"Per quanto riguarda la presenza di una dimensione «politica» nell’opera dello Studioso, voglio accennare, infine, alle preoccupazioni da lui espresse circa uno dei fondamenti del nostro lavoro: la conoscenza delle due lingue classiche. Il venir meno di tale condicio sine qua non – intravisto dal Collega fin dagli Anni Settanta nella recensione di un volume francese (ma il fenomeno coinvolge da tempo anche la storiografia di àmbito anglosassone) – riguarda oggi pure la formazione antichistica impartita nell’Università italiana. Sulla gravità di questo fenomeno la comunione di giudizio con Filippo Càssola era completa, e mi piace notarlo. Rimane aperta la questione se nello sfascio istituzionale e culturale del nostro Paese un’inversione di tendenza sia possibile."
Non solo una città, ma nucleo generatore di miti, luogo che fin dall'antichità ha offerto metafore e modelli alle lotte politiche, ai conflitti religiosi, alle scelte culturali. Dal Medioevo a oggi, Giardina e Vauchez raccontano la presenza del mito di Roma all'origine delle idee politiche che ancora animano l'attualità. La concezione universalistica dell'impero medievale e del papato, la difesa delle libertà cittadine e dei valori dell'autogoverno, l'immagine trionfante della Rivoluzione francese e la vocazione scenografica del fascismo sono le principali tributarie del mito di Roma, così come lo sono stati tutti quei movimenti che, dalla Riforma protestante ai nazionalismi ottocenteschi e al nazismo, si sono riconosciuti in un'identità 'antiromana'. Fra riabilitazioni e cadute, fra entusiastiche adesioni e drastici rifiuti, il mito di Roma continua a vivere un destino alterno, nelle cui pieghe corre la strada maestra della nostra storia
" Egli infatti sembra recepire le novità rappresentate dai lavori del Kornemann, con la caratterizzazione del principato augusteo come il primo Führerstaat; e pare inoltre avere ben presente il Princeps di Wilhelm Weber, con l’interpretazione weberiana delle Res Gestae come ͑ιερòς λόγος del princeps – e di Augusto come σωτήρ instauratore di un nuovo ordine cosmico".
Da un articolo la cui lettura fortemente consiglio. E ancora:
9 maggio 1936, h. 22:30. Dal fatidico balcone di Palazzo Venezia Mussolini annuncia alla folla, nella retorica dell’epoca ovviamente sempre «oceanica e plaudente», «… la riapparizione dell’impero sui colli fatali di Roma» – con clausola finale esametrica, epica! L’Impero, dopo quindici secoli! Gli officianti del regime non potevano lasciarsi sfuggire l’occasione. Vi si avventurarono specialisti e dilettanti. L’opera era gradita. Serviva, alla legittimazione del nuovo impero – ed a giustificazione del risorgente imperialismo – il richiamo a Roma, all’impero di Augusto, alla pax romana, alla missione civilizzatrice della Città Eterna. Il regime apprezzava i suoi corifei."
Augusto in camicia nera. Storiografia e ideologia nell’era fascista, di Mario Mazza. Università La Sapienza Roma
Abstract: Il presente contributo si propone di analizzare gli interventi storiografici prodotti in Italia per il bimillenario della nascita di Augusto. Particolare attenzione è rivolta a tre nuclei tematici: Augusto come rivoluzionario, instauratore del novus status rei publicae; Augusto capo carismatico, Führer - Dux; l’esaltazione dell’impero augusteo.
La Mostra Augustea della Romanità fu uno dei numerosi eventi organizzati in Italia durante il fascismo in occasione del Bimillenario Augusteo. Fino a tal mostra, alcuni dei pannelli dell'Ara Pacis erano al Museo degli Uffizi a Firenze. Altri pezzi erano sparsi in Italia e nel mondo.
"Tra il 1918 e il 1921 si iniziò a prendere in considerazione la proposta fatta dal professor Oreste Mattirolo, presidente della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, di riunire i frammenti ritrovati fino ad allora e sparsi in varie parti d'Italia e del mondo. Alla vigilia del ventennio fascista e del dominio italiano del Duce, l'idea di ricostruire il monumento edificato dal primo "vero" duce Augusto eccitò l'opinione pubblica, e si arrivò anche a ipotizzare le iscrizioni da riportare sul monumento restaurato, come “ARA PACIS OLIM AUGUSTAE NUNC TOTIUS ITALIAE A.D. MCMXIX” oppure “GERMANIA VICTA AUSTRIA DELETA COSTANTINOPOLI ET HIEROSOLYMA LIBERATIS ARA PACIS AUGUSTAE RESTITUTA ANNO MCMXIX”[9][6]."
N. 56 - Agosto 2012 (LXXXVII). BIMILLENARIO AUGUSTEO, IL MITO DI AUGUSTO NEL VENTENNIO FASCISTA, di Sonia Favale
"Il princeps fu stimato e smitizzato a seconda del contesto storico o delle diverse correnti di pensiero politico. Alcuni lo vedevano come il monarca buono e clemente, accostandolo ai propri sovrani con il fine di adularli, invece, altri come Voltaire e Montesquie intravedevano in lui un mostro e un tiranno assetato di sangue. Conservatore per alcuni, rivoluzionario per altri!
Fu il regime fascista, però, che fece di lui un mito! ... Il 1937 coincideva proprio con il bimillenario augusteo! Nel regime si iniziò a parlare di mistica millenaria."
