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Benvenuti in queste pagine dedicate a scienza, storia ed arte. Amelia Carolina Sparavigna, Torino

Saturday, July 28, 2018

I popoli Germanici e gli schiavi

Dato che si parla sempre e solo della schiavitù nel mondo romano, come se solo i Romani avessero servi di proprietà dei padroni, vediamo come stavano le cose tra i popoli germanici. E, nel mentre, vediamo di conoscerli un po' meglio.

http://www.treccani.it/enciclopedia/popoli-germanici_%28Enciclopedia-Italiana%29/
di Plinio FRACCARO - Giuseppe CIARDI-DUPRE' - Arrigo SOLMI - Bruno Vignola - Enciclopedia Italiana (1932)


GERMANICI, POPOLI. - Sotto la denominazione di Germani si comprendono tutte quelle numerose e varie popolazioni appartenenti alla famiglia etnica indoeuropea e da questa staccatesi in epoca remotissima, e forse già al principio dell'età del bronzo, come una massa omogenea con distinta personalità antropologica e linguistica, che poi a poco a poco si accrebbe e si suddivise in una serie di ramificazioni particolari, le quali, all'inizio dell'era cristiana, si trovavano fissate nelle regioni settentrionali d'Europa dal Reno ad oltre la Vistola e, verso mezzogiorno, fino al corso del Danubio.
 ... Ad onta della comunanza dell'origine le diverse famiglie germaniche non ebbero in antico unità nazionale e neppure possedettero un nome che le designasse come complesso etnico. Il nome di Germani fu loro dato dai Romani, presso i quali esso diventò comune al tempo di Cesare, che lo udì nelle Gallie, e al quale venne data diffusione ufficiale con la creazione della provincia della Germania e con l'estensione del medesimo nome a tutti gli abitanti della Germania libera. Il vocabolo si trova per la prima volta nei Fasti Capitolini all'anno 222 a. C., ma fu osservato con fondamento ch'esso può essere un'interpolazione posteriore. ,,, Comunque sia, pare certo quanto a tal proposito racconta Tacito, che, cioè, col nome di Germani fu dapprincipio chiamata nelle Gallie qualche tribù passata per prima sulla sinistra del Reno, e il nome fu poi esteso a tutti gli altri abitanti della Germania. ... ll vocabolo Germani non fu tuttavia mai popolare fra le nazioni così designate e sparì inoltre dall'uso corrente assai per tempo, finché la lingua dotta non se ne impadronì adoperandolo nell'attuale largo significato generico. La parola deutsch, che deriva dal sostantivo antico tedesco diota "popolo", da cui l'aggettivo diutisc, latinizzato theodiscus, significava dapprima la lingua del popolo, cioè il "volgare", in contrapposto al latino, adoperato dalle classi dirigenti, e fu in seguito usata a indicare il popolo che la parlava; essa diventò generale dopo il decimo secolo.
... (I Germani] Parlavano una lingua indoeuropea occidentale di tipo kentum, strettamente affine al celtico e all'italico, differenziatasi dal linguaggio comune in seguito a un fenomeno particolare di mutazione consonantica, detto rotazione dei suoni o Lautverschiebung. Il fenomeno si è ripetuto più tardi, verso il sec. VI dell'era volgare, dando origine, in seno alle lingue germaniche, e precisamente a quelle del ramo occidentale, all'alto tedesco di fronte al basso.
I Germani non conobbero la scrittura e non ebbero un alfabeto prima dei loro contatti coi Romani, dai quali presero tutti gli elementi della civiltà; così dalle lettere capitali dei primi tempi dell'impero, ch'essi conobbero forse col tramite dei Celti, trassero un alfabeto detto runico (v. rune) del quale si servirono dapprima negli atti della magia, e poi per iscrizioni sopra armi, gioielli o lapidi sepolcrali. L'uso della scrittura a vero scopo letterario comincia però soltanto con la conversione al cristianesimo, la quale si compì presso talune famiglie, come i Visigoti, già fin dal sec. III, e molto più tardi, nel sec. XII, presso gli Scandinavi. Perciò appunto al cristianesimo quasi tutti i popoli germanici dovettero fare il sacrificio della loro primitiva leggenda divina e della loro saga eroica: i concetti etici che formano la struttura morale di quest'ultima sono il solo avanzo, nel campo dell'arte, dell'antica vita spirituale pagana.
