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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Saturday, March 23, 2019

Lago d'Averno e lo Stige

Da Wikipedia
"Il nome Avernus deriva dal greco άορνος (senza uccelli). Si narra che tale assenza fosse dovuta al fatto che le acque del lago esalassero dei particolari gas che non permettessero la vita agli uccelli. Secondo la religione greca e poi romana, era un accesso all'Oltretomba, regno del dio Plutone. Per tal motivo gli inferi romani (l'Ade greco) si chiamano anche Averno. Il lago di Averno giace all'interno di un cratere vulcanico spento, nato 4.000 anni fa." Il poeta Virgilio, nel sesto libro dell'Eneide, colloca vicino a tale lago l'ingresso agli Inferi, dove  Enea deve recarsi. 

Vicino al lago c'è una galleria scavata nel tufo, abbastanza lunga e molto buia, ed in fondo c'è lo Stige.  Ho visto il fiume dove Teti ha immerso Achille, per renderlo invulnerabile, tenendolo per un tallone! 


Lago d'Averno. Sullo sfondo l'isola di Capri e sulla destra il promontorio di Capo Miseno.
Courtesy Denghiù, 2007


Campi Flegrei

Supervulcani: l'evoluzione (pericolosa) dei Campi Flegrei
https://www.focus.it/scienza/scienze/supervulcani-campi-flegrei-a-rischio-eruzione

"I Campi Flegrei sono un'area della Campania situata a ovest di Napoli e dell'omonimo golfo, nota fin dall'antichità per la sua "vivace" attività vulcanica, caratterizzata da diverse, violente eruzioni da circa 60.000 anni fa in poi - accompagnate da una lunga serie di episodi considerati "minori" in qualche caso così violenti da coprire di tufo gran parte dell'odierna Campania."

L'area flegrea è un supervulcano, inserito tra i dieci vulcani più pericolosi del Pianeta.


Mi ricordo bene la visita alla solfatara, posto molto pericoloso.

Plinio il Vecchio

Gaio Plinio Secondo

Magistrato romano

Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (in latino: Gaius Plinius Secundus; Como, 23 AD – Stabia, 25 agosto o 25 ottobre 79), è stato uno scrittore, naturalista, filosofo naturalista, comandante militare e governatore provinciale romano.

Plinio il Giovane, suo nipote, ce lo rappresenta come un uomo dedito allo studio e alla lettura, intento ad osservare i fenomeni naturali e a prendere continuamente appunti, dedicando poco tempo al sonno e alle distrazioni. Il racconto della sua morte, contenuto in una lettera del nipote Plinio il Giovane, ha contribuito all'immagine di Plinio come protomartire della scienza sperimentale (definizione di Italo Calvino), anche se, sempre secondo il resoconto del nipote, si espose al pericolo anche per recare soccorso ad alcuni cittadini in fuga dall'eruzione, in quanto comandante della flotta di stanza a capo Miseno. Infatti, in occasione dell'eruzione del Vesuvio del 79 che seppellì Pompei ed Ercolano, si trovava a Miseno come praefectus classis Misenis. Volendo osservare il fenomeno il più vicino possibile e volendo aiutare alcuni suoi amici in difficoltà sulle spiagge della baia di Napoli, fra le quali Rectina, parte con le sue galee, che attraversano la baia fino a Stabiae (oggi Castellammare di Stabia) dove muore, probabilmente soffocato dalle esalazioni vulcaniche, a 56 anni.
Questo è quanto dice Wikipedia. Mi pare però di aver letto da qualche parte che la morte di Plinio sia stato l'unico decesso sulla nave, e che la flotta riuscì a soccorrere alcune persone. Può essere che Plinio abbia avuto un malore.
I primi eventi sismici ebbero già inizio nel 62 d.C., con il crollo di diverse case che furono poi ricostruite negli anni successivi. Solo alcuni anni dopo, nel 79 d.C., il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che porterà poi al seppellimento di alcune zone di Stabia, Pompei, Ercolano e molte città a sud-est dal Vesuvio. Intorno all'una del pomeriggio con un boato terribile il Vesuvio eruttò. Le sostanze eruttate per prime dal Vesuvio furono fondamentalmente pomici, quindi rocce vulcaniche originate da un magma pieno di gas e raffreddato. Mescolate alle pomici si trovano parti di rocce di altra natura che furono trasportate dal magma. Secondo una stima di Plinio il Giovane, testimone del fenomeno, l'altezza della nube indicata secondo le moderne unità di misura può aver raggiunto i 26 chilometri.


