonomy. Cottius ‘integrated himself into Roman power structures...[transforming] his pre-existing position of authority into something palatable to Rome…[illustrating] the malleability of provincial administration in the early principate’ (Hannah Cornwell, “The King who would be Prefect,” p. 46)."

Wednesday, January 16, 2019

Stanislao Cannizzaro

Se non conoscete Stanislao Cannizzaro, vi invito a leggere
https://it.wikipedia.org/wiki/Stanislao_Cannizzaro
"La regola di Cannizzaro servì anche a dare la giusta importanza alla legge di Avogadro. Cannizzaro iniziò a fare esperimenti sulla determinazione dei composti, dei loro rapporti minimi all'interno di una molecola e soprattutto cercò di calcolare il loro peso atomico. Capì che l'idrogeno in natura era composto come molecola biatomica e così iniziò a studiarne le altre tenendo le molecole alla medesima temperatura così da verificare il Principio di Avogadro, fino ad allora non verificato universalmente."

L'assedio di Messina

https://it.wikipedia.org/wiki/Assedio_di_Messina_(1848)
http://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/risorgimento-e-regno-delle-due-sicilie-la-politica-esterofila-dei-borbone-56367/

"Il 24 febbraio 1848 Ferdinando II fu costretto a concedere la Costituzione e inviare le truppe nella pianura padana per partecipare alla guerra guidata da Carlo Alberto di Savoia contro l’Austria. Ma appena possibile Ferdinando II fece spergiuro sciogliendo la Camera appena eletta e richiamando il corpo di spedizione di 11.000 uomini guidato da Guglielmo Pepe nella valle del Po. Ferdinando II di Borbone riconquistò la Sicilia per mezzo del Generale Carlo Filangieri, sciogliendo il Parlamento di Palermo. La pagina più tragica della riconquista della Sicilia fu l’assedio e il bombardamento della città di Messina. La città fu distrutta e abbandonata alla vendetta dei vincitori, supportati anche da delinquenti comuni inviati appositamente dal Re. Salvatore La Farina narra che «li Svizzeri ed i Napolitani non marciavano che preceduti dalli incendii, seguìti dalle rapine, da’ saccheggi, dalli assassinamenti, dalli stupri […]. Donne violate nelle chiese, ove speravano sicurezza, e poi trucidate, sacerdoti ammazzati sulli altari, fanciulle tagliate a pezzi, vecchi ed infermi sgozzati ne’ proprii letti, famiglie intere gittate dalle finestre o arse dentro le proprie case, i Monti di prestito saccheggiati, i vasi sacri involati».
La dura repressione borbonica dell’estate del 1849 contro un governo provvisorio ormai instabile decretava la fine dell’esperienza rivoluzionaria del 1848-1849 e l’ulteriore allargamento del preesistente divario tra la classe politica siciliana e quella napoletana. Il 15 dicembre 1849 venne imposto all’isola un debito pubblico di 20 milioni di ducati e il capo della polizia borbonica in Sicilia, Salvatore Maniscalco, dovette affidarsi alla criminalità organizzata per controllare un ordine pubblico ormai difficilmente gestibile in un’isola che rifiutava categoricamente il governo borbonico. Il tracollo borbonico nella Sicilia del 1860 di fronte all’avanzata garibaldina è perfettamente comprensibile alla luce del profondo risentimento maturato nei Siciliani contro la dinastia regnante in 44 anni di storia del Regno delle Due Sicilie."

Questo è quanto ci dicono i due link sull'assedio di Messina.