... Le tribù germaniche migravano facilmente, si scomponevano e ricomponevano assumendo nomi nuovi, o scomparivano in lotte fra loro: perciò l'etnografia della Germania variò nelle varie epoche. Queste migrazioni non erano totali, e le tribù muovendosi lasciavano parte dei loro membri nell'antica sede; e oggi non si ammette più che il nord-est della Germania sia rimasto deserto in seguito alle migrazioni.
I Suebi, potente confederazione di tribù, cominciarono all'inizio del sec. I a. C. a lasciare le loro sedi a oriente dell'Elba, ove rimase la tribù sueba dei Semnoni, e occuparono la regione fra l'Elba, il Meno e la Selva Ercinia. I Marcomanni (uomini della marca) erano Suebi che, valicato il Meno, avevano preso possesso del paese fra il Reno e il Danubio superiore, sgombrato dagli Elvezî, che divenne così una marca di confine sueba. Fra il 9 e il 2 a. C. essi, guidati dal re Maroboduo, passarono nella Boemia, sgombrata dai Galli Boi, e vi fondarono un potente regno, che, dopo aver dominato su molte delle circostanti tribù germaniche, si sfasciò presto in seguito alle lotte coi Cherusci. La grande invasione del 166 d. C. li rese di nuovo famosi; una parte furono stanziati dai Romani in Pannonia, gli altri passarono, pare nel sec. VI, nella Baviera (Baivarii "abitanti di Baia, la Boemia"). Loro alleati contro i Romani erano i Quadi, d'origine suebica, che avevano strappato la Moravia ai Volcae Tectosages, stirpe gallica con la quale i Germani devono essere venuti a contatto molto per tempo, poiché ne estesero il nome (Welschen) a tutti i Galli e poi a tutti i popoli romanizzati. Ad est dei Quadi stavano tribù minori dei Bastarni (Sidones, Buri) e nella guerra marcomannica comparvero varie tribù vandaliche (Victovali, Asdingi, Lacringi). L'avanzata dei Suebi spinse oltre il Reno gli Usipeti e i Tencteri, che, sconfitti nel 55 da Cesare in Gallia, ripassarono il fiume e si unirono ai Sugambri, che si erano affacciati al Reno a sud della Ruhr, seguiti dai Marsi e dai Gambrivii. A nord del Meno inferiore stavano gli Ubii, vinti da Cesare e trasportati nel 38 a. C. da Agrippa sulla sinistra del Reno, ove Colonia Agrippina fu in seguito la loro città. Fra l'Elba, il Weser superiore e il Harz abitavano al tempo di Cesare i Cherusci, il popolo di Arminio, presto decaduti, e più a occidente i Bructeri, il cui territorio fu poi in gran parte occupato a ovest dai Chamavi e ad est dagli Angrivarii, che stavano prima sul medio Weser. Sulla costa fra l'Elba e l'Ems stavano i potenti Chauci, gli Amsivarii e, un po' più all'interno, i Chasuarii; più ad ovest i Frisii (che alla fine dell'antichità riappaiono estesi dalla Schelda allo Schleswig e furono poi incorporati nel regno dei Franchi), e nelle isole del Reno i Canninefati.
Fra Mosa e Reno stavano, già al tempo di Cesare, i Batavi, al pari dei Mattiaci (sul Reno di fronte a Magonza) ritenuti tribù dei potenti Chatti. Questi, ignoti ancora a Cesare, dall'Assia si estesero sino al Reno nel paese sgombrato dagli Ubî; essi non sono più ricordati dopo il 200 d. C. e al loro posto compaiono nel sec. VI gli Hassii. Un ramo dei Chatti erano i Chattuarii, posti prima fra i Cherusci e i Bructeri, e passati poi, sembra, sul Reno inferiore. Ad oriente dei Chatti, gli Hermunduri occupavano nel sec. I d. C. la Turingia stendendosi fino all'Elba e a sud fino al Danubio; essi furono sempre in buoni rapporti coi Romani.
.... Già al tempo di Cesare commercianti Romani si recavano presso gli Ubî e gli Svevi. Ma i Germani commerciavano da tempi remoti l'ambra del Baltico ed elementi antichissimi delle civiltà orientali e mediterranee entrarono in Germania seguendo le piste di questo commercio. La navigazione sui fiumi e lungo le coste del Mare del Nord era attiva. I Romani importavano in Germania specialmente prodotti industriali, metalli, droghe, vino, e ne esportavano ambra, pellicce, prodotti agricoli, bestiame e schiavi [ossia questi popoli fornivano ai Romani degli schiavi]. Gli scambi avvenivano più anticamente nella forma del baratto; poi i Germani accettavano anelli di metalli pregiati e infine dalle frontiere cominciarono a diffondersi le monete, prima le celtiche, poi le romane.