Ricostruzione della morte di Plinio il Vecchio in una stampa del XIX secolo.


Marco Mengoni - Hola - Official Video (LIVE a Palazzo Madama)


Marco esce da Palazzo Madama in una notte piovosa

Friday, March 22, 2019

Crivello di Eratostene


C'è vita intelligente nell'Universo. Grande Eratostene!

crivèllo s. m. [cribellum, dim. di cribrum «vaglio»]. – 1. Apparecchio costituito da un telaio sul cui fondo è fissata una rete metallica o una lamiera perforata, usato in agricoltura, nell’edilizia, nell’industria estrattiva, ecc., per dividere materiali incoerenti in due classi di pezzatura, separando gli elementi che passano attraverso da quelli che ne sono trattenuti a seconda delle dimensioni o della forma delle maglie (o dei fori). 2. In matematica, c. di Eratostene, metodo che permette di individuare i numeri primi inferiori a un dato numero.  3. In similitudini e in usi fig.: forare, bucherellare, ridurre come un c., persone o cose (mediante spari, colpi, ecc.); raro, passare al c., passare al vaglio, sottoporre a un esame minuzioso.

Manca qualcuno?

I primi insediamenti nella regione che oggi viene chiamata Piemonte risalgono al Paleolitico (tracce della presenza umana sono state ritrovate sul Monte Fenera nei pressi di Borgosesia). Al Neolitico risalgono invece gli utensili ritrovati nei pressi di Alba, Ivrea e nella Valle di Susa.
Il territorio fu poi abitato dai Liguri, stanziatisi in gran parte dell'Italia settentrionale, e da altri popoli di stirpe celtica e celto-ligure, quali i Taurini, i Graioceli, i Bagienni, i Salassi e i Vertamocori. Una grande varietà di popolazioni, dunque, ...  Sembra che la città di Torino sia sorta in epoca romana poco lontano da un insediamento di Taurini, dai quali potrebbe prendere il nome.
I Romani giunsero in Piemonte nel II secolo a.C., fondandovi le città di Derthona nel 120 a.C. ed Eporedia nel 100 a.C. come avamposto per controllare la popolazione dei Salassi e la via delle Gallie che passava per i valichi alpini della Valle d'Aosta. Con Cesare, durante la campagna gallica, nacque la città romana di Julia Augusta Taurinorum, l'odierna Torino. La parte rimanente del Piemonte, costituita soprattutto da zone montuose, venne conquistata soltanto da Ottaviano Augusto.
Il Piemonte venne diviso tra la Gallia Cisalpina e le province romane delle Alpes Cottiae, Alpes Maritimae ed Alpes Poenninae. I Romani, come in gran parte del Nord Italia, fondarono alcune delle maggiori città piemontesi vicino o su preesistenti insediamenti di origine celto-ligure, come Asti, Alba, Acqui Terme, Novara, Vercelli. E poi ci sono i castra e le mansiones. 
Nel 312, l'esercito di Costantino I, si scontrò vittoriosamente contro le truppe di Massenzio, nell'area compresa tra Alpignano e Rivoli. L'evento viene generalmente ricordato come battaglia di Torino.
Al termine dell'epoca romana spicca la battaglia di Pollenzo, combattuta nel 402 da Stilicone contro le truppe dei Visigoti nella pianura intorno a Bra.
Segnamo: Visigoti.
Nei primi anni successivi alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente il Piemonte passò sotto il controllo delle popolazioni germaniche: entrata prima nel dominio di Odoacre, fu poi conquistata dai Burgundi e dagli Ostrogoti. A metà del VI secolo furono sostituiti dai Bizantini. Però, nel 568, arrivò una nuova popolazione germanica, i Longobardi: le città bizantine del Piemonte si arresero senza opporre resistenza, e così finì in breve tempo la dominazione dell'Impero bizantino. Alcuni dei nuovi padroni longobardi stanziatisi in Italia settentrionale salirono a capo del nuovo regno con capitale a Pavia: tra essi, significativa per il Piemonte è la figura di Agilulfo, tra i primi duchi di Torino.
