Mi permetto di riportare alcuni brani di un articolo apparso su Repubblica, Febbraio 1992. L'articolo viene emendato in tre punti col testo (*), che viene riportato dopo l'articolo. Di seguito viene data anche la versione in Inglese dell'articolo.
ROMA - Sono i primi mesi del ' 43. Sul fronte orientale - bloccata la terribile offensiva scatenata dall'Asse nel '42 - l' Armata rossa sta ormai per prendere lo slancio che in due anni la porterà a Berlino. E lascia alle sue spalle, nei campi di prigionia, centinaia di migliaia di soldati italiani e tedeschi. La Russia, distrutta, è alla fame. Ma nei Gulag la vita è un inferno ancor peggiore. E tra i resti dell'Armir è una strage ..
Del loro dramma scrive a Palmiro Togliatti, numero tre del Komintern, Vincenzo Bianco, delegato del Pci presso l'Internazionale. Chiedendogli di "trovare la forma" per evitare che i soldati italiani "muoiano in massa, come è già avvenuto". Ma il Migliore non si scompone: "Se un buon numero di prigionieri muore in conseguenza delle dure condizioni di fatto - replica il segretario del Pci - non ci trovo assolutamente niente da dire". C'è anche questo epistolario, agghiacciante nella sua crudezza, tra le carte in libera uscita dagli archivi di Mosca. ...
Il carteggio è aperto dalla lettera indirizzata il 30 gennaio da Bianco a Togliatti, sfollato - come tutto lo stato maggiore dell'Internazionale comunista - dall'hotel Lux di Mosca a Ufa, lontano dal fronte. I comunisti italiani rifugiati in Urss svolgono un'intensa attività di propaganda tra le truppe in prigionia. Probabilmente per questa strada Bianco viene informato della drammatica situazione nei campi. E decide con coraggio di scriverne al suo capo, uno dei massimi leader del comunismo mondiale. Bianco sa che nell'Urss schiacciata dal controllo di Beria la sua missiva non verrà letta solo da Togliatti. Usa toni cautissimi, quasi allusivi, nel porre al Migliore "una questione molto delicata, di carattere politico molto grande". Scrive, il dirigente comunista, che "muoiono migliaia di alpini. Penso che bisogna trovare una via, un mezzo per cercare con le dovute forme, con il dovuto tatto politico di porre il problema affinché non abbia a registrarsi il caso che muoiano a migliaia come è già avvenuto. Non mi dilungo, tu mi comprendi, perciò lascio a te di trovare la forma per farlo." dice Bianco. ...
E' un implicito invito a intervenire su Stalin, rivolto all'unico italiano che lo possa fare. Togliatti risponde il 15 febbraio: "Una questione sulla quale sono in disaccordo con te - scrive - è quella del trattamento dei prigionieri. Non sono per niente feroce, come tu sai. Sono umanitario quanto te o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa. La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso l' Unione sovietica è stata definita da Stalin e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà in conseguenza delle dure condizioni di fatto non ci trovo assolutamente niente da dire. Anzi. E ti spiego il perchè". "Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie - prosegue Togliatti - la guerra di Mussolini e soprattutto la spedizione contro la Russia si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore e il più efficace degli antidoti. Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che l' aggressione e il destino individualmente preso di tante famiglie è tragico, tanto meglio sarà per l' avvenire dell' Italia [Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia (*)]. Te l' ho già detto - ripete il Migliore - io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano assassinare [sopprimere (*)], tanto più che possiamo ottenere certi risultati in altro modo [tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in altro modo (*)], ma nelle durezze oggi che possono provocare la fine di molti di loro non riesco a vedere altro che la concreta missione di quella giustizia che il divino [vecchio (*)] Hegel - chiude la lettera - diceva essere immanente nella Storia".
Da
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/02/prigionieri-muoiano-pure.html
Da (*)
http://www.qelsi.it/2013/togliatti-e-la-giustizia-della-storia-che-sa-come-sopprimere-migliaia-di-soldati-italiani-prigionieri-in-unione-sovietica/
Trascrizione della lettera completa (*), che trovo ancora più agghiacciante di quanto riportato nell'articolo di Repubblica.
“L’altra questione sulla quale sono in disaccordo da te è quella del trattamento dei prigionieri.
Non sono per niente feroce, come tu sai.
Sono umanitario quanto te, o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa.
La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso la Unione sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire.
Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire, anzi.
E ti spiego il perché.
Non c’è dubbio che il popolo italiano è stato avvelenato dalla ideologia imperialista e brigantesca del fascismo.
Non nella stessa misura che il popolo tedesco, ma in misura considerevole.