Il più antico diritto germanico era basato sulle consuetudini e non abbiamo testi giuridici anteriori al sec. V. I Germani vivevano in famiglie patriarcali, ma nei loro istituti non mancano tracce di un più antico ordinamento matriarcale (p. es. l'avunculato). La famiglia si allarga nella Sippe, la quale è anche, anticamente, gruppo politico e militare, che viene indebolendosi con l'affermarsi dell'organizzazione statale della tribù. Presso i Germani vigeva in genere la monogamia, e solo i personaggi più potenti tenevano parecchie mogli, e di solito per ragioni politiche. Molto più frequente era l'uso di concubine. Il matrimonio avveniva per contratto d'acquisto della moglie, ma rimanevano tracce della più antica forma di matrimonio per ratto. L'adulterio della donna era severamente punito e le vedove, in genere, non si rimaritavano. La donna era tenuta però in alta considerazione, anche per le virtù profetiche che le si attribuivano, e partecipava in pace e in guerra alle sorti del marito. Questi aveva nella casa una posizione sovrana: il riconoscimento dei figli era in suo arbitrio e tutti i beni che comunque pervenivano nella casa erano suoi. L'adozione era praticata. Portavano i Germani nomi individuali significativi, composti di solito di due elementi, uno dei quali spesso si ripete nei nomi d'una stessa famiglia. Prevalgono i nomi ispirati alla guerra, e ricorrono anche nomi semplici, ipocoristici e soprannomi.
La vendetta del sangue era obbligo degli agnati dell'ucciso, ma già al tempo di Tacito essa veniva sostituita dal risarcimento in bestiame pagato ai parenti. I giudizî, che si svolgevano attraverso forme procedurali tradizionali rigidamente osservate, erano regolati dai sacerdoti e dai magistrati. La pena di morte, consisteva nell'impiccagione o nell'annegamento; ma fu sempre più largamente sostituita dalla multa in bestiame.
La società germanica era composta di liberi e di semiliberi e liberti, questi legati in varie forme ed ereditariamente ai loro patroni. V'erano poi schiavi. Le fonti della schiavitù erano varie (guerra, obbligazione, ecc.), e le condizioni dello schiavo, che già ai suoi tempi Tacito trovava sopportabili, andarono migliorando dalla fine delle migrazioni. Dai liberi emergeva la nobiltà, ereditaria, costituita da famiglie famose e ritenute di origine divina. Essa stava spegnendosi al tempo delle migrazioni e venne sostituita dalla nobiltà degli uffici. Gli stranieri stavano sotto la protezione dei loro ospiti, che ne assumevano la tutela giuridica; e l'ospitalità era rigorosamente osservata. Accanto ai legami di parentela, altri, ed efficacissimi, se ne potevano costituire con il patto di fratellanza e poi con l'entrata nel seguito di un capo (Gefolgschaft).
I Germani non raggiunsero mai l'unità politica nazionale. I varî popoli stavano a sé, formando stati di solito piccoli; solo col tempo si costituirono stati più vasti a struttura confederativa più o meno salda e tenuti assieme dall'egemonia di una tribù più potente o dalla signoria personale di un conquistatore. Il territorio dello stato è detto Land, e se lo stato è retto da un re, Riki (Reich), determinato poi dal nome del popolo. Le tribù sono divise in genti e centenae (Hundertschaften), gruppi di famiglie, che hanno il loro territorio (Gau), il loro villaggio (Dorf) e i loro magistrati (thungini) e formano le unità dell'esercito. Il potere sovrano risiede nelle assemblee armate (thing) dei liberi, che eleggevano i magistrati; nell'assemblea venivano solennemente consegnate ai giovani per la prima volta le armi. C'erano poi anche assemblee di anziani. I capi dei popoli, scelti fra la nobiltà, vennero poi assumendo potere e attributi di re; ma al loro apparire nella storia non tutti i Germani erano retti da re. La monarchia era più forte presso i Germani orientali, ma i re avevano funzioni prevalentemente militari e non legislative. L'epoca delle migrazioni, che richiedevano unità e saldezza di comando, rinvigorì la monarchia, e sul suolo romano, a contatto dello stato dispotico, essa divenne infine assoluta ed ereditaria. Accanto ai re le assemblee potevano eleggere anche dei valorosi a duci per la guerra.