A questo periodo risalgono la suddivisione del territorio in ducati, quali quelli longobardi di Torino, Asti, Ivrea e San Giulio, la fondazione di numerosi importanti monasteri (come l'abbazia della Novalesa) e la redazione di alcune importanti norme giuridiche e amministrative.
La posizione strategica del Piemonte era ben chiara nel Medioevo, quando Carlo Magno comprese la necessità d'impossessarsi della regione per conquistare il regno longobardo di Desiderio. La battaglia che si svolse presso la Chiusa di San Michele fu decisiva per il re franco: sconfitti i longobardi, egli penetrò in profondità nel territorio piemontese, raggiungendo Torino e marciando a tappe forzate verso Pavia.
Un lungo periodo di pace fu interrotto a partire dal IX secolo, con le incursioni di pirati Saraceni provenienti dalle coste Liguri, che segnarono profondamente la storia della regione, terrorizzando la popolazione e rendendo insicuri i commerci via terra lungo i valichi alpini. Tra il 912 e il 920 venne anche saccheggiata l'abbazia di Novalesa, che sorgeva presso il Moncenisio, e Oulx fu quasi rasa al suolo. I monaci della Novalesa, dopo il saccheggio, si rifugiarono a Torino. 
Fermiamoci alle soglie del secondo millennio, quando il Piemonte è entrato a far parte integrante dell'Impero Carolingio.
Vediamo un po'. Facciamo così, nei Romani, mettiamo anche gli schiavi che arrivavano da mezzo mondo e i milirati. Ci sarebbero i Batavi e i Britanni, ma non misero radici. Invece pare che ciò sia capitato per i Sarmati. Quindi: Liguri, Celti, Romani, Sarmati, Burgundi, Goti, Longobardi, Franchi, Saraceni ... Manca qualcuno?
Gli Etruschi che percorrevano la regione coi loro commerci. I Cartaginesi, ma erano di passaggio.

La Magna Charta a Vercelli

A Vercelli arriva la Magna Charta per gli 800 anni della basilica di Sant’Andrea
Il documento del 1215, uno dei capisaldi della democrazia europea e mondiale, sarà esposto in Arca.
"Il documento rappresenta una delle quattro copie conformi del testo originale del 1215, con cui l’Arcivescovo di Canterbury decretò la pace tra l’impopolare Re Giovanni d’Inghilterra e un gruppo di baroni ribelli; sarà la prima esposizione italiana della Magna Charta, che nel corso dei secoli ha lasciato pochissime volte il suolo britannico per essere esposta altrove."

La navata centrale della Basilica di Sant'Andrea di Vercelli. Courtesy Alessandro Vecchi

A Vercelli la Magna Charta: fu il primo documento che riconobbe i diritti umani
La "Magna Charta Libertatum" esposta a Vercelli, Fino al 9 giugno nell'Arca di San Marco una mostra dedicata a Guala Bicchieri, tutore del giovane re Enrico II
"La Magna Charta — questo il nome originale — viene esposta in una mostra che celebra gli ottocento anni dell’Abbazia di Sant’Andrea di quella città. Vuole essere un omaggio al cardinale Guala Bicchieri, che con la posa della prima pietra, il 19 febbraio 1219, diede avvio alla costruzione di uno dei primi esempi di edificio gotico in Italia. La sua figura è legata alla vicenda della Magna Charta, perché l’alto prelato vercellese, dotato di grandi doti diplomatiche, fu legato pontificio presso la corte inglese e tutore del giovane re Enrico III: in quella veste fu supervisore del documento, ponendo il proprio sigillo sia nella visione revisionata del 1216, sia nella riconferma della carta del 1217 esposta a Vercelli. "