Il veleno è penetrato tra i contadini, tra gli operai, non parliamo della piccola borghesia e degli intellettuali, è penetrato nel popolo, insomma.
Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, è il più efficace degli antidoti.
Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia.
I massacri di Dogali e di Adua furono uno dei freni più potenti allo sviluppo dell’imperialismo italiano, e uno dei più potenti stimoli allo sviluppo del movimento socialista.
Dobbiamo ottenere che la distruzione dell’Armata italiana in Russia abbia la stessa funzione oggi.
In fondo, coloro che dicono ai prigionieri, come tu mi riferivi:” Nessuno vi ha chiesto di venir qui, dunque non avete niente da lamentarvi”, dicono una cosa che è profondamente iusta, anche se è vero che molti dei prigionieri sono venuti qui solo perché mandati.
E’ difficile, anzi impossibile, distinguere in un popolo chi è responsabile di una politica, da chi non lo è, soprattutto quando non si vede nel popolo una lotta aperta contro la politica delle classi dirigenti.
L’ho già detto: io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano sopprimere, tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in altro modo, ma nelle durezze oggettive che possono provocare la fine di molti di loro, non riesco a vedere altro che la concreta espressione di quella giustizia che il vecchio Hegel diceva essere immanente in tutta la storia.”
Let me translate some passages I quoted previously from an article published in Repubblica, February 1992.
It is the beginning of 1943. On the eastern front of the war, the offensive of the Axis, begun in 1942, had been stopped and the Red Army is now starting the operations that, in two years, will bring it to Berlin. The campain in Russia is leaving behind it, in the prison camps, hundreds of thousands of Italian and German soldiers. The destroyed Russia is starving. But the life is a hell in the Gulags. And it is a massacre among the remains of the Armir .
Of their terrible conditions, Vincenzo Bianco, delegate of PCI at the International, wrote to Palmiro Togliatti, number three of the Komintern. He was asking him to "find the form" to prevent the Italian soldiers "dying in mass death as had already happened". But the Best does not break up: "If a solid number of prisoners dies as a result of the harsh conditions - replies the secretary of PCI - I have absolutely nothing to say". There is also this epistolary, dreadful in its crudeness, among the papers released by the Moscow archives. ...
The correspondence starts with the letter sent on 30 January from Bianco to Togliatti, who had been moved - like all the staff of the Communist International - from the Lux hotel in Moscow to Ufa, far from the war. The Italian communist refugees in USSR are carrying out an intense propaganda activity among the imprisoned troops. Probably thanks to this activity, Bianco is informed of the dramatic situation in the prison camps. And he decides, with courage, to write to his leader, one of the greatest leaders of world communism. Bianco knows that in the USSR oppressed by Beria's control his letter will be read by other persons besides Togliatti. He uses all cautiouns and allusive tones, to present to the Best "a very delicate issue of a very large political nature". The Communist leader writes that "thousands of Alpini are dying. I think we need to find a way, a manner to search with the proper form, with the necessary political tact to pose the problem so that to avoid that thousands of them die, like it has already happened, I do not want to talk at lentgh, you understand me, so I leave it to you to find the form to do it. " says Bianco ...
It is an implicit invitation to raise this issue with Stalin, by addressing the only Italian who can do it. Togliatti replies on February 15th: "About one issue I disagree with you - writes - it is that of the treatment of the prisoners, I am not ferocious at all, as you know I am as humanitarian as you or a lady of the Red Cross. Our principle about the armies that invaded the Soviet Union was defined by Stalin and there is nothing more to say. In practice, however, if a solid number of prisoners will die as a result of the current harsh conditions, I find absolutely nothing to say, and I'll explain you why ". "The fact that for thousands and thousands of families - continues Togliatti - the war of Mussolini and especially the war against Russia ends with a tragedy, with a personal loss, is the best and most effective of the antidotes. The more the conviction penetrates in the people that the aggression and the individual fate of so many families is tragic, [that the aggression againt other countries means ruin and death for them, means ruins and death for each individual (*)], the better will be for the future of Italy. I already told you - repeats the Best - I do not claim at all that the prisoners owe to be killed, even because we can obtain some results in another manner [moreover we can use them to have some results in a different manner (*)], but in the harshness that can cause the end of many of them I see nothing else than the definite mission of that justice the divine [old (*)] Hegel - the letter closes - said to be immanent in history".
Da
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/02/prigionieri-muoiano-pure.html
Da (*)
http://www.qelsi.it/2013/togliatti-e-la-giustizia-della-storia-che-sa-come-sopprimere-migliaia-di-soldati-italiani-prigionieri-in-unione-sovietica/