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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Wednesday, July 4, 2018

Tre fratelli

Le tradotte sono partite da Cuneo, coi generali che dicevano alle famiglie "Non dovete piangere, dovete sorridere che i figli vanno in guerra!". Le tradotte viaggiavano con soldati non armati.
Maledetti generali. Nessuno di loro ha detto, Alpini prendiamo le armi e spazziamo via Mussolini.
Scarpe di cartone e mal equipaggiati.
Tre fratelli sono partiti. Due nella Cuneense. Uno nella Julia. Pietro resta a Danzica, a settembre 1943 viene portato in un campo di prigionia vicino Amburgo. Giovanni e Remo partono per il Don. Si incontrano solo una volta prima della battaglia finale. L'ultima lettera di Giovanni dice che dove è Remo si vedono i cannoni russi sparare giorno e notte in continuazione.
La divisione Julia viene annientata. Colonne di Alpini vengono fatte prigioniere. Giovanni è morto in un lager russo. Pietro torna dalla Germania a guerra finita, con storie terribili. Nel campo, chi la mattina era malato e non riusciva ad uscire dalla baracca per andare a lavorare, la sera non c'era più. Pietro subito capisce, chi non ce la fa viene trascinato dai compagni al lavoro. Le trasgressioni sono punite con la fucilazione.

Il Migliore? (The Best?)

Mi permetto di riportare alcuni brani di un articolo apparso su Repubblica, Febbraio 1992. L'articolo viene emendato in tre punti col testo (*), che viene riportato dopo l'articolo. Di seguito viene data anche la versione in Inglese dell'articolo.

ROMA - Sono i primi mesi del ' 43. Sul fronte orientale - bloccata la terribile offensiva scatenata dall'Asse nel '42 - l' Armata rossa sta ormai per prendere lo slancio che in due anni la porterà a Berlino. E lascia alle sue spalle, nei campi di prigionia, centinaia di migliaia di soldati italiani e tedeschi. La Russia, distrutta, è alla fame. Ma nei Gulag la vita è un inferno ancor peggiore. E tra i resti dell'Armir è una strage ..
Del loro dramma scrive a Palmiro Togliatti, numero tre del Komintern, Vincenzo Bianco, delegato del Pci presso l'Internazionale. Chiedendogli di "trovare la forma" per evitare che i soldati italiani "muoiano in massa, come è già avvenuto". Ma il Migliore non si scompone: "Se un buon numero di prigionieri muore in conseguenza delle dure condizioni di fatto - replica il segretario del Pci - non ci trovo assolutamente niente da dire". C'è anche questo epistolario, agghiacciante nella sua crudezza, tra le carte in libera uscita dagli archivi di Mosca. ...
Il carteggio è aperto dalla lettera indirizzata il 30 gennaio da Bianco a Togliatti, sfollato - come tutto lo stato maggiore dell'Internazionale comunista - dall'hotel Lux di Mosca a Ufa, lontano dal fronte. I comunisti italiani rifugiati in Urss svolgono un'intensa attività di propaganda tra le truppe in prigionia. Probabilmente per questa strada Bianco viene informato della drammatica situazione nei campi. E decide con coraggio di scriverne al suo capo, uno dei massimi leader del comunismo mondiale. Bianco sa che nell'Urss schiacciata dal controllo di Beria la sua missiva non verrà letta solo da Togliatti. Usa toni cautissimi, quasi allusivi, nel porre al Migliore "una questione molto delicata, di carattere politico molto grande". Scrive, il dirigente comunista, che "muoiono migliaia di alpini. Penso che bisogna trovare una via, un mezzo per cercare con le dovute forme, con il dovuto tatto politico di porre il problema affinché non abbia a registrarsi il caso che muoiano a migliaia come è già avvenuto. Non mi dilungo, tu mi comprendi, perciò lascio a te di trovare la forma per farlo." dice Bianco. ...
E' un implicito invito a intervenire su Stalin, rivolto all'unico italiano che lo possa fare. Togliatti risponde il 15 febbraio: "Una questione sulla quale sono in disaccordo con te - scrive - è quella del trattamento dei prigionieri. Non sono per niente feroce, come tu sai. Sono umanitario quanto te o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa. La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso l' Unione sovietica è stata definita da Stalin e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà in conseguenza delle dure condizioni di fatto non ci trovo assolutamente niente da dire. Anzi. E ti spiego il perchè". "Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie - prosegue Togliatti - la guerra di Mussolini e soprattutto la spedizione contro la Russia si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore e il più efficace degli antidoti. Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che l' aggressione e il destino individualmente preso di tante famiglie è tragico, tanto meglio sarà per l' avvenire dell' Italia [Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia (*)]. Te l' ho già detto - ripete il Migliore - io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano assassinare [sopprimere (*)], tanto più che possiamo ottenere certi risultati in altro modo [tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in altro modo (*)], ma nelle durezze oggi che possono provocare la fine di molti di loro non riesco a vedere altro che la concreta missione di quella giustizia che il divino [vecchio (*)] Hegel - chiude la lettera - diceva essere immanente nella Storia". 