Il Guala appare in un primo documento come  Wala Bicherius beati Eusebii ecclesie canonicus.
http://www.treccani.it/enciclopedia/guala-bicchieri_(Dizionario-Biografico)/

Per Guala Bicchieri è stato proposto un legame coi  signori di Casalvolone: una famiglia antica, potente già prima del Mille, discendente da “Wala de loco Casali qui dicitur Waloni”, che è “vassus et missus” dei re Berengario II e Adalberto nel 956.
http://rm.univr.it/biblioteca/volumi/vercelli/VercellinelsecoloXII.pdf
La famiglia aveva possedeva un borgo feudale di Casale Gualonis, che dominò per molto tempo sul territorio (dall'anno 800 al 1350 circa ).

Guala è un nome proprio di persona italiano maschile e femminile. Etimologicamente, si tratta di un nome germanico, per la precisione longobardo, basato sull'elemento valah (o wala, "forestiero", "straniero", "viaggiatore"), contenuto anche nei nomi Gualfredo e Valerico. È usato anche nome cognome, attestato principalmente in Piemonte.

Limes

Dal de Volkskrant

De Wandelroute van het Jaar loopt langs de voormalige Romeinse grens, ook wel de Romeinse Limes – van Katwijk naar Nijmegen. Classicus David Rijser dwaalt door een romantisch landschap en mijmert over grenzen tussen culturen. 

David Rijser 1 maart 2019, 11:16

"Op deze plek verrees rond het begin van onze jaartelling het oudste en grootste castellum in Romeins Nederland, Fort Fectio, vlak naast het latere Fort bij Vechten. Ottenheym: ‘De grens van het Romeinse Rijk was niet zo hard als wij denken.’ We kijken naar het noorden, het Heart of Dark­ness van de Romeinen, en zien een truck met bevroren kippenbouten passeren."

Il Nord, Cuore di Tenebra dei Romani? Questo dice ad un certo punto l'autore dell'articolo. Non so bene che cosa voglia intendere. Ma questo mi permette di porvi un link, dove si spendere qualche parola su cosa è il Cuore di Tenebra di Joseph Conrad. «L’orrore! L’orrore!». Sono le ultime parole di Kurtz, uno dei grandi personaggi letterari del Novecento uscito dalla magistrale penna di Joseph Conrad nel libro Cuore di tenebra. Kurtz non è un “animo candido”; sulla palizzata davanti alla sua capanna sul grande fiume aveva conficcato le teste di alcuni indigeni uccisi, eppure di fronte a ciò che accade nella foresta pluviale del Congo non può che mormorare: «L’orrore! L’orrore!».
Cosa vuol dire, il giornale, che i Romani erano come i Belgi in Congo?

"Bij de ‘grenzen van Rome’ denk je al gauw aan het begin van Ridley Scotts populaire film Gladiator, waarin een geoliede Romeinse krijgsmachine in gelid staat opgesteld tegenover verspreide plukken harige, verwilderde barbaren in de bosjes. Maar hier, bij het grootste en oudste Romeinse ­castellum in Nederland, blijkt wat ­anders. Uit de archeologische vondsten in en rond het Romeinse fort blijkt niet alleen dat de lokale cultuur aan de Romeinse kant van de grens naadloos overging in die binnen het fort. 
Ook blijkt er geen wezenlijk verschil tussen wat je aan de ‘barbaarse’ kant aantreft en wat aan de Romeinse. In Fort Fectio werd dus gewoond en geleefd, gepraat en gehandeld binnen en buiten de muren en aan beide zijden van de zogenaamde grens. In plaats van barbaren klaar voor de aanval, bestond er een bedrijvig verkeer tussen de lokale bevolking en de ‘faciliterende’ Romeinen." 