A comandare i Borbonici c'era Carlo Filangeri.
Vi riporto cosa dice Wikipedia su Messina alla voce sul Filangeri
https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Filangieri,_principe_di_Satriano#La_conquista_della_Sicilia
"La conquista di Messina
Il 1º settembre 1848 Filangieri fece informare dell'imminente apertura delle ostilità i consoli stranieri residenti nelle città costiere, comunicando che aveva il dovere di occupare alcune città anche con la forza.[45]. Filangieri si trovò nei giorni successivi a gestire una complessa situazione che vide operazioni combinate della flotta e delle truppe di terra, delle forze dentro e fuori le fortificazioni, di imbarchi e sbarchi di truppe e che doveva tenere conto della presenza della squadra navale della Gran Bretagna, ufficialmente neutrale, ma che simpatizzava certamente per gli indipendentisti. Il 4 settembre i cannoni siciliani iniziarono a bombardare la cittadella di Messina che rispose al fuoco sulla città. Questo duello d'artiglierie, proseguito per i quattro giorni successivi, danneggiò gravemente il centro abitato.[46][47]. Il 6 settembre Filangieri sbarcò a Contessa assieme ad un contingente che attaccò Messina dall'esterno. Per voce dei comandanti delle navi inglesi e francesi, i siciliani chiesero una tregua di ventiquattrore. Filangieri rispose chiedendo la resa della città, condizione che non fu accettata. Il risultato fu che il giorno dopo, a seguito di combattimenti durissimi durante i quali si verificarono episodi di crudeltà da ambo le parti, le difese di Messina cedettero. La resa definitiva ci fu tuttavia l'8 settembre 1848. Filangieri ammise perdite fra i 1500 e i 1600 uomini, oltre ai feriti (circa 900) e i morti della cittadella. ... Dopo la presa di Messina, Filangieri diede ordine ai genieri di spegnere tutti gli incendi che divampavano in città. Operazione resa più difficoltosa dalle mine inesplose e dai depositi di munizioni siciliani nascosti nei locali più impensabili come, si scoprì, in un monastero di Domenicani.[49]"

Mai pensato ai Domenicani come a insurgents.

Ferrovia Torino-Genova

https://it.wikipedia.org/wiki/Ferrovia_Torino-Genova

Tratta ed Inaugurazione
Torino–Trofarello, 24 settembre 1848
Trofarello–Asti, 15 novembre 1849
Asti–Novi Ligure, 1º gennaio 1850
Novi Ligure–Arquata Scrivia, 1º febbraio 1851
Arquata Scrivia–Busalla, 10 febbraio 1853
Busalla–Genova, 18 dicembre 1853

La ferrovia nacque per volere del Regno di Sardegna che ne finanziò interamente la costruzione (Regie Lettere Patenti № 443). I lavori iniziarono nel 1845 per terminare a dicembre 1853 con il completamento del collegamento tra le due città, con un totale di 166 chilometri. Per attraversare l'appennino fu costruita la Galleria dei Giovi, lunga 3 254 metri e, all'epoca, la più lunga d'Italia. Il completamento della ferrovia costituì un avvenimento di importanza eccezionale ed ebbe risonanza anche al di fuori dei confini italiani.

«...la Strada ferrata da Genova al Piemonte, con diramazione al Lago Maggiore e alla frontiera lombarda, verranno costrutte per conto e cura del nostro Governo e a spese delle nostre finanze»  (Lettere Patenti del 13 febbraio 1845 di Carlo Alberto)

"L'intera linea fu subito costruita a doppio binario e si dovettero costruire molti ponti, oltre trenta di rilevante importanza, fare sbancamenti e perforare gallerie con spese ingenti. Non si aspettò il completamento dell'opera per l'apertura al pubblico ma lo si fece man mano che i tratti di linea venivano completati, non si aspettava nemmeno il completamento delle stazioni e si apriva con un solo binario efficiente."



Due vedute della linea ferroviaria di Carlo Bassoli.



Le Ferrovie in Italia prima dell'unione nazionale.



Nel 1825 viene inaugurata la prima linea ferroviaria commerciale, la Stockton-Darlington, che collegava le miniere di carbone presso Shildon con Stockton-on-Tees e Darlington. Fu la prima ferrovia del mondo aperta al trasporto pubblico dei passeggeri e delle merci che abbia usato la locomotiva a vapore. Questa linea ferroviaria accese entusiasmi e progetti in tutta Europa, essendosi rivelata da subito un formidabile mezzo di trasporto al servizio sia delle persone sia dell'industria e del commercio. 