Da
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/02/prigionieri-muoiano-pure.html
Da (*)
http://www.qelsi.it/2013/togliatti-e-la-giustizia-della-storia-che-sa-come-sopprimere-migliaia-di-soldati-italiani-prigionieri-in-unione-sovietica/

Trascrizione della lettera completa (*), che trovo ancora più agghiacciante di quanto riportato nell'articolo di Repubblica.


“L’altra questione sulla quale sono in disaccordo da te è quella del trattamento dei prigionieri.
Non sono per niente feroce, come tu sai.
Sono umanitario quanto te, o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa.
La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti che hanno invaso la Unione sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire.
Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire, anzi.
E ti spiego il perché.
Non c’è dubbio che il popolo italiano è stato avvelenato dalla ideologia imperialista e brigantesca del fascismo.
Non nella stessa misura che il popolo tedesco, ma in misura considerevole.
Il veleno è penetrato tra i contadini, tra gli operai, non parliamo della piccola borghesia e degli intellettuali, è penetrato nel popolo, insomma.
Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, è il più efficace degli antidoti.
Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia.
I massacri di Dogali e di Adua furono uno dei freni più potenti allo sviluppo dell’imperialismo italiano, e uno dei più potenti stimoli allo sviluppo del movimento socialista.
Dobbiamo ottenere che la distruzione dell’Armata italiana in Russia abbia la stessa funzione oggi.
In fondo, coloro che dicono ai prigionieri, come tu mi riferivi:” Nessuno vi ha chiesto di venir qui, dunque non avete niente da lamentarvi”, dicono una cosa che è profondamente iusta, anche se è vero che molti dei prigionieri sono venuti qui solo perché mandati.
E’ difficile, anzi impossibile, distinguere in un popolo chi è responsabile di una politica, da chi non lo è, soprattutto quando non si vede nel popolo una lotta aperta contro la politica delle classi dirigenti.
L’ho già detto: io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano sopprimere, tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultati in altro modo, ma nelle durezze oggettive che possono provocare la fine di molti di loro, non riesco a vedere altro che la concreta espressione di quella giustizia che il vecchio Hegel diceva essere immanente in tutta la storia.”