All'alba della loro storia, i Germani sono da tempo sedentari e abitano territori definiti, spesso separati da zone neutrali disabitate. Erano però facili a migrare, spinti dal desiderio d'avventure e specialmente dal fatto che la popolazione diveniva presto sovrabbondante.
Abitavano in villaggi di case disposte irregolarmente e isolate nel mezzo dell'orto ricinto, costruite in legname, graticci e creta, con caratteristica cantina sotterranea coperta di fimo contro il freddo, nella quale riponevano anche le vettovaglie. Dai Romani appresero poi l'uso delle pietre e dei mattoni. Essi praticavano largamente l'allevamento di pecore, capre, porci, cavalli, volatili domestici e specialmente dei bovini, che davano a loro gli elementi principali della nutrizione, carne, latte e burro. Amavano la caccia e la pesca. Esercitavano l'agricoltura, che nei tempi più antichi era in buona parte affidata alle donne; usavano un buon tipo di aratro e coltivavano abbastanza bene parecchi cereali. Conoscevano varie specie di ortaggi, ma ebbero dai Romani gli alberi fruttiferi pregiati.
Fino al sec. I d. C. presso la maggior parte dei Germani, a eccezione cioè delle tribù che avevano subito fortemente l'influenza dei Celti e dei Romani, la proprietà del suolo spettava alla comunità, che assegnava la terra arativa in parcelle per uno o più anni alle singole famiglie. Non è possibile attribuire, come alcuni fanno, a tribù in guerra o in migrazione questo sistema esplicitamente attestato da Cesare (Bell. gall., VI, 22) e da Tacito (Germania, 26). La cosa era resa più agevole dal fatto, ben avvertito da Tacito, che alla terra si chiedeva solo il prodotto annuale dei cereali e che era ignota la coltura a giardino legata alla terra. Sotto l'influenza di molti fattori, il ritmo della periodica riassegnazione dei campi venne rallentando e poi cessò ovunque; mentre contemporaneamente la privata proprietà si stabiliva anche sulla terra incolta sottoposta dai singoli all'aratro e si formava dai doni di terre fatti dai re ai singoli, e collettiva rimase solo la proprietà della terra non sottoposta a coltura, riservata all'uso in comune.
Stirpe guerriera, i Germani avevano in grande onore le armi. L'arma nazionale era l'asta da urto (framea) di varia lunghezza; l'uso della spada era invece meno diffuso presso alcune tribù. Ma si adoperavano anche giavellotti da lancio, come l'ango dei Franchi, simile al pilum: l'arco rimase sempre invece un'arma secondaria. Altre armi usate erano la mazza e l'ascia; questa era anzi arma nazionale dei Franchi. L'armamento difensivo era ignoto un tempo ai Germani, che usavano denudarsi per combattere; poi fu adottato generalmente lo scudo, di legno o di vimini, dipinto con varî colori. Alcune tribù erano famose per la loro cavalleria, con la quale combattevano frammischiati fanti leggieri; e i cavalli germanici erano abituati a manovre speciali, e ad attendere abbandonati a sé i loro cavalieri che combattevano a piedi. Ma il nucleo degli eserciti germanici fu sempre costituito dalla fanteria, con la sua ordinanza a cuneo, e formata da gruppi di vicini e di consanguinei. Squilli di corno, canti guerrieri e il famoso barditus o barritus, grido di guerra, stimolavano l'ardore dei combattenti. Il campo veniva protetto con i carri; in seguito i G. appresero anche a costruire valli difensivi. Ma per lungo tempo i Germani non ebbero il concetto del comando della battaglia; i capi davano l'esempio più che dirigere.