A differenza di altri stati come il Regno Unito o la Francia, in Italia lo sviluppo venne frenato da fattori negativi quali l'accidentata orografia della penisola, la divisione politica e l'influenza politica straniera. La storia delle ferrovie in Italia ebbe inizio con l'apertura di un breve tratto di linea ai piedi del Vesuvio, la Napoli-Portici di poco più di sette chilometri, che venne inaugurata il 3 ottobre 1839.  Nel 1842 la ferrovia aveva raggiunto Castellammare di Stabia e due anni dopo Pompei e Nocera (circa 40 km). Lo sviluppo successivo non fu altrettanto celere, la via ferrata si fermò, in direzione Nord, a Sparanise (circa 48 km) e, in direzione Sud, nei pressi di Salerno (circa 55 km) e tale rimase fino all'unità. Oltre alla strada ferrata fu avviata la realizzazione di un complesso industriale che rimase all'avanguardia per anni in Italia. Nel 1840 fu promossa la realizzazione dell'Opificio di Pietrarsa, la prima fabbrica italiana di locomotive, rotaie e materiale rotabile. Nel 1845 iniziò la costruzione di locomotive (all'inizio ne furono fabbricate sette utilizzando componenti inglesi del medesimo modello della locomotiva inglese acquistata nel 1843).
Venne avviata, nello stesso stabilimento, anche una scuola per macchinisti ferroviari e navali. Nonostante gli interessanti progetti in cantiere, alla data del 1860 la rete ferroviaria del Regno in esercizio regolare assommava a circa 127 km di ferrovie. Negli ultimi anni di vita del Regno (dopo il 1855) vennero approvati dal governo borbonico altri progetti di ampliamento della rete ferroviaria: al momento dell'annessione ne erano state completate 60 miglia (circa 110 km) ma questi nuovi tratti non erano ancora utilizzati.

Per quanto riguarda il Lombardo-Veneto, soggetto all'Impero Austriaco,i primi progetti ferroviari si concretizzarono nl 1835 quando la Camera di Commercio di Venezia prese in esame la proposta di una linea ferroviaria che unisse Milano e Venezia. Considerata all'epoca un'impresa di dimensioni epiche per la sua lunghezza e per la necessità del ponte sulla laguna, la costruzione della Ferrovia Milano-Venezia iniziò un cammino, cosparso di insidie e complicazioni, cammino che procedette faticosamente. Nel 1842 venne inaugurato il tratto Padova-Mestre di 29 km, e nel 1846 i tratti Milano-Treviglio di 32 km, il tratto Padova-Vicenza di 30 km e il ponte sulla laguna di Venezia. Nel 1854 venne aperto il tratto tra Verona e Coccaglio, nell'ottica di collegare il Veneto con Milano passando per Bergamo. Nel 1859 fu inaugurato il tratto Verona–Bolzano della linea ferroviaria del Brennero; Bolzano fu poi collegata a Innsbruck nel 1867.

Passiamo al Regno di Sardegna. La prima richiesta di studio di un tracciato ferroviario nel Regno di Sardegna si ha nel 1826 quando alcuni affaristi genovesi avanzarono la proposta di unire Genova con il Po, senza aver alcun seguito. Al principio del 1848 non c'era in esercizio un solo chilometro di strada ferrata, ma le opere, una volta iniziate, procedettero velocemente.  Il 18 luglio 1844, con le Regie Lettere Patenti n° 443 il re Carlo Alberto dispose la costruzione della ferrovia Torino-Genova via Alessandria, attraverso l'Appennino. Si richiese la costruzione della galleria di valico dei Giovi, lunga 3265 metri, il cui scavo fu effettuato interamente a mano e che venne inaugurata il 18 dicembre 1853 e attivata il 16 febbraio 1854; seguiva l'apertura di altri tronchi in Piemonte che, nel 1859, aveva così collegato tra loro le frontiere svizzere e francesi con quella austriaca del Lombardo-Veneto. A differenza di altri Stati dove la progettazione era affidata all'impresa privata, a volte totalmente straniera (la Napoli–Portici era un progetto del francese Bayard e francesi erano anche i capitali), nel Regno di Sardegna l'impulso lo aveva dato lo Stato. Dietro impulso del conte di Cavour, allo scopo di liberarsi dal monopolio inglese nel settore, nel 1853 venne fondata a Sampierdarena l'Ansaldo, industria meccanica che dall'anno successivo avrebbe  avviato anche la fabbricazione di locomotive e materiale ferroviario. Desidero ricordare che, dal 1853 al 1859, durante la costruzione di dette infrastrutture, il Regno di Sardegna era separato dal Regno delle Due Sicilie.  La spedizione dei Mille avvenne infatti nel 1860. 