Let me translate some passages I quoted previously from an article published in Repubblica, February 1992.
It is the beginning of 1943. On the eastern front of the war, the offensive of the Axis, begun in 1942, had been stopped and the Red Army is now starting the operations that, in two years, will bring it to Berlin. The campain in Russia is leaving behind it, in the prison camps, hundreds of thousands of Italian and German soldiers. The destroyed Russia is starving. But the life is a hell in the Gulags. And it is a massacre among the remains of the Armir .
Of their terrible conditions, Vincenzo Bianco, delegate of PCI at the International, wrote to Palmiro Togliatti, number three of the Komintern. He was asking him to "find the form" to prevent the Italian soldiers "dying in mass death as had already happened". But the Best does not break up: "If a solid number of prisoners dies as a result of the harsh conditions - replies the secretary of PCI - I have absolutely nothing to say". There is also this epistolary, dreadful in its crudeness, among the papers released by the Moscow archives. ...
The correspondence starts with the letter sent on 30 January from Bianco to Togliatti, who had been moved - like all the staff of the Communist International - from the Lux hotel in Moscow to Ufa, far from the war. The Italian communist refugees in USSR are carrying out an intense propaganda activity among the imprisoned troops. Probably thanks to this activity, Bianco is informed of the dramatic situation in the prison camps. And he decides, with courage, to write to his leader, one of the greatest leaders of world communism. Bianco knows that in the USSR oppressed by Beria's control his letter will be read by other persons besides Togliatti. He uses all cautiouns and allusive tones, to present to the Best "a very delicate issue of a very large political nature". The Communist leader writes that "thousands of Alpini are dying. I think we need to find a way, a manner to search with the proper form, with the necessary political tact to pose the problem so that to avoid that thousands of them die, like it has already happened, I do not want to talk at lentgh, you understand me, so I leave it to you to find the form to do it. " says Bianco ...
It is an implicit invitation to raise this issue with Stalin, by addressing the only Italian who can do it. Togliatti replies on February 15th: "About one issue I disagree with you - writes - it is that of the treatment of the prisoners, I am not ferocious at all, as you know I am as humanitarian as you or a lady of the Red Cross. Our principle about the armies that invaded the Soviet Union was defined by Stalin and there is nothing more to say. In practice, however, if a solid number of prisoners will die as a result of the current harsh conditions, I find absolutely nothing to say, and I'll explain you why ". "The fact that for thousands and thousands of families - continues Togliatti - the war of Mussolini and especially the war against Russia ends with a tragedy, with a personal loss, is the best and most effective of the antidotes. The more the conviction penetrates in the people that the aggression and the individual fate of so many families is tragic, [that the aggression againt other countries means ruin and death for them, means ruins and death for each individual (*)], the better will be for the future of Italy. I already told you - repeats the Best - I do not claim at all that the prisoners owe to be killed, even because we can obtain some results in another manner [moreover we can use them to have some results in a different manner (*)], but in the harshness that can cause the end of many of them I see nothing else than the definite mission of that justice the divine [old (*)] Hegel - the letter closes - said to be immanent in history".

Da
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/02/prigionieri-muoiano-pure.html
Da (*)
http://www.qelsi.it/2013/togliatti-e-la-giustizia-della-storia-che-sa-come-sopprimere-migliaia-di-soldati-italiani-prigionieri-in-unione-sovietica/

Sunday, July 1, 2018

Il Cesare del Camposanto di Pisa


Sempre usato Tuscolo, fitta bene.

Lo so, gli occhi sono un po' a "palla" ma sono quelli della statua ...


http://www.toscanaoggi.it/Territorio/Musei-d-arte-sacra/Museo-dell-Opera-del-Duomo-di-Pisa

"Ma l'importanza indiscussa dei reperti in esse raccolti e un tempo custoditi nel Camposanto, ne giustifica ampiamente la presenza. La sala 22 conserva infatti quarantuno reperti archeologici romani, con molte urne cinerarie e svariati busti dei secoli I e II d.C., dei quali il più celebre è forse la testa in marmo lunense di Giulio Cesare, risalente al 30-20 a.C..

Vedi  post
http://stretchingtheboundaries.blogspot.com/2018/07/il-cesare-del-camposanto-di-pisa.html


Saturday, June 30, 2018

I tre Cesari


Tusculum  - Farnese - Leiden

The Leiden Caesar

The original image is on the left (Courtesy: Rijksmuseum van Oudheden, Leiden)
In the middle, the Leiden bust is digitally restored using the face of the Tusculum bust. On the right you can see my lifelike rendering of the bust.  Actually, the bust is one of two marble heads of Caesar that we can see at a page  of the Rijksmuseum van Oudheden. It is the national archaeological museum of the Netherlands, located in Leiden.

In the above image, th restoration was based on the face of the Tusculum bust, BUT we have other protraits of Caesar that we can use. One is the Chiaramonti Caesar.
Here the result in the following image.




Friday, June 29, 2018

The Tusculum Caesar


This is my reconstruction of the face of Giulius Caesar, in a lifelike style, that I have obtained from the Tusculum bust, today at the Archaeological Museum of Torino.