Queste sono alcune cose che ci dice l'enciclopedia Treccani.

Ci sono alcune cose che si possono osservare.
Per prima cosa, l'esercito era costituito da soli uomini liberi? Io penso che sia così, esattamente come era nel mondo romano.
Il matrimonio per ratto, mi ricorda il Ratto delle Sabine dei romani.
Presso i Germani, mi sembra che gli schiavi fossero ambite prede di guerra per essere usati nei baratti coi romani. Di cosa si occupavano questi schiavi? allevamento e cura del bestiame e agricoltura, suppongo.
Morale, la società era molto più complessa di quanto ci si potrebbe aspettare. E non era come io mi immaginavo, ingenuamente, ossia fatta di tutti uomini liberi. Gli uomini liberi erano relativamente pochi. Al loro seguito c'era una massa di semiliberi e schiavi. E gli schiavi erano bottino di guerra. Esattamente come tra i popoli più evoluti.

Piracy and slavery

"Piracy and banditry provided a significant and consistent supply of slaves, though the significance of this source varied according to era and region. Pirates and brigands would demand ransom whenever the status of their catch warranted it. Whenever ransom was not paid or not warranted, captives would be sold to a trafficker. In certain areas, piracy was practically a national specialty, described by Thucydides as "the old-fashioned" way of life. Such was the case in Acarnania, Crete, and Aetolia. Outside of Greece, this was also the case with Illyrians, Phoenicians, and Etruscans. During the Hellenistic period, Cilicians and the mountain peoples from the coasts of Anatolia could also be added to the list. Strabo explains the popularity of the practice among the Cilicians by its profitability; Delos, not far away, allowed for "moving myriad slaves daily". The growing influence of the Roman Republic, a large consumer of slaves, led to development of the market and an aggravation of piracy. In the 1st century BC, however, the Romans largely eradicated piracy to protect the Mediterranean trade routes."

Let us remember that it was Pompey the Great that eradicated the piracy.

Fighting maritime piracy: three lessons from Pompeius Magnus
Christian Schubert & Leonhard K. Lades
Pages 481-497 | Received 25 Oct 2012, Accepted 09 May 2013, Published online: 04 Jul 2013

"Piracy in international waters is on the rise again, in particular off the coast of Somalia. While the dynamic game between pirates, ship-owners, insurance firms and the military seems to have reached some kind of equilibrium, piracy risks generating significant negative externalities to third parties (e.g. in terms of environmental hazards and terrorism), justifying attempts to contain it. We argue that these attempts may benefit from a look back – through the analytical lens of rational choice theory – to the most successful counterpiracy campaign ever undertaken, namely, the one led by the Roman general Gnaeus Pompeius Magnus (Pompey the Great) in 67 BC."