Nello Stato Pontificio, fino alla morte di papa Gregorio XVI, che aveva espresso la sua disapprovazione sulla prima ferrovia del Regno delle due Sicilie, nulla si era deciso. L'elezione del nuovo papa, Pio IX, a metà del 1846, sbloccò la situazione; questi infatti nominò una Commissione per le Strade Ferrate dello Stato di Sua Santità. Dopo qualche anno ci fu la costruzione di alcune linee nel centro Italia, come la ferrovia Roma-Frascati in servizio dal 1856, la ferrovia Roma-Civitavecchia in servizio dal 1859 e, molto più tardi, la ferrovia Pio Centrale tra Roma ed Ancona, così chiamata in onore del papa, inaugurata il 29 aprile 1866. È necessario ricordare però che già dal 1851 era iniziata - con alterne vicende e per la tratta di competenza - la costruzione della Strada Ferrata dell'Italia Centrale e il 21 luglio 1859 fu inaugurata la linea Piacenza-Bologna di cui 25 chilometri circa, dal confine con il Ducato di Modena nei pressi di Castelfranco Emilia a Bologna, erano in territorio papalino. Della stessa Strada Ferrata dell'Italia Centrale era inoltre in costruzione(e inaugurata da Vittorio Emanuele II nel 1864) la tratta della Porrettana che, da Bologna fino oltre Porretta Terme, correva anch'essa nel territorio dello Stato Pontificio. Infine, è necessario precisare che nel 1861 il neonato Regno d'Italia tenne a battesimo la linea Bologna-Ancona che naturalmente aveva visto i lavori iniziare quando ancora regnava il pontefice. 

Oltre a quanto già detto, si dovrebbe parlare del Granducati di Toscana, del Ducato di Lucca, del Ducato di Modena, di quello di Parma. Un'indicazione di massima mostra che alla vigilia dell'unità d'Italia la rete piemontese (al di qua delle Alpi) assommava già a oltre 800 km (cui andrebbero aggiunti, secondo alcune fonti almeno 50 km in costruzione e detratti circa 30 km di tratte comuni, quella del Lombardo-Veneto a oltre 500 km, quella Toscana a oltre 300 km, quella del Regno delle Due Sicilie a poco più di 120 km, mentre quella dello Stato Pontificio aveva 101 km in esercizio; si aggiungevano a queste le tratte ferroviarie ricadenti o realizzate negli altri stati più piccoli. La Sicilia avrà la sua prima, brevissima, ferrovia solo nel 1863 con la Palermo-Bagheria. 

Alla sua costituzione, nel 1861, il Regno d'Italia si trovava in possesso di una rete ferroviaria dello sviluppo complessivo di circa km 2 100; di questa soltanto il 18% era di proprietà dello Stato ed il 25% in sua gestione diretta il restante 75% era ripartito in più di 20 società private delle quali un buon numero a capitale prevalentemente straniero. 

Tuesday, January 15, 2019

Robert Grosseteste and his Thought on Light

Robert Grosseteste was one of the most prominent thinkers of the Thirteenth Century. Philosopher and scientist, he proposed a metaphysics based on the propagation of light. In this framework, he gave a cosmology too. Here we will discuss the treatise where Grosseteste proposed it, that entitled "De luce, seu de incohatione formarum", "On Light and the Beginning of Forms".

Robert Grosseteste's Thought on Light and Form of the World, DOI: 10.18483/ijSci.486 Downloads: 483 Views: 1308 Pages: 54-62 Volume 3 - Apr 2014

Links
https://www.ijsciences.com/pub/article/486
https://arxiv.org/abs/1404.3371