Tutto cominciò con una tartaruga

Le tartarughe sulle monete, tutto ebbe inizio sull’isola di Egina
Scritto da Luciano Zambianchi -  12 Dicembre 2017
https://www.greenious.it/tartarughe-sulle-monete-statera-di-egina/
"Di fatto la più antica moneta accettata negli scambi commerciali tra i paesi occidentali è la “Statera di Egina” che ha una tartaruga terrestre su uno dei suoi lati."


Galba dei Suessoni


Una statera di Galba

Galba dei Suessioni, o semplicemente Galba, è stato un principe e condottiero gallo, re dei Suessioni, popolo stanziato nella Gallia Belgica, nel cui comando succedette a Diviziaco.
Viene menzionato da Cesare nei suoi commentarii. A lui, definito da Cesare giusto e saggio, venne offerto nel 57 a.C. il comando delle tribù belgiche coalizzatesi per contrastare i Romani. 

Cesare, proveniente dalla Gallia cisalpina, fu informato dai suoi alleati Remi, che la coalizione comprendeva tutte le tribù della Gallia Belgica (a cui si erano unite alcune tribù germaniche), con la sola esclusione dei Remi, che offrirono invece ostaggi e vettovaglie per l'esercito romano. Cesare fornisce l'elenco dettagliato dei popoli che presero parte all'alleanza, per un totale di 306.000 armati. La cifra fornita da Cesare è però considerata esagerata dagli studiosi moderni.
Essi appartenevano al popolo dei Bellovaci (con 60.000 armati), Suessioni (50.000 armati), Nervi (50.000), Atrebati (15.000), Ambiani (10.000), Morini (25.000), Menapi (7.000), Caleti (10.000), Veliocassi (10.000), Viromandui (10.000), Atuatuci (19.000), oltre a 40.000 Germani. Tra le popolazioni germaniche sono menzionati i Condrusi, gli Eburoni, i Ceresi ed i Pemani.
Stimiamo gli Eburoni dovessero essere un quarto dei Germani, ossia 10000.
Cesare, con 15 giorni di marcia ininterrotta e dopo avere rifocillato l'esercito nelle terre degli alleati Remi, si accampò a nord del fiume Aisne (affluente dell'Oise). Lo scontro tra i due eserciti avvenne quando i Belgi tentarono di guadare il fiume e si concluse con la vittoria dei Romani.

"Cesare, informato della situazione da Titurio, portò tutta la cavalleria, i Numidi armati alla leggera, i frombolieri e gli arcieri al di là del ponte e marciò contro il nemico. Lo scontro fu violento. I nostri li assalirono mentre stavano attraversando il fiume ed erano in difficoltà. Ne uccisero la maggior parte (di quelli che stavano attraversando il fiume) e respinsero con un nugolo di frecce gli altri che, con estrema audacia, tentavano di passare sui corpi dei caduti, circondarono con la cavalleria e uccisero i primi giunti sull'altra sponda. I nemici si resero conto di non aver più speranze di espugnare la città (Bibrax), né di attraversare il fiume e videro che i nostri non avanzavano, per dare battaglia, su un terreno sfavorevole. Perciò, dato che anche le loro scorte di grano incominciavano a scarseggiare, convocarono l'assemblea e decisero che la cosa migliore era tornare tutti in patria. Sarebbero accorsi in difesa del primo popolo attaccato dai Romani: così avrebbero combattuto nei propri territori, non in quelli altrui, e si sarebbero serviti delle scorte di grano che avevano in patria. Giunsero a tale decisione, tra l'altro, perché avevano saputo che Diviziaco e gli Edui si stavano avvicinando ai territori dei Bellovaci. E non si poteva convincere questi ultimi ad attardarsi e a non soccorrere i loro."

Questa ritirata dei Belgi è disastrosa, secondo Cesare. Egli li insegue, la retrovia dei belgi ingaggia battaglia. Il resto rompe le schiere e si da alla fuga. Ovviamente Cesare, sottolinea che ne ha uccisi quanti più poteva durante il giorno. Tenete sempre presente che il De bello gallico è la collezione dei report che Cesare faceva al Senato. Egli doveva rendere conto del risultato della campagna.  Aver potenziali nemici liberi sul campo, come si evince dal fatto che la gran parte si è data alla fuga, significava per il Senato romano un risultato parziale.