The rules of war: Slavery


"By the rules of war of the period, the victor possessed absolute rights over the vanquished, whether they were soldiers or not. Enslavement, while not systematic, was common practice. Thucydides recalls that 7,000 inhabitants of Hyccara in Sicily were taken prisoner by Nicias and sold for 120 talents in the neighbouring village of Catania. Likewise in 348 BC the population of Olynthus was reduced to slavery, as was that of Thebes in 335 BC by Alexander the Great and that of Mantineia by the Achaean League."

On Alexander at Thebes we discussed in 
http://stretchingtheboundaries.blogspot.com/2018/07/sikandar-destroyer-thebe.html
The same behavious had Alexander for other populations.

About Olynthus, it was Philip that destroyed the town.  https://en.wikipedia.org/wiki/Olynthus
Come dire: Tale padre, tale figlio.

"Olynthus was at first in alliance with Philip. Subsequently, in alarm at the growth of his power, it concluded an alliance with Athens. Olynthus made three embassies to Athens, the occasions of Demosthenes's three Olynthiac Orations. On the third, the Athenians sent soldiers from among its citizens. After Philip had deprived Olynthus of the rest of the League, by force and by the treachery of sympathetic factions, he besieged Olynthus in 348. The siege was short; he bought Olynthus's two principal citizens, Euthycrates and Lasthenes,who betrayed the city to him. He then looted and razed the city and sold its population—including the Athenian garrison—into slavery. According to the latest researches only a small area of the North Hill was ever re-occupied, up to 318, before Cassander forced the population to move in his new city of Cassandreia.
Though the city was extinguished, through subsequent centuries there would be men scattered through the Hellenistic world who were called Olynthians."

Antonio Moro, Antoon Mor van Dashorst

Antonio Moro, conosciuto anche come Antoon Mor van Dashorst (Utrecht, 1520Anversa, tra il 1576 e il 1578), è stato un pittore e ritrattista olandese. Nel 1552 dipinse l'Imperatore Carlo V d'Asburgo, mentre nel 1554 a Londra fece il ritratto della Regina Maria I d'Inghilterra

Probabilmente visitò l'Italia nel 1550 dove a Roma imitò alcuni lavori di Tiziano, come la "Danae".
Moro fu inviato dalla Regina Maria dall'Ungheria al Portogallo e tra i ritratti più importanti vi furono quello dell'Infanta Maria, uno della regina Caterina di Portogallo, entrambi conservati nel Museo del Prado, e quello di Re Giovanni III e sua moglie Caterina, conservato a Lisbona. Dopo il suo ritornò a Madrid, dove dipinse il ritratto di Massimiliano di Boemia, fece di nuovo tappa a Roma nel 1552. Alcuni sostengono, ma con prove insufficienti, che uno dei capolavori del Museo del Prado, il ritratto di un ignoto giovane cardinale, da sempre attribuito a Raffaello, potrebbe essere stato dipinto da Moro. Da Roma, si mosse a Genova e infine a Madrid. Nel 1553 fu inviato in Inghilterra, dove ritrasse Maria I di Inghilterra. 

Io conosco questo pittore per via del suo ritratto di Thomas Gresham.


Some Notes on the Gresham's Law of Money Circulation
International Journal of Sciences February 2014 (02)
Amelia Carolina Sparavigna
Polytechnic University of Turin

Abstract
The Gresham’s Law is among the most known laws of economic science. In its popular version, the law is telling that when a government overvalues one type of money and undervalues another, the undervalued money disappears while the overvalued money floods into circulation. Named after Thomas Gresham, a financier of Tudor dynasty, this law was stated by Nicole Oresme and Nicolaus Copernicus. Here we discuss it and follow its long history.