On the portrait of Caesar from Tusculum - Sul busto di Tuscolo

Dear reader, this post is devoted to a discussion of a portrait of Julius Caesar, known as the Tusculum bust.

In this post I will use the article by Francesco Carotta, published on the Corriere del Ticino in 2017. https://www.carotta.de/subseite/texte/articula/CesareTuscolo_CorriereDelTicino.pdf
and I strongly invite you to read it. The article, entitled IL CESARE INCOGNITO, is linking the marble bust of Tuscolo and a Denario by Buca, to the myth of Selene and Endymion.

Here some extracts.

The story of the discovery of the Tusculum bust has some humor in it. The marble head was found in Tusculum by Luciano Bonaparte. Luciano made profit with the antiquities, in particular those emerging from the ruins of that pleasant town among the Alban Hills (near today's Frascati), where the Roman nobility had built the villas, a famous one was that of Cicero. He used these antiquities to refund his huge debts. However, he did not realize that he had in his hands an original portrait of Caesar, which would have allowed him to restore his financial health. The bust then remained unsold and passed to the House of Savoy. With some others items of Lucien Bonaparte's collection, the bust was taken to the Castle of Agliè, where, a century and a half later, in 1940, archaeologist Maurizio Borda, comparing the profile with some coins of Caesar, recognized that Caesar was portrayed in it.


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Believing the marble head had been at the top of a statue of a "togato", Borda fixed the head in a vertical position. This position highlighted two anomalies: a sinking on the apex of the skull and a swelling of the same on the left side. Assuming the portrait as made during the life of Caesar, and without taking into account the notorious "riporto" (lock of hair combed over his baldness)  to hide his harassing baldness, Borda diagnosed in Caesar clinocephaly and plagiocephaly, hypothesizing that these pathological deformations had been caused by epilepsy. "Idle idea, not only because Caesar was estimated the most handsome man in Rome - and this is incompatible with such supposed malformations - but also because, at that time, it had been proven that the occasional fainting of Caesar had not an organic origin, but was simply due to cachexia, exhaustion for the hard life spent in continuous wars. And, [it was an idle idea also because], above all, that marble head has several other anomalies (prominent and non-anatomical eyes, the left ear higher than the right, the flatted left wing of the nose, a slit of the mandible, the dimple of the displaced thyroid-joid area, vertical venus rings, twisted neck, raised right shoulder, etc.). These deformations are those studied by the classical sculptors, which, since the time of Phidias, practised them to make the faces of the statues more beautiful, depending on what was the main perspective to see them, particularly to optimize their view from below. And in fact, if we assume for the portrait of Tusculum a recumbent posture of the subject, mainly viewed from below, all these so-called anomalies are changed into aesthetic excellences. Observed from this point of view Caesar's portrait from Tusculum is beautiful, like a masculine Gioconda. "





Here the best view of Tusculum bust, as highlighted by Francesco Carotta in
https://www.carotta.de/subseite/texte/articula/Sulla_postura_del_Cesare_Tuscolo.pdf 

Cari lettori, in questo post mi servirò dell'articolo di Francesco Carotta sul Corriere del Ticino nel 2017. https://www.carotta.de/subseite/texte/articula/CesareTuscolo_CorriereDelTicino.pdf
che invito a leggere. L'articolo, dal titolo IL CESARE INCOGNITO lega il busto marmoreo  di Tuscolo ed il Denario di Buca al mito di Selene ed Endemione.

Ecco alcuni estratti.