"L'indomani, prima che i nemici potessero riaversi dal terrore e dallo scompiglio della fuga, Cesare condusse l'esercito nei territori dei Suessioni, al confine con i Remi, giungendo a marce forzate alla città di Novioduno. Appena giunto sul posto, tentò di espugnarla, perché si diceva che era sguarnita, ma la larghezza del fossato e l'altezza delle mura non gli permisero di impadronirsene, nonostante che i difensori fossero realmente pochi. Fortificato l'accampamento, provvide a spingere in avanti le vinee e a preparare tutto ciò che serve ad un assedio. Nel frattempo, la notte successiva rientrarono in città tutti i Suessioni che si erano dati alla fuga. Vedendo che i Romani rapidamente accostavano le vinee, innalzavano un terrapieno e costruivano delle torri, i Suessioni, scossi sia dall'imponenza delle opere costruite, mai viste o di cui non avevano mai sentito parlare prima, sia dalla rapidità dei Romani, mandano a Cesare un'ambasceria per offrire la resa. Su richiesta dei Remi, ottengono salva la vita.
Cesare, ricevuti in ostaggio i cittadini più nobili, tra cui due figli del re Galba stesso, dopo la consegna di tutte le armi che vi erano in città, accettò la resa dei Suessioni e guidò l'esercito contro i Bellovaci, asserragliati con tutti i loro beni nella città di Bratuspanzio."

Galba dei Suessioni è stato giusto e saggio, scegliendo l'accordo di pace di cui i figli erano garanti. Questo è il significato dello scambio di "ostaggi". La parola ostaggio non deve essere presa nel significato oggi comunemente usato. 

"Quando Cesare e le sue legioni distavano circa cinque miglia, tutti i più anziani uscirono dalla città e iniziarono a esprimere, a parole e con le mani protese verso Cesare, l'intenzione di porsi sotto la sua protezione e autorità e di non combattere contro il popolo romano. Allo stesso modo, quando Cesare si era avvicinato alla città e poneva le tende, dall'alto delle mura i bambini e le donne, con le mani protese, secondo il loro costume, chiedevano pace ai Romani.
In loro favore parlò Diviziaco, che dopo la ritirata dei Belgi aveva rimandato in patria le truppe edue e raggiunto Cesare: i Bellovaci in ogni circostanza si erano dimostrati alleati e amici degli Edui; a spingere il popolo erano stati i capi con i loro discorsi, sostenendo che gli Edui, ridotti in servitù da Cesare, subivano umiliazioni e offese di ogni sorta; perciò, si erano staccati dagli Edui e avevano dichiarato guerra al popolo romano. I responsabili della decisione, consapevoli del danno provocato alla loro gente, erano fuggiti in Britannia. Alle preghiere dei Bellovaci, che chiedevano a Cesare clemenza e generosità, si aggiungeva l'intercessione degli Edui. E se Cesare avesse risparmiato i Bellovaci, avrebbe accresciuto l'autorità degli Edui presso tutti i Belgi, che erano soliti fornire, in caso di guerra, truppe e mezzi per farvi fronte.
Cesare disse che, per aumentare il prestigio di Diviziaco e degli Edui, avrebbe accolto e tenuto sotto la sua protezione i Bellovaci. Poiché erano un popolo di grande autorità tra i Belgi e molto numerosi, chiese seicento ostaggi. Gli furono consegnati insieme a tutte le armi della città...."

Ho preso la traduzione dal latino del Progetto Ovidio, ed ho lasciato  "ostaggi". 
 DC obsides, ma tradurre obses con ostaggio è una cosa fuorviante. Queste erano le persone date in garanzia della tenuta della pace. Non erano gli ostaggi, come per esempio i civili, presi dai soldati e tenuti con le armi per servirsene come scudi umani. Erano pegni per il futuro. 

obsĕs
[obsĕs], obsidis 
sostantivo maschile e femminile III declinazione
1 ostaggio
2 colui che si fa garante
3 cauzione, garanzia