Keywords: Money Circulation, Commodities, Legal Tenders



Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti)




Gerrit van Honthorst, noto anche come Gherardo delle Notti (Utrecht, 4 novembre 1592 – Utrecht, 27 aprile 1656), è stato un pittore olandese. All'inizio della sua carriera visitò Roma, dove venne a conoscenza delle opere dei maestri italiani e da cui fu influenzato, specialmente da Caravaggio. È proprio da quest'ultimo che trasse ispirazione per la caratteristica illuminazione usata in parte dei suoi dipinti. Ritornato nei Paesi Bassi, divenne uno dei pittori di spicco del suo periodo, dipingendo sia quadri che ritratti. Morì, sempre ad Utrecht dov'era anche nato, all'età di 65 anni.




GIMP Retinex Filter Applied to Arts: Gerrit Van Honthorst and His Chiaroscuro
PHILICA Article 928, 6 Pages Posted: 3 Mar 2017  Amelia Carolina Sparavigna
Polytechnic University of Turin Date Written: January 19, 2017

Friday, July 27, 2018

Plutarco, non distorce ma interpreta

Devo dire che si trovano cose interessanti su Wikipedia.
Vediamo cosa si può trovare su Plutarco.

Plutarco (Cheronea, 46 d.C./48 d.C. – Delfi, 125 d.C./127d.C.) è stato un  biografo, scrittore, filosofo e sacerdote greco antico, vissuto sotto l'Impero Romano: ebbe anche la cittadinanza romana, e ricoprì incarichi amministrativi. Studiò ad Atene e fu fortemente influenzato dalla filosofia di Platone. La sua opera più famosa è costituita dalle Vite parallele, biografie dei più famosi personaggi della classicità greco-romana, oltre ai Moralia, di carattere etico, scientifico, erudito, in un pensiero fortemente influenzato da Platone e dal fatto che nell'ultima parte della sua vita fu sacerdote al Santuario di Delfi.

Di Plutarco si dice al link https://it.wikipedia.org/wiki/Plutarco le cose seguenti.

"Le Vite parallele (Βίοι Παράλληλοι) sono dedicate a Quinto Sosio Senecione, amico e confidente di Plutarco, al quale lo scrittore dedica anche altre opere e trattati. Costituite da 23 coppie (una è andata perduta), alla biografia di un personaggio greco viene accostata, generalmente, quella di un romano, ad esempio Alessandro Magno e Giulio Cesare. L'originalità plutarchea sta proprio in questo accostamento, che dimostra sia come l'Ellade aveva prodotto valenti uomini d'azione e sia come i romani non erano tutti barbari. Le sue biografie contengono un'infinità di informazioni utili alla ricerca storiografica.
Non distorce la realtà ma interpreta i fatti in base ai suoi interessi etici e alla sua impostazione morale. Tutto ciò emerge anche dal suo linguaggio; la sua narrazione risulta avvincente e lo stile s'impronta ai moduli della storiografia drammatica di età ellenistica, infatti pur se per il biografo i termini "tragico" e "teatrale" hanno valenza negativa, li utilizza nella presentazione di personaggi tragicamente atteggiati. La composizione delle Vite Parallele si colloca nella maturità di Plutarco, più o meno furono scritte dal 96 al 120 d.C. circa".

PS Si veda come Plutarco "interpreta" al post Cesare sul Reno.

CESARE E ALESSANDRO | romanoimpero.com

CESARE E ALESSANDRO | romanoimpero.com

Molto interessante quello che dice Sigmund Freud.