La cronistoria del ritrovamento del busto di Tuscolo "non manca di una certa comicità. La testa marmorea fu trovata al Tuscolo da Luciano Bonaparte". Luciano lucrava sulle antichità, "affioranti dalle rovine di quell’ameno municipio dei colli Albani (presso l’odierna Frascati), dove la nobiltà romana vi aveva costruito le sue ville, di cui fu famosa quella di Cicerone. Reperti che smerciava per pagare i suoi ingenti debiti, senza però accorgersi di avere in mano un ritratto originale di Cesare, che gli avrebbe permesso da solo di risanarsi". Il busto quindi resta invenduto e passa ai Savoia. Insieme a quanto rimasto della collezione di Luciano, il busto viene portato nel Castello di Agliè, "dove un secolo e mezzo dopo l’archeologo Maurizio Borda, comparandone il profilo con monete di Cesare, riconobbe trattarsi proprio di lui."
"Ritenendo aver essa appartenuto ad una statua di togato, fissò la testa in posizione verticale, nella quale risultano però evidenziate due anomalie: un affossamento sull’apice del cranio ed un rigonfiamento dello stesso sulla parte sinistra. Nel suo entusiasmo trattarsi di un ritratto contemporaneo ripreso dal vivo, e senza tener conto del notorio riporto dei capelli in avanti per celare la molesta calvizie, diagnosticò in Cesare clinocefalia e plagiocefalia, ipotizzando essere state quelle deformazioni patologiche la causa del suo famoso mal caduto. Idea peregrina, non solo perché Cesare era stimato l’uomo più bello di Roma, incompatibile con tali supposte malformazioni, ma anche perché è stato nel frattempo dimostrato che gli occasionali svenimenti di Cesare non avevano un’origine organica, ma erano dovuti semplicemente a cachessia, esaurimento per la dura vita passata in continue guerre,  e soprattutto perché quella testa marmorea presenta diverse altre anomalie (occhi prominenti e non anatomici, l’orecchio sinistro più alto del destro, ala del naso sinistra appiattita, mandibola sbieca, fossetta della zona tiro-joidea spostata, anelli di Venere verticali, collo torto, spalla destra rialzata, ecc.), deformazioni del tipo di quelle studiate ad arte dagli scultori classici, che fin dal tempo di Fidia le praticavano per rendere più belli i volti delle statue, a seconda di qual era la prospettiva principale, particolarmente per ottimizzarne la vista dal basso. Ed infatti, se si assume per il ritratto tuscolano una postura reclinata del soggetto con vista principale dal basso, tutte le cosiddette anomalie si tramutano in eccellenza estetica. Osservato da questo punto di vista il ritratto tuscolano di Cesare è bellissimo, quasi una Gioconda al maschile."
Grazie al dottor Francesco Carotta, ora possiamo vedere il ritratto di Cesare nel modo migliore possibile. 

Post archiviato
http://archive.is/wxmd5

Tuesday, June 26, 2018

On d’Hollosy reconstruction of Caesar - continued

In the post of June 26, 2018
http://stretchingtheboundaries.blogspot.com/2018/06/on-maja-dhollosy-reconstruction-of.html
I discussed the reconstruction of Caesar's head made by Maja d'Hollosy, proposed in http://www.rmo.nl/reconstructiecaesar. She used data from a Leiden bust and the Tusculum bust. So I measured two rectangles to compare the face of Tusculum bust and the face of d'Hollosy reconstruction. Here the result.



The rectangles of the Tusculum bust (left). Rectangles of a frontal view of Maja d’Hollosy’s 3D reconstruction (Courtesy: elu24.postimees.ee Kuvatõmmis/Youtube,  Let me stress that the image on the right is here used for scientific and cultural purposes). The sizes are in pixels.
To the reader, the exercise to evaluate the ratios. Differences are of about 10%.

However, a reader could tell me that I have not investigated the other bust used for the reconstruction, that which is in Leiden. Actually, the bust is in bad condition, so I "restored" digitally its image. And the result is the following. 



For comparison, I rotated a little the image. Here the result and comparison.



The rectangles of the Tusculum bust (left), of a frontal view of Maja d’Hollosy’s 3D reconstruction (middle) and Leiden head (right). The numbers (in pixels) are given to the reader, in such a manner that  any measurement and ratio can be easily evaluated. 
The most evident defect of the 3D  reconstruction is in the fact that it has the head which has a square as its frame, whereas the two busts have rectangles.  




A chi somiglia?


Per far vedere che la mia ricostruzione del busto di Tuscolo non è troppo lontana da persone reali. In alto a sinistra, un particolare del busto di Tuscolo. Coloriamo un po' la pelle ed cominciamo a tracciare gli occhi (in alto a destra). In basso a sinistra la ricostruzione. A destra, lo riconoscete tutti, c'è Fiorello. Allora, il Cesare di Tuscolo a chi somiglia? Un pochino a Fiorello.