Desidero riportare un altro pezzo dell'articolo.
"Nello stesso periodo storico, nel 1939, uno studioso britannico Ronald Syme, mostrandosi scettico riguardo ai festeggiamenti per il bimillenario augusteo, si apprestò al affiancare le figure di Mussolini a quella di Augusto. In particolare ciò che veniva posto sullo stesso piano erano i due golpe di stato. Syme accostava la vecchia e nuova marcia su Roma. La prima era stata quella del giovane Gaio Giulio Cesare Ottaviano nel 43 a.c. mentre la seconda era stata quella di Mussolini nel 1922. Entrambi avevano indirizzato la rispettiva marcia su Roma, cuore dello stato, in quanto nel 43 sede del senato romano e nel 1922 del parlamento italiano e della monarchia. Syme, con molta più lucidità e distacco, dagli eventi italiani taccia di panegirismo tutti coloro che avevano tessuto elogi per un uomo scaltro e manipolatore come Augusto, che era stato bravo nel creare un potere personale attraverso guerre civili."
Un po' di storia sulla piazza Cesare Augusto, quella della Porta Palatina e le due statue di Cesare e Augusto. Oggi, la statua di Augusto, appare talvolta nei filmati che mostrano la città. Diciamolo però chiaramente: le statue non sono originali. Qualcuno, vedendole magari in televisione davanti alla porta romana della città può pensarle vecchie di duemila anni. No. Sono dono di Mussolini alla città Sabauda, come spiega il filmato Luce.
Da quanto mi risulta, non ci sono statue di Augusto e Cesare ritrovate a Torino. La testa di Cesare, quella di Tuscolo, che oggi è al museo archeologico di Torino, viene appunto dalla città laziale e non dal Piemonte.
"Riportata al suo aspetto attuale, la Porta Palatina fu nuovamente oggetto di restauro dal 1934 al 1938, su iniziativa del governo fascista. Vennero dunque aperti tutti i fornici e fu isolata la struttura dal contesto urbano circostante, abbattendo un gruppo di vecchie case troppo a ridosso del monumento.
Tuttavia, alcuni di questi interventi furono considerati erronei dagli archeologi, poiché la porta in origine era a ridosso dell'abitato circostante ma, soprattutto, venne contestata l'errata collocazione della coppia di statue bronzee.
Esse, infatti, sono poste erroneamente nell'area interna occupata originariamente dalla statio e non in quella esterna, dove avrebbero trovato una collocazione più credibile."
Da Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino 1984:
PORTA PALATINA Piazza Cesare Augusto
Porta del lato settentrionale della cinta urbana di età romana.
Monumento di valore storico-artistico e documentario, con relativa area di pertinenza costituente integrazione storico- ambientale; esempio singolare anche per l'eccezionale stato di conservazione di porta urbana del I secolo a.C. - I secolo d.C.
Porta urbana aperta sul lato settentrionale, allo sbocco del cardo maximus, da cui partiva la strada per Roma, edificata contemporaneamente (età augustea) o negli anni immediatamente successiva (età flavia) alla creazione della cinta delle mura. Inglobata in strutture edilizie posteriori, fu conservata per intervento dell'ing. Antonio Bertola che ne impedì la demolizione all'inizio del XVIII secolo. Solo nella seconda metà dell'Ottocento iniziò la rivalutazione storica e scientifica con massicci interventi di restauro. Nel 1861 il Comune delibera l'isolamento della Porta Palatina e il restauro, durato fino al 1873, viene affidato a C. Promis. Vengono demoliti tutti gli edifici addossati alla porta e conservati (solo per l'autorevole intervento del Promis) i tratti delle mura adiacenti alle torri. Nel 1904 riprendono alcuni lavori di restauro sotto la direzione di A. D'Andrade, con lo scoprimento della base della torre orientale e il ritrovamento dei muri del cavaedium. I lavori interrotti per la guerra vengono ripresi nel 1932. Ultimi sondaggi e restauri nel 1937-38, con l'individuazione di strutture che fanno supporre l'esistenza di una porta precedente di età repubblicana.
Tavola: 41
The four seasons of the Roman calendar, as described by Marcus Terentius Varro, are different from our seasons, in the sense that they start on days which differ from those that we are using today. In his Books on Agriculture, Varro shows that the Roman seasons started on the Cross Quarter-days instead than on the Quarter-days of the year as it happens today. Besides the classic subdivision in four parts, in the Books on Agriculture we can also find the year divided into eight parts, that is eight seasons having quite different lengths. In our discussion of Varro's seasons we will compare the days he mentions for the separation of seasons to the Cross Quarter- and Quarter-days that we find in Celtic calendars.
A cura di Luca De Chiara - 31 Dicembre 2014
"Lo scorso novembre ci siamo recati in visita, ... al complesso abbaziale di Santa Maria di Vezzolano, nei pressi di Albugnano (AT), magnifico archetipo di romanico lombardo-piemontese. Non si è trattato della "gita canonica", ma si è voluta sperimentare una sorta di indagine conoscitiva, proponendo agli studenti un sopralluogo del sito con raccolta dati guidata, attraverso appunti, fotografie e disegni."
La discussione proposta dal Prof. De Chiara è estremamente interessante.
Vi rimando anche alla mia discussione archeoastronomica