Usipeti

Da http://www.treccani.it/enciclopedia/usipeti/
Usipeti (lat. Usipĕtes e Usipii) Antica tribù germanica, dapprima stanziata con i Tencteri nell’interno della Germania. Incalzati dagli Svevi, nel 55 a.C. premevano sui confini renani trattando segretamente con le tribù galliche ai danni di Roma. Vinti da Cesare, gli U. con i Sigambri e i Tencteri inflissero una grave sconfitta al generale Marco Lollio nel 16 a.C.; furono poi più volte battuti, con Sigambri, Catti e Cherusci, da Claudio Druso Nerone (11 a.C.).
Da https://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Lollio
Ecco cosa ci dice su quello che è capitato a Lollio
"Combatté in Tracia come governatore della Macedonia mentre portava aiuto a Remetalce I, zio e tutore dei figli di Cotis V, sottomise i Bessi (nel 19-18 a.C.).[1] Poco più tardi, inviato in Gallia, subì una disastrosa sconfitta (clades lolliana del 17 a.C.) paragonabile a quella di Publio Quintilio Varo,[11] contro Sigambri, Usipeti e Tencteri, dove perse l'aquila della legio V.[2][3] Le popolazioni germaniche avevano inizialmente catturato nei loro territori alcuni commercianti romani e li avevano impalati, poi avevano attraversato il Reno, portando devastazione nella stessa Gallia Comata. Quando la cavalleria romana sopraggiunse, fu sorpresa in un agguato e, una volta messa in fuga, i Germani si imbatterono anche il Marco Lollio, il quale, venuto a battaglia, fu sconfitto.[12]"

Gli Usipeti, con i Tencteri, sono portati da alcuni ricercatori olandesi come popolazioni vittime di genocidio da parte di Gilio Cesare. 

Lysander and Cyrus

From "Alexander the not so Great: History through Persian eyes", Prof Ali Ansari
Institute of Iranian Studies, St Andrews University
https://www.bbc.com/news/magazine-18803290

"There is a wonderful account provided by Lysander, a Spartan general, who happened to visit Cyrus the Younger in the provincial capital at Sardis. Lysander recounts how Cyrus treated him graciously and was particularly keen to show him his walled garden - paradeisos, the origin of our word paradise - where Lysander congratulated the prince on the beautiful design.
When, he added, that he ought to thank the slave who had done the work and laid out the plans, Cyrus smiled and pointed out that he had laid out the design and even planted some of the trees.
On seeing the Spartan's reaction he added: "I swear to you by Mithras that, my health permitting, I never ate without having first worked up a sweat by undertaking some activity relevant either to the art of war or to agriculture, or by stretching myself in some other way."
Astonished, Lysander applauded Cyrus and said: "You deserve your good fortune Cyrus - you have it because you are a good man.""

Sunday, July 22, 2018

Endymion


In ihm ist Jagd noch. Durch sein Geäder
bricht wie durch Gebüsche das Tier.
Täler bilden sich, waldige Bäder
spiegeln die Hindin, und hinter ihr

hurtigt das Blut des geschlossenen Schläfers,
von des traumig wirren Gewäfers
jähem Wiederzergehn gequält.
Aber die Göttin, die, nievermählt,

Jünglingin über den Nächten der Zeiten
hingeht, die sich selber ergänzte
in den Himmeln und keinen betraf,

neigte sich leise zu seinen Seiten,
und von ihren Schultern erglänzte
plötzlich seine Schale aus Schlaf.

(Rainer Maria Rilke)

La caccia è ancora in lui. Attraverso le sue vene
l'animale scorre come tra i cespugli.
Si formano le valli, le acque dei boschi
riflettono la cerva  e dietro di lei

corre il sangue del dormiente rinchiuso in sé,
dal sognar fantasticamente confuso
e agitato come da improvviso risveglio.
Ma è la dea, lei non sposata,

giovane donna che vaga nelle notti
del tempo, che si completava
nei cieli e a nessuno interessata,

che ora si è appoggiata al suo fianco.
E brilla dalle sue spalle
improvvisamente il suo guscio di sonno.



Annibale Carracci, Galleria Farnese